Riceviamo e pubblichiamo un articolo dell’Ivrea5Stelle
Da qualche settimana, e particolarmente negli ultimi giorni, a causa della mancanza di piogge e l’assenza di vento, sulle città italiane si sta formando una pesante cappa d’ inquinanti. A causa della sua posizione e dei suoi insediamenti, Torino è una delle città maggiormente colpite.
Quando i valori delle poveri sottili supera i 50 μg/m³ le amministrazioni locali sono tenute ad applicare i protocolli previsti al fine di riportare i valori nei limiti di legge. Una delle prime misure è quella di vietare la circolazione delle auto più obsolete, includendo anche le più recenti se i parametri non rientrano. A Torino ha destato scalpore la direttiva che consiglia di non aprire le finestre per impedire allo smog di entrare. Su questa vicenda ci sono due aspetti da considerare. Il primo è dato dal fatto che la popolazione non è cosciente della gravità della situazione, questo perché quando le autorità applicano i protocolli previsti, la popolazione reagisce infastidita e scocciata con poca sensibilità verso il problema ritenuto marginale se non addirittura immaginario.
Questo è dovuto al fatto che le malattie causate dallo smog non si presentano immediatamente e quindi, venendo meno la causa/effetto in un intervallo di tempo limitato, buona parte della popolazione suppone inventate le problematiche ambientali e vede le restrizioni un semplice intralcio alla libera circolazione. Il secondo aspetto è che limitare la circolazione delle auto è attualmente l’unico “bottone” che si può premere , insieme a quello delle caldaie del riscaldamento, per intervenire sul problema. Inutile dire che, seppur indispensabile spesso non è sufficiente. Ora, soluzioni pronte non ce ne sono e non ce ne saranno fintanto che le automobili, le industrie, e tutta la filiera energetica verranno realmente riviste, ma il problema è sempre più evidente e pericoloso e si spera che serva da spinta per accelerare il processo innovativo. Per il “caso Torino”, non dimentichiamo che l’inceneritore del Gerbido offre tutto il suo generoso contributo nel peggiorare la situazione.
In alcuni passi del 6° report degli effetti a breve termine sulla salute si legge: «sono stati confrontati preliminarmente i tassi di accesso al pronto soccorso nei 27 mesi antecedenti e successivi alla messa in funzione dell’impianto, sia nella popolazione residente nell’area di ricaduta dell’impianto sia in una popolazione di controllo fuori da quest’area (che comprende una parte del territorio comunale di Torino ed una parte della cintura metropolitana torinese). L’analisi ha evidenziato una maggiore propensione al ricovero della popolazione residente nella cintura metropolitana di Torino, esposti compresi. Nel periodo successivo all’accensione dell’impianto si è quindi registrato un maggior accesso al pronto soccorso di questo sottogruppo ma dalle analisi effettuate tale maggior accesso non è statisticamente significativo ed è attribuibile con ogni probabilità ad un’età più alta della popolazione esposta.» Personalmente non credo che due anni di “vecchiaia” in più producano una “risposta sanitaria” così marcata, ma sorvoliamo e concentriamoci sulla nostra amata città. Qui da noi tutto tace, niente blocchi, niente avvisi e quindi si è portati a pensare che il problema non sussista.
Ieri pomeriggio era al parco con mio figlio e gettando uno sguardo al cielo mi sono accorto della “nube” giallognola che sovrasta la città e mi sono domandato a che punto siamo qui da noi. Bene, come sapete ormai, la centralina di rilevamento dei PM10 (ma non solo) diversi anni addietro fu spostata dal centralissimo Corso Botta al sub-urbano viale Liberazione. In questi giorni, nonostante la sua posizione decentralizzata, gli apparecchi registravano valori di 75 μg/m³ , ed è legittimo supporre che in centro le concentrazioni di PM10 siano superiori. Nel programma per le comunali del 2018 inseriremo un punto specifico sul tema ovvero la richiesta di aggiungere una stazione di rilevamento anche in centro città. Questo perché crediamo che con la salute la tattica dello struzzo sia pericolosa e controproducente.
Visti i valori della settimana trascorsa, tutti rasenti il limite con sforamento nel fine settimana, l’applicazione dei protocolli sarebbe stato responsabile e doveroso. E’ evidente che è un problema di sensibilità verso l’ambiente e la salute, ed è altrettanto evidente che questa sensibilità è stata sopita durante le giunte Della Pepa.