Dal 2018 basterà la media del sei per essere ammessi alla maturità
Dal Consiglio dei Ministri via libera a otto decreti attuativi relativi alla legge sulla Buona Scuola. Il nostro Governo approva in extremis, nell’ultimo giorno utile, allo scadere dei 180 giorni indicati dalla legge 107/2015, otto delle nove deleghe previste dalla riforma Renzi/Giannini, mettendo per ora in disparte l’annosa questione concernente il nuovo Testo Unico sull’istruzione, che riordinerebbe diverse e intricate materie.
La riforma Renzi/Giannini, pertanto, attraverso lo schema di decreto legislativo sulla valutazione all’esame della Camera, modifica in maniera consistente e assai particolare l’esame di Stato delle scuole superiori. Questo infatti il nuovo esame del II ciclo: due prove scritte e un colloquio orale. Oggi le prove scritte sono tre più il colloquio. Lo svolgimento delle attività di alternanza Scuola-Lavoro diventeranno requisito di ammissione. L’esame sarà composto da una prima prova scritta nazionale che accerterà la padronanza della lingua italiana, da una seconda prova scritta nazionale su discipline caratterizzanti l’indirizzo di studi, da un colloquio orale che certificherà il conseguimento delle competenze raggiunte, la capacità argomentativa e critica del candidato e l’esposizione delle attività svolte in alternanza. Sulla base del decreto attuativo il voto finale resterà in centesimi, il credito scolastico inciderà fino a 40 punti, le 2 prove scritte incideranno fino a 20 punti ciascuna, il colloquio fino a 20 punti. L’ammissione all’esame potrà avvenire, invece, con la sola media del 6 e non occorrerà più la sufficienza in tutte le materie come avviene ora.
Pertanto, stando così le cose, comprendere la ragione per cui il governo abbia imposto una modalità di accesso all’insegnamento tanto complessa e farraginosa, con un tirocinio lungo 36 mesi, a fronte di un forte snellimento delle procedure di acquisizione della maturità è paradosso tutto italiano.
Sentiamo al riguardo le parole della ministra Fedeli: «Cominciare un percorso, è un punto di partenza. Aver dato il primo via libera in Consiglio dei ministri non significa pensare che i testi siano chiusi. Lavoreremo nelle Commissioni parlamentari – assicurando una forte partecipazione e presenza del Ministero e del Governo – per ascoltare in audizione tutti i soggetti coinvolti. Dirigenti scolastici, insegnanti, personale della scuola, sindacati, studenti, famiglie, associazioni, in modo che i testi finali saranno frutto della massima condivisione possibile».
Sembra dunque che il tavolo delle discussioni sia tutt’altro che chiuso. Il valzer delle deleghe è in realtà appena incominciato.
Marco di Stefano