Il prossimo mese si terrà il referendum in materia di trivellazioni. Cosa aspettiamo a rendere concreto ciò che è stato deciso all’unanimità durante la Cop21 di Parigi? Un “Si” potrebbe far la differenza
Con il trascorrere delle settimane sentiremo sempre più spesso parlare del 17 aprile, la data scelta per indire il referendum indetto per approvare o respingere un particolare comma relativo alle trivellazioni già in atto entro le 12 miglia dalla costa della penisola italiana.
Cosa prevede il testo del referendum?
La domanda è la seguente: «Volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio?». A tale quesito non ci sono alternative: si voterà si oppure no. Il quesito riguarderà solo la durata delle trivellazioni già in atto entro le 12 miglia dalla costa, fatta eccezione per le attività petrolifere sulla terraferma ed escludendo anche quelle in mare che si trovano a una distanza superiore alle 12 miglia dalla costa (22,2 chilometri).
Le ragioni del NO.
Chiunque volesse mantenere inalterata l’attuale situazione dovrà votare NO. Le ragioni di questa scelta sono apparentemente ragionevoli e possono essere riassunte nei seguenti punti: 1) i giacimenti sono lì, per quale ragione non approfittarne e aspettare che altri se ne approprino? 2) perchè mettere in crisi numerose aziende e, di conseguenza, i lavoratori a queste attività connessi? 3) perchè, date le conoscenze che si hanno, anche in materia ambientale, non estrarre pur di porre le dovute attenzioni e precauzioni?
Le ragioni del SI.
Chiunque vorrà fermare le trivellazioni sottoposte a quesito sarà invece tenuto a votare SI. Le ragioni di questa scelta, appoggiate da numerosi movimenti e associazioni ambientaliste tra cui il coordinamento No Triv, sono tutte riassumibili in un unico punto che, in fin dei conti, è il vero cuore di questo referendum: per quale ragione continuare un percorso di politica energetica basata sui combustibili fossili nonostante si sia tutti coscienti della necessità di andare alla ricerca di un modello di sviluppo alternativo? Non si è forse tenuta, pochi mesi or sono, la Cop21 di Parigi? Il consenso unanime che è stato raggiunto ha messo in evidenzia la necessità di fermare l’innalzamento della temperatura del pianeta ben al di sotto dei 2 gradi °C e i moniti arrivati da quello storico evento sono stati chiari e inequivocabili: non c’è modo di raggiungere quest’obiettivo, indispensabile per evitare una devastante accelerazione del cambiamento climatico, senza tagliare in modo rapido e radicale l’uso dei combustibili fossili.
Le conseguenze del referendum.
Date queste premesse, è più che evidente lo scenario che si presenterà nel momento in cui una delle due ragioni dovesse prevalere. E il vero colpo di assestamento lo si percepirebbe a livello politico, prim’ancor che ambientale, così come, d’altro canto, accade dietro alla maggior parte dei referendum. Se il NO dovesse vincere, non solo letrivellazioni (i cui siti principali sono sintetizzati nella cartina tratta dalla rivista Internazionale) manterrebbero inalterate le loro attività, ma le varie politiche in materia di energia si sentirebbero legittimate a minimizzare lo sforzo necessario per intraprendere una strada ecologicamente più sostenibile, rimandando ulteriormente l’inevitabile. Se il SI, invece, dovesse avere la meglio, la politica e le aziende coinvolte da questo tipo di decisione popolare dovrebbero rimodulare i loro obiettivi e le loro strategie e porsi, finalmente, in linea con gli imperativi ecologici che il nostro tempo richiede.
Una battaglia politica.
Questo referendum ha un involucro ambientalista, ma una matrice politica. La vera sfida sarà, infatti, raggiungere il quorum, così come previsto dall’articolo 75 della costituzione italiana, secondo cui dovranno andare a votare almeno il 50 per cento degli aventi diritto. Le regioni costiere saranno maggiormente sensibilizzate alla partecipazione del referendum, mentre quelle per nulla bagnate dal mare, pur beneficiando delle politiche energetiche, potrebbero restare più indifferenti di fronte a questo scontro, minando così il raggiungimento del quorum. Il tempo è poco, la posta in gioco molta, le difficoltà tante. I sostenitori del NO hanno i loro ragionevoli dubbi, ma il vento della storia soffia oggi dalla parte dell’ecologia. A noi il compito di favorire questo doveroso cambiamento.
Andrea Bertolino | 02/03/2016