Legare il più possibile Ivrea alla Città Metropolitana di Torino sarà sufficiente a invertire il processo di marginalizzazione del territorio?
Il circolo Brat eporediese ha cominciato a muovere i primi passi verso le elezioni amministrative d’Ivrea. L’avvio era stato dato a giugno con l’incontro con Valentino Castellani e l’intento dei membri del Brat è ora quello di portare avanti un percorso fatto di confronti pubblici inclusivo verso chiunque senta di appartenere o simpatizzare per il centro-sinistra e voglia ragionare attorno al futuro della città. La serata del 4 ottobre allo Zac! dal titolo Ivrea metropolitana è stata la prima di una serie d’incontri che il Brat ha in mente di organizzare. Augusto Vino ha parlato di quattro momenti in programma: «Vorremmo affrontare quattro tematiche distinte: Ivrea metropolitana, Ivrea città dei giovani, Ivrea città dei diritti e Ivrea città dell’innovazione».
Francesco Giglio è stato il moderatore della serata e ha esordito con queste parole: «Oggi le città ospitano la metà della popolazione mondiale; il futuro delle grandi città è di enorme sviluppo e se questa è la tendenza del futuro occorre pensare di entrare dentro questo percorso anche a Ivrea».
Il tema è estremamente significativo: la sempre più rapida provincializzazione a cui l’intero territorio è soggetto e il rapporto apparentemente fermo tra comuni e Città Metropolitana di Torino aprono a diverse incognite sul futuro che attenderà questo territorio.
Due sono stati gli ospiti che hanno provato a dare un contributo alla discussione: Ermanno Zacchetti, sindaco di Cernusco sul Naviglio, città di 34.000 abitanti situata ad est di Milano e Roberto Cavallo Perin, professore ordinario di Diritto Amministrativo dell’Università degli Studi di Torino. Molti sono stati gli spunti di riflessione, a partire dall’efficace provocazione di Cavallo Perin: «A conti fatti, quali sono oggi i poteri di cui possono disporre i comuni? Le modifiche ai piani regolatori, l’organizzazione dei mercati locali e i cimiteri». Un comune come quello d’Ivrea, esautorato come tante altre realtà territoriali, come può intervenire efficacemente sull’avviata provincializzazione?
L’unica proposta che il centro-sinistra sembra aver formulato è già prevista dal Piano Strategico della Zona Omogenea Eporediese: legarsi meglio ad un centro importante come quello di Torino tramite un sistema ferroviario e metropolitano potenziato in modo tale da poter essere più attrattivi. Lo spunto per questa “strategia” è confermato dall’intervento del sindaco di Cernusco: «Ci siamo domandati: quale può essere il senso di un territorio come Cernusco in prossimità di Milano? Un buon trasporto metropolitano». Ermanno Zacchetti non ha fatto mistero del fatto che Expo 2015 abbia loro dato una generosa spinta in questa direzione, aiutandoli anche a ripensare il ruolo della loro città: «Con Expo abbiamo pensato: possiamo essere un punto attrattivo? La visione si rivelò corretta; abbiamo provato a creare il festival Cernusco Jazz e con tre sole serate abbiamo fatto sold out con un 80% di persone provenienti da fuori città».
Lavorare su un sistema metropolitano più efficiente non può portare molto lontano senza qualcosa che renda attrattivo e fruibile il territorio eporediese. Ecco perché Perin ha più volte insistito sul concetto di complementarietà: «Le periferie sono più povere delle città, ma dal punto di vista di un migrante la periferia, proprio per questo motivo, è più conveniente. Questa è solo una battuta per chiarire un punto: centro e periferia vanno guardate a seconda del punto di vista». L’idea è semplice: Ivrea non deve necessariamente diventare un centro urbano densamente popolato, ma può scegliere di rimanere periferia di una grande metropoli, purché acquisisca la consapevolezza di essere parte di qualcosa di più grosso. «E ovviamente purché funzioni» ha concluso poi Cavallo Perin.
Gli spunti di riflessione non sono mancati. Legarsi il più possibile ad un grande centro urbano può essere parte della soluzione alla marginalizzazione della città, ma non può essere un progetto esso stesso. Anche perché può accadere, come è stato giustamente ricordato, che nel passaggio da Fassino ad Appendino il piano strategico della zona omogenea eporediese venga completamente dimenticato. E se questo disinteresse da parte dell’amministrazione della Città Metropolitana di Torino dovesse perdurare?
Andrea Bertolino