La street art a Ivrea porta i simboli olivettiani nei quartieri. Un progetto in divenire con grandi potenzialità.
A chi gira per Ivrea da qualche tempo può capitare di imbattersi in grandi pareti colorate con segni che ci sono familiari. Andando a Bellavista, subito dopo il semaforo di San Grato, sulla destra un muro è ricoperto di onde di colore e poco più avanti un’altra casa del quartiere olivettiano mostra grandi figure geometriche, segni antichi eppure molto moderni.
In una città rimodellata dalla Olivetti e nella quale era naturale crescere nella cultura, anche visiva, Olivetti, quei segni rimandano immediatamente a quella stagione di pulizia visiva, di bellezza naturale, di intreccio tra benessere e avanguardia progettuale che si respirava a Ivrea solo pochi decenni fa. Sono i segni dello stile grafico Olivetti o meglio, del codice visivo Olivetti, che con una geniale intuizione sono diventati il fulcro di un progetto di rigenerazione urbana proposto dal gruppo informale [In]visible Ivrea nato da un’idea di Alessandro Chiarotto sostenuta da Veronica Spadoni e Cecilia Selina Roffino, e ripresa dall’Assessore Cafarelli.
Tutto è partito a febbraio 2019 da una elaborazione grafica postata da Chiarotto su Facebook con la sovrapposizione di un noto manifesto Olivetti sul muro di casa Molinario, seguita da altri finti murales immaginati sui muri di Ivrea. Il grande interesse suscitato ha portato ad elaborare un progetto preciso presentato poi a fine anno all’Amministrazione comunale, che ha deciso di sostenerlo. Per reperire i fondi necessari si è pensato di partecipare al bando nazionale per il Festival Architettura, allargando il progetto ad altri temi relativi anche al riconoscimento di Ivrea Città industriale del XX secolo, patrimonio dell’Unesco, con l’approvazione anche del Ministero dei Beni Culturali ad operare anche all’interno della “core zone” tutelata dall’Unesco. Il progetto è stato approvato ed il Festival, molto seguito dal pubblico e dai media, si è tenuto nel settembre di quest’anno.
Ecco quindi che, all’interno del Festival, [In]visible Ivrea ha preso vita, una street art eporediese basata sulla reinterpretazione di alcuni manifesti della comunicazione Olivetti, un intervento di rigenerazione urbana che vuole “lasciare il segno in termini di impatto estetico, culturale e sociale”.
Non si tratta solo di abbellire alcuni tratti urbani, l’ambizione è quella di dare maggiore consapevolezza e cultura della comunità locale rispetto al patrimonio artistico/culturale di Olivetti e renderlo anche visibile, fruibile e facilmente accessibile dalla comunità locale e da nuovi pubblici.
La rigenerazione urbana, secondo le intenzioni dichiarate, dovrebbe coinvolgere la comunità locale nella co–progettazione delle fasi di processo rigenerativo, anche per risolvere le conseguenze lasciate dalla deindustrializzazione.
Un ritorno al concetto di Comunità, tanto caro ad Adriano, con la partecipazione diretta della cittadinanza al miglioramento e alla valorizzazione della città.
Per ora gli interventi realizzati sono sei, grazie anche alla partecipazione di Galliano Gallo, Andrea Motto Ros, l’azienda Nolovers e due colorifici, ma l’intenzione sarebbe di aggiungerne altri, rendendo il progetto più articolato e strutturato.
Ci sono state resistenze da parte dei proprietari dei diritti d’autore o degli edifici? Non abbiamo utilizzato i manifesti originali”, spiega Alessandro Chiarotto, “ma semplicemente estrapolato gli elementi del codice visivo Olivetti, i segni e gli elementi che lo caratterizzano e che anche rimescolati restano chiaramente riconoscibili, dando una interpretazione personale che ne conserva la unicità visiva. L’Archivio Storico Olivetti non ha partecipato direttamente ma ha approvato l’operazione. Quanto ai proprietari c’è stato un lungo lavoro di coinvolgimento, ma questa è anche una finalità del progetto, e non tutti hanno acconsentito. D’altronde l’edificio viene valorizzato anche economicamente dall’operazione e se c’è qualche spesa di manutenzione c’è anche un aumento del valore stesso dell’immobile.
Come pensate di continuare?
L’idea è quella di andare a vanti ma dobbiamo ancora capire bene in quale direzione. Per ora le elaborazioni grafiche le ho realizzate io usando il programma Processing, usato da molti artisti e designer, ma si potrebbe pensare a un contest di artisti a livello nazionale che vengano ad Ivrea ad utilizzare quel codice visivo rivitalizzando una grafica che già era di altissimo livello quando è nata.
Poi si può approfondire il connubio tra informatica ed arte, anche a livello di studi, come fa la generative art o la Processing Foundation a livello internazionale. Sarebbe anche bello riuscire ad organizzare un Open processing community day, come se ne svolgono in tutto il mondo, grande opportunità di scambio di informazioni e di conoscenze.
Insomma, possibilità di sviluppo ce ne sono molte sia in campo tecnico, per rilanciare anche Ivrea nel campo della ricerca, sia nel campo della partecipazione e coinvolgimento della popolazione e delle associazioni locali per decidere dove intervenire.
L’onda lunga della [In]visible Ivrea si è prolungata fino al 24 novembre, quando è stata completata l’ultima parete rinata a “nuova vita”: all’inizio di via Jervis, sopra il colorificio, e non è una scritta pubblicitaria.
Sembra poca cosa ma ridare al bello, alla bellezza gratuita, lo spazio che troppo spesso viene venduto per denaro è già un grande risultato, che può produrne altri e altri ancora.
Francesco Curzio