In meno di dieci mesi, la Spagna, dopo Almudena Grandes, perde un’altra grande penna e noi lettori e lettrici un altro straordinario compagno di viaggio. Come ha scritto Francesca Borrelli su Il manifesto (edizione del 13 settembre): “Anche il regno della finzione letteraria in questa triste settimana piange un suo sovrano”. Javier Marías è morto. Lunga vita a Javier Marías! La notizia della morte dell’apprezzato scrittore spagnolo, conosciuto e tradotto in tutto il mondo, ci ha colto di sorpresa, proprio mentre ancora si pubblicavano le recensioni del suo ultimo romanzo, dal titolo Tomás Nevinson.
È veramente un regno quello di Marías, dove personaggi e temi ricorrono e nel tempo entrano a far parte dello spazio privilegiato che sapeva creare e condividere con il lettore, uno spazio non solo fatto di trame avvincenti, ma anche di pensiero sul senso dell’essere, sul detto e non detto, sul peso delle scelte fatte e non fatte: proprio quest’ultima grande riflessione fa da prologo al romanzo Tomás Nevinson. Storie spesso tenute in sospeso sul filo di un ragionamento circa le possibilità del reale, trascinano il lettore in un fitto bosco di monologhi interiori, aneddoti storici e digressioni (vere e proprie sfide a volte anche snervanti e scoraggianti) sull’onda dell’opera shakespeariana a cui era devoto, tanto da condizionarne anche i titoli, basti pensare a Un cuore così bianco e Domani nella battaglia pensa a me, tratti rispettivamente da battute di Macbeth e Riccardo III. Abbiamo dunque perso qualcuno con cui dialogare, qualcuno che ci coinvolgeva e ci spronava ad approfondire il nostro legame tra la realtà interiore e quella esteriore. Abbiamo perso una voce della nostra coscienza. Non solo scrittore ma anche traduttore (parlava almeno 4 lingue) e giornalista, Marías è stato davvero un importante protagonista della cultura del nostro tempo: forse sono questi i sovrani che dovremmo piangere e di cui dovremmo ammirare le gesta. Ci mancherà.
Fare i conti con la morte improvvisa, del resto, è stato uno dei suoi temi ricorrenti, dunque, ora tocca a noi fedeli lettori e lettrici confrontarcisi direttamente. Possiamo in parte consolarci traendo spunto dai suoi romanzi per affrontare l’improvviso vuoto che ci lascia, soprattutto per elaborare lo sconforto di non poter più contare su suoi scritti futuri. La pubblicazione del suo prossimo libro era infatti una certezza che mai avremmo pensato di dover abbandonare così presto e che dovremo, perciò, sostituire con la gratitudine per quel che ci ha lasciato, col piacere di poterne godere per sempre e con l’impegno di farlo conoscere a chi se lo è perso. Per chi comincia ad avere una certa età, poi, non si tratta solo della morte di uno degli amati scrittori presenti nella libreria casalinga, ma di un pezzo del mondo in cui ha vissuto gran parte della vita che inizia a sgretolarsi, perdendo appigli importanti, figure di riferimento a volte impossibili da sostituire. È il lento e inesorabile procedere verso il futuro di cui non si farà più parte, una passeggiata narrativa che gli sarebbe senz’altro piaciuto raccontare. Sta sfuggendo “il mondo di eri”, per dirla con il titolo di un romanzo di Stefan Zweig, altro impareggiabile romanziere vissuto a cavallo tra due epoche.
E allora buon viaggio caro amico scrittore, un saluto affettuoso da chi ti ha sempre seguito e non era ancora pronta a fare a meno della tua compagnia.
Lisa Gino