L’Albero della Speranza, grazie anche a un gruppo di volontari, lavora ormai da un anno e mezzo insieme ai migranti, gestendo l’organizzazione di attività d’inclusione socioculturale e lezioni gratuite di lingua italiana. Un impegno che oggi ha portato l’associazione a scontrarsi con una delle conseguenze del portare a termine questi percorsi
Nell’ultimo periodo il territorio eporediese si è trovato di fronte a una nuova tappa nel processo di accoglienza e integrazione: per moltissimi è arrivato il momento di conoscere l’esito della propria richiesta di asilo, dopo che questa è stata esaminata dalla Commissione Prefettizia o dal Giudice del Tribunale.
Un’eventuale risposta positiva si articola in tre possibilità: il riconoscimento dello status di rifugiato, l’assegnazione della protezione sussidiaria o del permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Dei richiedenti asilo residenti a Ivrea, soltanto il 40% si è visto rilasciare uno di questi tre permessi, della durata di due o cinque anni. Per il 60% che ha ricevuto un diniego la lunga attesa non è finita, con l’inizio delle pratiche di ricorso.
Si tratta di numeri che ancora una volta mettono in luce le falle del nostro sistema di regolarizzazione, vera e propria fabbrica di clandestinità. Ci si aspetterebbe tuttavia che almeno per il sopracitato 40% ritrovarsi finalmente in possesso di un permesso di soggiorno valido sia un inequivocabile passo in avanti.
Da un lato, per un richiedente asilo, l’assegnazione di un permesso rappresenta indubbiamente una tappa importantissima verso l’indipendenza e la possibilità di ricostruirsi concretamente una vita. Allo stesso tempo, tuttavia, sia per chi ha ottenuto un permesso che per chi ha subito un diniego, ricevere una risposta significa anche uscire dalla tutela della cooperativa che li aveva in carico. In altre parole, ritrovarsi senza una casa e senza un lavoro.
È proprio in risposta a questo problema che l’Albero della Speranza ha elaborato la sua proposta, pensata per venire incontro alla necessità di chi abbia appena ricevuto un permesso di soggiorno per motivi politici o umanitari di introdursi nel mercato del lavoro.
La strada scelta dall’associazione è quella dei tirocini formativi. Si tratterà di esperienze retribuite presso aziende, artigiani o laboratori, della durata dai tre ai sei o più mesi.
Una proposta, insomma, che apre la possibilità di unire al valore economico quello formativo e quello di socializzazione dell’individuo. Un’opportunità per i giovani migranti non soltanto di avere una piccola fonte di sostentamento e acquisire esperienza lavorativa, ma anche di far conoscere la propria professionalità e costruirsi una rete sociale sul mercato del lavoro.
L’Albero della Speranza si propone come mediatore e finanziatore dei tirocini. I costi saranno interamente coperti dall’associazione, tranne il pagamento dell’assicurazione INAIL, che spetterà all’azienda.
La lettera tuttavia non si rivolge soltanto alle aziende in cerca di tirocinanti: cruciale è infatti anche l’affiancare una soluzione abitativa al percorso professionale proposto. L’appello è aperto a chiunque desideri mettere a disposizione un alloggio o vivere un’esperienza di ospitalità in famiglia.
È possibile contattare l’Albero della Speranza all’indirizzo [email protected], oppure presso la sede dell’associazione in via Arduino 41.
Qui il testo della lettera d’appello.
Elisa Alossa