Il saluto del Comitato provinciale dell’Anpi di Biella al Biella Pride
Noi in questa piazza ci rechiamo il 24 aprile ed il 4 giugno di ogni anno per commemorare in silenzio i nostri Partigiani qui fucilati dal fascismo. Lo facciamo sempre con un poco di tristezza, che è propria di tutti quelli che non vogliono dimenticare questi giovani che hanno messo in gioco la loro vita, e l’ hanno persa, per fare di questo Paese un posto in cui poter vivere in democrazia ed in pace dopo l’abisso in cui il fascismo aveva precipitato l’Italia.
Oggi invece la piazza è coloratissima, viva e rumorosa, e se siamo qui non è solo per solidarietà alle persone che pagano sul proprio corpo, con grande sofferenza e dolore, la discriminazione ed i soprusi che vengono commessi nei loro confronti.
Siamo qui per dire che vorremmo non essere qui, perché in un paese civile non ci sarebbe bisogno di scendere in piazza per rivendicare un diritto fondamentale come quello della libertà di perseguire il pieno sviluppo della persona che, anche se sancito dall’articolo 3 della Costituzione, non è mai stato pienamente realizzato. Siamo qui perché viene troppo spesso criminalizzato il modo in cui si praticano forme di rapporti interpersonali, di amore, di espressione della sessualità, in un modo altro da quello che una società bigotta, patriarcale e maschilista ha deciso che sia normale e giusto, non si sa bene in base a quale criterio o potere di giudizio. Una società anche schizofrenica verrebbe da dire, fautrice della inviolabilità della proprietà privata, immobiliare o finanziaria, che si intromette nell’unica proprietà privata, che per alcuni è l’unica, quella del proprio corpo e della propria intimità, fino a negarla.
Non possiamo perciò che essere qui, perché quando si lede il diritto anche di una sola persona ci sentiamo feriti noi stessi che facciamo parte di questa comunità umana. Perché ci riconosciamo nei versi del poeta: Ed allora, non chiedere mai per chi suona la campana. Essa suona per te. Siamo qui per una convinta adesione a questa manifestazione, perché le parole hanno un senso, e l’adesione è molto più forte ed efficace della pura solidarietà. Siamo qui perché aderire: vuol dire far parte della stessa lotta, vuol dire organizzarsi per non arrendersi, vuol dire unire esperienze diverse, vuol dire costruire ponti ed alleanze, vuol dire imparare la forza di reagire, vuol dire guardarsi allo specchio ed avere il coraggio di affrontare la parte peggiore che ognuno di noi si porta inconsapevolmente dentro, e se guardiamo fuori dai nostri cortili vuol dire riconoscersi nella stessa indignazione, per l’obbligo imposto nell’Ungheria di Orban alle donne che hanno scelto di abortire di sentire prima il battito del cuore del feto, vuol dire piangere insieme la morte di Mahsa Amini, uccisa in Iran dalle Pattuglie della legalità, la Polizia religiosa, perché non indossava il velo in modo corretto, ed in definitiva vuol dire diventare partigiani disarmati dell’eguaglianza, del diritto al lavoro, dei diritti civili, della parità di genere e della pace, vuol dire diventare partigiani disarmanti per la non violenza, per la comprensione e lo spirito critico dei fatti del mondo, per la gentilezza verso sé stessi, le persone, gli animali e la natura a noi intorno.
Tutte queste ragioni fanno di una parata, di una bella compagnìa, di una giornata come queste, la promessa di una duratura resistenza ed hanno l’ambizione di contribuire a realizzare l’orizzonte che si è dato l’ANPI di portare l’Umanità al potere. Per concludere, ci interroghiamo spesso sul termine liberazione, che con la elle maiuscola è l’origine della fondazione della nostra Associazione ancora in periodo di guerra nel 1944, ma che con la elle minuscola è anche il paradigma con cui ci confrontiamo nella pratica quotidiana. Noi non siamo abituati ad avere certezze assolute, ci piace ascoltare le voci, anche quelle fuori dal coro, della società, ci lasciamo affascinare dai dubbi, dalla diversità, dalla ricerca della verità storica, non di quella assoluta, dalle narrazioni dei pochi testimoni rimasti della Resistenza.
Per concludere, occorre come sempre continuare a lottare perché i pregiudizi, l’ignoranza, il razzismo, l’arroganza, la violenza di coloro che ci opprimono per un supposto ed ingiustificato senso di superiorità morale vengano sconfitti. Come definire l’insieme di tutti questi termini, che sono tutti nostri avversari? Qual è il vaso di Pandora che li contiene? C’è una parola sola con cui possiamo compendiarli tutti? Noi pensiamo che ci sia, una parola antica e che ama nascondersi per riapparire, ma sempre con la stessa gravità: è la parola fascismo. Ed allora la sola certezza che abbiamo è che non siete voi, che non siamo noi, che non sono le vittime dell’intolleranza e della discriminazione quelli e quelle che devono liberarsi dallo stigma sociale, o che peggio ancora devono curarsi.
Ecco, per restare umani o per diventarlo, sono coloro che opprimono che devono liberarsi, dalla loro ignoranza e dalla loro cattiveria. Per quel che riguarda l’ANPI, è del fascismo che sentiamo la necessità e l’urgenza di liberarci.
Per Comitato provinciale ANPI Biella Luciano Guala
Piazza Martiri, 17 settembre 2022
La solidarietà non suppone che le nostre lotte siano le stesse lotte, o che il nostro dolore sia lo stesso dolore, o che la nostra speranza sia per lo stesso futuro. Solidarietà comporta l’impegno, e il lavoro, così come il riconoscimento, che anche se non abbiamo gli stessi sentimenti, o le stesse vite, o gli stessi corpi, viviamo su un terreno comune.
(Sara Ahmed -studiosa femminista Anglo-Australiana)
Ha partecipato al Biella Pride anche l’Anpi di Ivrea e Basso Canavese.
“Ci siamo stati, perché ogni lotta per i diritti è anche una nostra lotta.”
Solo due voci dissidenti si sono levate contro questa bella, libera, serena festa: quella di un Sindaco del biellese che ha bollato il pride come una “carnevalata” e quella di un eporediese che l’ha definita “blasfemia contro uno dei più grandi valori condiviso da tutte le religioni monoteiste: il matrimonio monogamico tra uomo e donna”. Ad entrambi rispondiamo garbatamente che essi hanno tutto il diritto di pensarla diversamente, perché l’Anpi dà spazio a tutte le opinioni. I nostri Partigiani hanno combattuto affinché tutti potessero esprimere liberamente il proprio pensiero, e questo continuiamo a fare. E al contempo difendiamo i diritti di tutti: è una questione di civiltà.
Anpi Ivrea e Basso Canavese