Una chiacchierata sugli Stati Uniti di Biden con il corrispondente di Repubblica
Venerdì 30 aprile il Forum Democratico di Ivrea ha programmato un incontro (sulla piattaforma Zoom) con il corrispondente di Repubblica, Federico Rampini. “Con la vittoria di Joe Biden alle elezioni presidenziali è emersa nettamente vincente una America nuova, ferita dalla grave crisi sanitaria, sociale ed economica e da anni di sconcertante politica estera, ma decisa a ripartire e a riprendere la sua posizione dominante sulla scena mondiale”, questa la premessa.
Profondo conoscitore della società americana e appassionato di storia, Rampini è partito dal suo ultimo libro, I cantieri della storia. Ripartire, ricostruire, rinascere (ed. Mondadori): ha voluto rincuorarci circa una sicura rinascita, come sempre è avvenuto dopo tragici momenti, anche peggiori di quello che ci troviamo a vivere ora.
Nel libro, gran parte centrato sugli Stati Uniti, prende in considerazione periodi e avvenimenti di grande tragicità, a partire dal crollo dell’Impero Romano, ritenuto da molti studiosi statunitensi come l’emblema della decadenza e quindi degno di fare da esempio classico, passando per la Guerra Civile Americana, fino ad arrivare alla crisi del 29. Attraverso questi passaggi cardine mette in evidenza le grandi risposte che si sono sapute dare per risollevarsi: la ricostruzione del Sud operata da Lincoln, il New Deal di Roosevelt e più tardi la Great Society di Kennedy e Johnson, che ha concesso apertura e diritti civili. Fino agli anni ’60, gli Stati Uniti, come stato, hanno saputo mettere in campo grandi risposte a grandi problemi, le stesse a cui oggi Biden vuole tornare per uscire, non solo dalla pandemia, ma anche dall’impasse economico in generale, soprattutto in virtù del grande antagonista cinese.
Un capitolo del libro è dedicato alla Francia (sua patria di adozione insieme al Belgio), uno al Giappone e un altro alla Cina, sempre con l’attenzione rivolta alla capacità di uscire da situazioni negative con forza e determinazione. Fatta questa carrellata sui temi toccati nel libro, che servono per introdurre il discorso sulla presidenza Biden, Rampini riassume la politica di interventi pubblici pianificata dal nuovo presidente USA, con un’attenzione particolare alle famiglie (aiuti già iniziati in era Trump, è doveroso precisare), con grandi finanziamenti rivolti alle infrastrutture sia tradizionali sia relative alle nuove tecnologie (5G, per capirci), il tutto di pari passo con riforme sociali mirate a diminuire le diseguaglianze.
Un piano molto ambizioso che deve, però, fare i conti con l’esile maggioranza alla Camera dei rappresentanti e la sostanziale parità in Senato, luogo in cui si svolgerà la vera battaglia per far passare questa linea strategica. La prima fase del piano si basa interamente sul debito pubblico, mentre la seconda fase prevederebbe l’introduzione di nuove tasse per le imprese e per i redditi più alti. La seconda fase, ovviamente, sarà quella molto difficile da far digerire al partito repubblicano e forse anche ad alcune componenti di quello democratico. Insomma, è l’ultima Great America, da Roosevelt a Kennedy, quella a cui si ispira Biden, quella che nell’immaginario collettivo ha l’anima non ancora corrotta dagli scandali della mala politica che tanto hanno contribuito ad infrangere the big dream (il grande sogno).
Intanto in chat ci sono già diverse domande, pronte per essere sottoposte. Molte riguardano la politica estera di Biden e gli eventuali cambiamenti che potrebbero esserci nei rapporti con le altre potenze economiche, in particolar modo con la Cina. Rampini precisa subito che Biden tende a portare avanti la linea di Trump, fatta di dazi e controlli, per tentare di contrastarne il più possibile l’esuberanza e la spregiudicatezza economica: la Cina è il competitor numero uno e la partita coinvolge anche l’Europa, la quale dovrà decidere da che parte stare. Ma, precisa Rampini, l’influenza statunitense non è più quella del piano Marshall, quindi L’Europa dovrà lavorare parecchio per trovare coesione al suo interno. Il grande pasticcio dei vaccini e il conseguente ritardo nelle vaccinazioni, dovuti alla burocrazia di Bruxelles, per esempio, stanno avendo effetti molto negativi sulla ripresa economica, anche se, data la crescita di Cina e Stati Uniti, ormai fuori dall’ondata pandemica, si potranno contenere.
Le domande proseguono facendoci fare il giro del mondo, a molti piace pensare che gli Stati Uniti siano ancora il grande motore del mondo, quando invece è chiaro non sia più così, ecco forse spiegata anche l’enorme attenzione ai problemi di politica interna di Biden.
La chiacchierata volge quasi al termine (sono passate circa due ore) quando arriva, inevitabile, la domanda su come sia visto Draghi oltre oceano. Rampini deve quindi precisare che l’Italia non è più uno degli stati europei interessanti per gli Stati Uniti, i quali ormai da tempo privilegiano Francia, Germania e Regno Unito (pure post Brexit), dunque, certo Draghi gode di fiducia (anche sua dato che sappiamo dalla biografia esser stato suo allievo quando Draghi era assistente del professor Caffè) ma dovrà essere in grado di portare a termine tre grosse ristrutturazioni, riguardanti rispettivamente: burocrazia, fisco e giustizia civile, se si vuole che l’Italia torni competitiva, non solo in Europa. Del resto una burocrazia snella è la chiave vincente per un forte sviluppo economico, dice, come insegna il Giappone, per restare in ambito di democrazie.
C’è ancora un po’ di spazio per parlare dei media, soprattutto in questo periodo di pandemia, fortemente in crisi e a caccia della notizia sensazionale da costruire (spesso dal nulla) e sbattere ogni giorno in prima pagina. Il caso dell’allarme aumento contagi in India offre un esempio perfetto di come, se solo si leggessero i numeri, non ci sarebbe nessuna notizia.
Nel complesso Rampini è positivo (persino troppo), pensa che anche in Europa fra qualche mese, se la campagna vaccinale proseguirà bene, ne saremo fuori. Gli Stati Uniti ne stanno già parlando come qualcosa di passato e in alcuni paesi orientali la pandemia non ha mai creato grossi problemi. Piccola chicca: restando in ambito Covid, il modello italiano tanto esaltato l’anno scorso, ahimè, fu il frutto di una lettura parziale (da parte dei giornalisti italiani) di alcuni articoli, che, per contrastare Trump, avevano creato ad arte dei modelli stranieri da esaltare. E noi ci siamo cascati.
A connessione conclusa viene da chiedersi dove prenda tanto ottimismo, come possa avere una visione così rassicurante, visto tutto quel che sta accadendo (e non solo rispetto alla pandemia), sembra quasi che Rampini viva su un altro pianeta o che abbia accesso ad informazioni molto riservate di cui a noi non è dato sapere. O forse guarda il mondo come dalle pagine di un avvincente romanzo storico. Chissà se la battaglia economica tra Stati Uniti e Cina sarà davvero una faccenduola che chiederà a noi europei da che parte stare, senza che ciò comporti un tentativo di imporre il potere da parte dei due contendenti, con tanto di conseguenze sulle vite di noi cittadini e cittadine? E il prezzo da pagare quale sarà e soprattutto chi lo pagherà? Già, ma lui ha il doppio passaporto ed essendo ormai anche cittadino statunitense, potrà godere i frutti del New New Deal dell’era Biden. Non per essere pessimisti a tutti i costi, ma qualche dubbio in più sembrerebbe opportuno farselo venire, visto l’aria che tira. O no?
Lisa Gino