Chissà se è un caso che mentre Ivrea veniva consacrata Città Patrimonio dell’Umanità, con molta poca umanità veniva deciso di togliere il lavoro ad altri 98 ex-olivettiani.
1. Retrocessione di un livello contrattuale, azzeramento dei superminimi individuali e collettivi, ricalcolo degli scatti di anzianità in base al nuovo livello
2. Demansionamento: da project manager o analista programmatore a tecnico manutentore, da analista programmatore a sistemista o autista.
3. Rinuncia a qualsiasi opposizione presente, passata e futura in sede legale, da firmare indipendentemente dall’individuazione di un percorso lavorativo o di un’eventuale mobilità.
4. Prova di 6 mesi, se eventualmente assunti, nessuna certezza sul luogo di lavoro né sulla conservazione del lavoro.
Questa la proposta che è stata fatta ai lavoratori di TBSit. Azienda che nasce dalla liquidazione di Agile-Eutelia. Ovvero quello che era rimasto di Olivetti Systems & Networks in Italia, passato da Wang Global a Getronics, ad Eutelia nel 2006 “per un euro” e quindi venduto al gruppo Omega di Claudio Massa e Antonangelo Liori, specializzati in fallimenti. Duemila lavoratori che si erano conquistati “l’amministrazione straordinaria” nel 2010 per tentare di salvare l’azienda. E di cui solo 240 erano passati dall’amministrazione straordinaria al gruppo TBS – EBM.
Ma anche EBM subisce un OPA dal gruppo Pantheon (re-branding Althea) e cosa farsene di questa TBSit? Con una cassa integrazione al 50% del personale che scade il 5 giugno 2018, è un contenitore perfetto per essere eliminato. Ma facciamo fare il lavoro sporco da altri. E così TBSit viene venduta a una triade: Trais Capital 40%, azienda specializzata in ristrutturazioni, Capital Adventure 20%, GPI Trento per il 40%.
GPI è il partner tecnologico di riferimento dell’acquisizione ed è attiva nel mercato della Sanità e del Sociale. La percentuale del 40% permette a GPI, quotata in borsa, di non denunciarne pubblicamente con un comunicato stampa l’acquisizione.
GPI, un gruppo con 3904 dipendenti, ricavi consolidati per 180 mln di euro nel 2017 (+32% rispetto al 2016) e un margine operativo lordo di 25 mln di euro, ha deciso il 2 luglio 2018 di non accogliere la proposta di proroga in deroga della cassa integrazione per TBSit avanzata dalle Organizzazioni Sindacali e sostenuta dal Ministero del Lavoro e dalle Regioni coinvolte (oltre al Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana, Lazio e Campania).
L’azienda ha di fatto proposto delle condizioni inaccettabili (e l’accettazione a priori da parte sindacale del licenziamento di tutti quei lavoratori che al termine dei sei mesi di Cigs dovessero ancora risultare in esubero) per non arrivare ad un accordo e di fatto poter licenziare subito i 98 lavoratori dichiarati in esubero (su 194 totali), e accaparrarsi alle proprie inaccettabili condizioni ciò che resta di buono in TBSit in termini di commesse.
I numeri per il Piemonte sono relativamente piccoli, oggi si parla di 14 esuberi a fronte di una trentina di addetti (che comunque è quasi il 50% dei dipendenti) tutti a Ivrea, ma la Regione ed il Comune di Ivrea avevano riconosciuto come questa riduzione impattasse un territorio già oggetto di numerose crisi aziendali e di molti licenziamenti, che hanno comportato una riduzione delle potenzialità di sviluppo nell’Eporediese e si erano dichiarati pronti ad ogni potenziale intervento per scongiurare sia i licenziamenti sia il ridimensionamento della sede di Ivrea.
Cosa succederà adesso?
Sappiamo che la metà dei lavoratori ha firmato la proposta aziendale. In prevalenza tecnici manutentori, mentre hanno rifiutato i lavoratori più qualificati.
Progetti come la soluzione Schengen per il Ministero dell’Interno o della soluzione per il Niguarda, non si possono concepire, portare a termine e mantenere con dei “neo assunti”. Servono figure che abbiano maturato esperienza e professionalità. Le proposte fatte ai gruppi di sviluppo software sono state considerate “umilianti” dai professionisti coinvolti. Tra l’altro gli stipendi erano già stati ridotti del 20% per la precedente trattativa Agile/TBS, e i superminimi sono sempre stati assorbiti a fronte di aggiornamenti contrattuali.
Un’ultima speranza rimane nelle Regioni che possano relazionarsi direttamente con GPI perché riveda anche fuori tempo massimo la sua posizione, considerando la rilevanza delle commesse sulla Sanità per l’azienda stessa.
Mariella Rapetti, Fiom-Cgil
Il comunicato delle segreterie nazionali di Fiom-Cgil e Uilm