Tre manifesti a Ebbing, Missouri – Trama
Le vicende di una madre in cerca di giustizia per la figlia, che ingaggia una lotta contro un disordinato branco di poliziotti pigri e incompetenti. Dopo mesi trascorsi senza passi in avanti nelle indagini sull’omicidio di sua figlia, decide di prendere in mano la situazione e “rimbeccare” le indolenti forze dell’ordine. Sulla strada che porta in città, la madre furente noleggia tre grandi cartelloni pubblicitari sui quali piazza una serie di messaggi polemici e controversi, rivolti al capo della polizia. Lo stimato sceriffo di Ebbing prova a far ragionare la donna, ma quando viene coinvolto anche il vice, la campagna personale di Mildred si trasforma in una battaglia senza esclusione di colpi.
Dove, come, quando?
Giovedì 5 luglio
Ore 22.00
Cortile del Museo Piazza Ottinetti – Ivrea
In caso di maltempo: presso Oratorio San Giuseppe
Costo biglietti
Intero: 6 €
Ridotto: 5 €*
*La riduzione si applica ai minori di 25 anni, ai soci dell’associazione RosseTorri e a tutti coloro che si presenteranno con il biglietto d’ingresso del Museo Civico Garda. Le riduzioni non sono cumulabili.
Cosa ne pensano gli altri?
L’atmosfera surriscaldata di provincia dove ha radici e terreno fertile ogni retaggio di razzismo, sopraffazione e corruzione omertosa, può riportarci alla memoria importanti precedenti come per esempio l’indimenticabile capolavoro di Arthur Penn La caccia con l’onesto sceriffo Marlon Brando brutalmente ostracizzato da una piccola e gretta comunità (lì era Texas) carica di pregiudizi. Ma qui invece, senza nulla togliere al personaggio della protagonista affidato a Frances McDormand accecata dalla sua guerra privata in cerca della verità sepolta, l’interesse maggiore risiede nell’esplorazione dei personaggi inizialmente presentati come negativi, e nel loro riscatto. Lo sceriffo di Woody Harrelson e forse ancora di più il suo secondo interpretato da Sam Rockwell. Quello che Mildred apostrofa senza mezzi termini così: «Come va il business di torturare i negri?». Un buono a nulla, prevaricatore in nome dell’uniforme che indossa, mammone e cronicamente immaturo che sembra uscito dalla fantasia di Tennessee Williams e da qualche torbido melodramma di ambientazione sudista, ma scrittura e regia (terza di Martin McDonagh che esordì con In Bruges) lo dirigono invece, non senza qualche compiacimento attoriale degno delle sovraccariche performance giovanili dei campioni dell’Actor’s Studio, lungo sentieri di sobrietà e asciuttezza ammirevoli.
(Paolo d’Agostini, da La Repubblica, 11 gennaio 2018)