La speranza che tu esisti

Lo spettacolo Della mia anima ne farò un’isola raccontato da uno degli attori

Salve, sono Gaetano, un detenuto ristretto nella Casa Circondariale di Ivrea, sezione Ristrutturata.
Recentemente in questo istituto si è svolta una manifestazione teatrale dove io stesso ho recitato una parte.
La recita porta il titolo “Della mia anima ne farò un’isola” e il contenuto è stato estrapolato dal libro Fine pena ora, scritto da un magistrato che ha presieduto un maxi processo sulla mafia catanese negli anni ’80, a Torino. Ci furono condanne molto, dure, tra cui molti ergastoli,
Ecco, il libro racconta una corrispondenza avvenuta tra il giudice Elvio Fassone e Salvatore, uno degli imputati condannati all’ergastolo dal dottor Fassone. La corrispondenza dura 26 anni.
La manifestazione, oltre che a raccontare questa corrispondenza epistolare, racchiude anche racconti personali degli attori, tra cui io stesso, che ho recitato la parte di Salvatore.
Bene, scusate la lunga introduzione, ma è necessaria per tutti quelli che non hanno avuto la possibilità di assistere a questo evento.
Cosa mi ha lasciato tutto questo? La speranza!
Non mi riferisco alla speranza di uscire dal carcere o avere benefici penitenziari, anche se questi si desiderano ogni attimo della nostra permanenza qui.
Ma un qualcosa di più forte: la speranza che tu esisti.
Il vero giudice per il cambiamento su ciò che sei stato è il nostro vero io.
Quando ritrovi te stesso e ti rivedi in quello che non eri, capisci subito quale è la corsia del cambiamento e percorrerai la via senza freni, senza cambiare più strada, perché sai che la strada ritrovata è quella giusta e ti porterà nel positivo e la tua anima sarà gioiosa e si rivelerà il carburante per il tuo viaggio.
La mia impressione sul pubblico è che si è emozionato e che loro credono che noi abbiamo fatto un regalo a loro, ma non è così.
Nel racconto del libro Salvatore dice al giudice che i detenuti con la mente attraversano i muri e i cancelli e vanno dove vogliono e con chi vogliono.
Io, da detenuto, con la mia mente ho incontri quotidiani con Gesù e ogni giorno gli chiedo perdono e lui ogni giorno mi perdona e mi abbraccia.
Questo pensiero, che Gesù è buono e mi perdona mi fa essere felice anche in inferno.
Ecco, questo mi ha trasmesso questa manifestazione: avere sempre fame di quel cibo che è l’amore e il giusto e che qui, per qualche giorno, ho potuto saziarmi.
Grazie a voi, pubblico e a quanti si sono spesi nella realizzazione di tutto ciò.
Grazie di cuore,

Gaetano