Non esiste proprio un modo diverso di vendere servizi telefonici se non quello di spremere e vessare i lavoratori?
Perché la nostra comodità di avere a portata di telefono a tutte le ore un dato servizio deve costare trattamenti lavorativi da moderni schiavi? Veramente non esiste un altro modo di vendere un servizio se non quello di tenere sotto pressione psicologica e con ritmi da cottimo che ricordano il “Tempi moderni” di Chaplin, giovani e meno giovani con cuffia in testa in luminosi loculi?
Ma chiediamoci anche: veramente abbiamo bisogno a tutte le ore di telefonare non dico alla Croce Rossa, ai Vigili del fuoco, ma ad esempio al call center della Juventus (sì la squadra di calcio) dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 20 e il sabato dalle 10 alle 14? Veramente con l’ansia di dover essere “always on” (sempre disponibili) e iperconnessi, abbiamo bisogno alle dieci di sera di chiamare l’assistenza del nostro operatore telefonico, senza poter aspettare il mattino dopo in un normale orario di ufficio? Non rinuncereste a qualche ora di connessione, per dare una vita lavorativa degna a chi altro non ha trovato che un impiego di qualche giorno a settimana in un call center?
Che poi parliamo dei nostri figli, di amici, vicini di casa, … perché sembra non ci sia altro lavoro accessibile, almeno nel nostro territorio. Infatti il più grande datore di lavoro ad Ivrea è Comdata (call center in outsourcing, cioè per conto terzi) che conta più di 1200 lavoratori dipendenti che arrivano a superare i 1.500 considerando gli “interinali” (lavoratori “in affitto”). Questi ultimi, allo stress di un lavoro sempre sotto la pressione dei ritmi delle telefonate da risolvere in tot minuti, aggiungono una precarietà lavorativa più da Ottocento che da anni duemila: “i contratti durano una settimana poi fermi per 13 giorni poi si riprende per altri 6 giorni e di nuovo ferma per 10 giorni e questa cosa va avanti per 3 mesi … E tu non puoi iscriverti al sindacato perché se lo scopre il Personale dell’azienda dimenticati pure che ti richiameranno”, testimonia una lavoratrice interinale. Che vita si può costruire lavorando a singhiozzo, affittati come un’auto per le vacanze?
Nel mondo del lavoro avanza la tecnologia, ma indietreggiano,
si imbarbariscono, le condizioni di lavoro.
Un fatto che fa riflettere, poi, è che se si leggono alcuni forum di lavoratori interinali, si trovano giudizi non così negativi su condizioni lavorative che invece sarebbero state giudicate inaccettabili negli ultimi trent’anni del secolo scorso. Si è persa la memoria delle conquiste del lavoro, si accetta lo status quo, senza avere la percezione delle possibilità di reazione. Nel mondo del lavoro avanza la tecnologia, ma indietreggiano, si imbarbariscono, le condizioni di lavoro e il fatto grave è che non c’è consapevolezza di ciò, né contrasto adeguato (il sindacato ha le sue colpe).
Vi sono naturalmente le eccezioni: uno dei commenti in una discussione in rete sulle condizioni di lavoro in un call center dice “Pessimo il rapporto verticale tra supervisori e operatori, inesistente il supporto HR, parossistiche le pretese di lavoro serale e straordinario. Per non parlare dell’ambiente di lavoro, dove si scambia il rigore del rispetto delle regole con le piazzate da mercato rionale”. Ho raccolto testimonianze dirette proprio riguardo ai richiami dei supervisori (già brutto il termine) urlati davanti a tutti i colleghi, quando anche solo l’educazione che si impara da bambini richiederebbe di chiamare la persona in luogo privato per esporre il problema. Per quale motivo devi umiliare una persona davanti ai colleghi? Qual è lo scopo se non sei un fanatico aguzzino, un tapino che sfoga le proprie frustrazioni agendo un poterucolo contro un tuo pari? Viene il sospetto che il mandato sia di mettere sotto una tale pressione psicologica quelli che l’azienda ritiene anelli deboli o soggetti disturbatori tanto da portarli al licenziamento (non è una esagerazione, è successo). Perché se non fosse un disegno aziendale, un responsabile di un gruppo di lavoro che fa piazzate in pubblico a un suo collaboratore (perché questo è, non uno schiavo sottoposto) dovrebbe essere richiamato dall’azienda, visto fra l’altro che le lettere di richiamo agli operatori fioccano invece come neve, spesso senza essere precedute da richiami verbali.
Richiami per cosa? E’ facile “sgarrare”, il lavoro in call center assomiglia di più ad un’attività militare che a un lavoro: hai 300 secondi per chiudere una chiamata, se sfori ti richiamano. Non devi innervosirti naturalmente se il cliente che chiama si dilunga, magari arrabbiato e rischia di farti sforare il limite. Una lavoratrice portata all’ufficio personale perché una volta le scappò, per l’ansia (purtroppo gli operatori sono umani, per i robot androidi dobbiamo ancora aspettare qualche tempo) “devo chiudere perché se no mi richiamano perché la telefonata sta durando troppo”. E poi ci sono le pause rigidamente programmate, proprio come nelle catene di montaggio, non è che puoi andare a fare pipì quando ti scappa che se no blocchi tutto, ci vai quando te lo dico io e nel cesso che ti dico io… eh, sì è capitato anche che un supervisore sia riuscito a richiamare un lavoratore perché nella sua pausa non è andato nel cesso più vicino, ma in quello di un’altra area.
Si stanno creando dei “mostri” e dei moderni cottimisti, il tutto benedetto da una normativa e contratto nazionale di lavoro, quello delle Telecomunicazioni, che troppo ha concesso al dio “profitto” e pochissimo ha lasciato nel cesto dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.
L’amara considerazione è che anziché ambire ad una società dove il lavoro veramente nobiliti l’uomo e la donna, dove al centro ci sia il benessere delle persone, la crescita individuale e dell’impresa di pari passo, l’eccellenza progettuale e manifatturiera, la conciliazione della vita privata con il lavoro, riprendere quello principio del “lavorare meno per lavorare tutti”, anziché andare avanti, migliorare sempre le nostre condizioni umane, stiamo tornando indietro socialmente e legislativamente. Per cosa poi? Per poter telefonare a tutte le ore a chi ti vende film e sport via satellite, chi ti vende gas e luce, connessione a Internet, … Veramente ne vale la pena?
Cadigia Perini