”Devi dirmi che hai voglia di abbracciare la mia ombra che passa sui muri”. E’ quanto dice Monica Vitti a Gabriele Ferzetti nel film “L’avventura” del 1960, diretto da Michelangelo Antonioni, il regista dell’incomunicabilità. E’ una frase che riflette tutta la sensibilità, di questa straordinaria attrice che è stata musa ispiratrice e compagna di Antonioni e che si colloca, nel panorama del cinema italiano di qualità, come un’autentica icona. E’ una frase che ben interpreta il sentimento che ci lega alla sua figura e ai suoi personaggi a cavallo tra il dramma esistenziale e i toni della commedia.
Una donna e un’attrice bella e amabile per intelligenza e bravura. Come sanno fare solo i grandi, viveva nei suoi personaggi, permeandoli di realtà, vestendoli con i toni della sofferenza malinconica come con quelli della più effervescente comicità. Credo di poter dire che le era congegnale la spontaneità, la forza di essere autentica e credibile in ogni ruolo come se tutto ciò che era palcoscenico, teatro, cinema e recitazione le fosse naturale. I suoi film e i suoi personaggi sono stati resi unici dal suo talento.
Le prime immagini che mi sorgono di lei sono quelle classiche dei film di Antonioni, in particolare dell’”Eclisse” in cui lei recitava con Alain Delon. Siamo negli anni sessanta, e, da ragazzino qual ero, pur non essendo stato in grado di apprezzarne convenientemente la storia, quel film era rimasto in me come lo stampo di una magica esperienza visiva. Il cinema allora era perlopiù la rappresentazione in bianco e nero dei sogni. Alain Delon e Monica Vitti erano il sogno, su grande schermo, della bellezza in sapore di eternità, quella che coniuga l’intensità delle storie con l’esperienza estetica della realtà.
Monica Vitti se ne è andata in queste ore a 90 anni, in seguito a una lunga malattia degenerativa. Era assistita amorevolmente da suo marito Roberto Russo e non faceva apparizioni in pubblico da moltissimo tempo. I suoi film con Antonioni (L’avventura del 1960; La notte del 1961; il già citato L’eclisse del 1962; Deserto rosso del 1964) sono quelli che, nel mio ricordo, più si associano al suo nome e alla sua figura.
Mentre sto scrivendo, in suo omaggio stanno trasmettendo in tv “Amori miei” di Steno, film del 1978 tratto dall’omonima opera teatrale. Mollo il Pc per la tv e, in un attimo, mi faccio conquistare da un cinema che non esiste più. La Vitti è splendida, esilarante. Lei recita con Dorelli ed Enrico Maria Salerno e si ride di quella comicità che scaturisce come acqua fresca senza ubbidire ad alcuna possibile forzatura.
La Vitti è un’altra foglia che cade dall’albero della mia vita, lei come tanti altri personaggi famosi. Il mio albero è sempre più spoglio di questi attori, attrici, cantanti, personaggi noti, scrittori, tutti compagni di strada che se ne vanno come pezzi della mia vita felice. Complice l’inganno del cinema, della fama e del successo, sovente ho ingenuamente associato l’idea della loro immortalità artistica a quella dell’immortalità fisica, come se la prima potesse garantire anche la seconda barando con il più umano e fatale dei destini.
Di Monica rimangono i ricordi delle sue interpretazioni che ci hanno istruito e divertito, e che purtroppo possiamo riapprezzare soltanto attraverso il rito frettoloso della commemorazione postuma, allestita principalmente a ridosso della sua scomparsa.
Cara Monica, io invece vorrei presto rivedere qualcuno dei tuoi film sul grande schermo, ricontemplare il tuo viso nella proiezione gigante dell’inquadratura. I tuoi occhi verdi e la tua voce graffiata sono le perle costanti delle tante donne che si sono incarnate nei tuoi personaggi. Sei stata spiritosa, elegante, sexy, intelligente, malinconica, enigmatica, autoironica, audace e all’avanguardia nel cinema come nella vita, sfidando anche le code di quel bigottismo moralistico che ancora strisciava nei primi anni sessanta. Indelebile ci accompagna la tua immagine, quella della diva sofisticata nella cornice dei capelli biondi e quella popolare della donna in cui potersi riconoscere. Credo di poter dire che piacevi a tutti e che avremo sempre voglia di abbracciare la tua ombra che passa sui muri.
Pierangelo Scala