Tra un cinquantenne Statuto dei Lavoratori quotidianamente attaccato e i fallimenti aziendali, riusciranno le piccole realtà imprenditoriali a resistere e diventare tessuto, trama e ordito dello sviluppo di questa parte di Canavese?
Nell’anno in cui lo Statuto dei Lavoratori ha compiuto 50 anni, con la lente di ingrandimento che è diventata la pandemia di Covid sono evidenti più che mai i passi indietro del mondo del lavoro rispetto alla Legge 300 del 1970, la legge che portò la Costituzione nelle fabbriche, come si disse al tempo. «Una Legge che nacque nell’autunno del 1969 dalle lotte di tanti uomini e tante donne,che portò dentro le officine, gli uffici, in tutti i posti in cui si “faticava”, la Democrazia, fino ad allora tenuta fuori, ai cancelli, come se i Lavoratori non fossero Cittadini a pieno titolo.”, ricorda Luciano Guala, storico delegato Fiom-Cgil in Olivetti e continua “L’ articolo 1 della Costituzione veniva realizzato in quello Statuto, strumento per pareggiare il rapporto asimmetrico fra datore di lavoro e prestatore d’opera. Non semplice mascherina, ma risolutivo vaccino contro le diseguaglianze, le discriminazioni, i soprusi. In questo periodo in cui tutti dicono di impegnarsi (per ora solo a parole) sulla rinascita del Paese è necessario denunciare il caporalato, le nuove schiavitù, la scomparsa di tanti Diritti. E dire che tutto andrà bene se non tutto sarà come prima. E’ quanto mai necessario ricordarsi sempre di chi ha inferto ferite profonde alla Legge, a partire dal taglio imperdonabile dell’ articolo 18. A chi, togliendo il vaccino, ha permesso il diffondersi del contagio dell’illegalità.»
Ivrea la bella, città dell’informatica, …
In questo compleanno importante dello Statuto dei Lavoratori anche nella nostra città abbiamo visto cancellare posti di lavoro, intere realtà.
Il 2020 ha messo definitivamente la parola fine al CIC, quel Consorzio per l’Informatizzazione del Canavese che nel giro di qualche decennio è passato da eccellente intuito per la condivisione e l’ottimizzazione dei servizi per la pubblica amministrazione locale al fallimento. L’ultimo atto, il colpo di grazia, è stata la vendita “peggio che al buio” ad una società privata che aveva fra i suoi rappresentanti un personaggio già condannato per il crack Agile-Eutelia. Dal primo gennaio 2020 di fatto il CIC non esiste più. Gli uffici sono stati smantellati, l’immobile ristrutturato ed è occupato oggi da un’attività commerciale. Nell’ultimo periodo di agonia, il CIC è stato ignorato dal territorio, come un parente caduto in disgrazia dal quale prendere le distanze, del quale ci si vergogna, al punto che intitolammo “Il CIC sotto il tappeto“, come si fa con la polvere, l’ultimo articolo sulla vicenda.
E il 2020 ha visto anche un altro clamoroso fallimento, quella della Manital. Nata 1993 come “Manital Società Consortile per i servizi integrati”, diventa negli anni, dopo le acquisizioni da Finmeccanica e da Olivetti dei rami d’azienda dei servizi di manutenzione, uno dei principali soggetti imprenditoriali italiani nel settore del Facility Management. Arrivata ad avere fino a 10.000 dipendenti tra holding e consorzio, conta oggi 530 dipendenti, 73 dei quali a Ivrea.
Dopo le prime crepe del 2019, stipendi e fornitori non pagati, il 4 febbraio viene posta in amministrazione straordinaria. Manovre poco trasparenti e investimenti azzardati hanno lasciato senza lavoro migliaia di lavoratrici e lavoratori. Ricordiamo ancora tutti la rabbia e la lotta degli operai della MGC, controllata Manital, che avevano lavorato alla ristrutturazione del castello di Parella. Abbiamo ancora tutti nelle orecchie il suono assordante e doloroso dei loro tamburi di latta. Hanno tenuto sotto la pioggia e il freddo un presidio permanente per due mesi, hanno ricevuto tanta solidarietà, ma sono stati presi in giro dai caroselli di amministratori delegati che si sono succeduti in questa miserabile vicenda. Gli operai non sono mai rientrati al lavoro, il castello è chiuso dal febbraio scorso, gli 11 dipendenti assegnati al progetto Vistaterra sono in Fis (fondo integrativo salariale) ed entro l’anno i commissari emetteranno il bando per la cessione di ramo d’azienda “Vistaterra”. Lo scopo dei commissari è infatti quello di recuperare quanti più soldi possibili per pagare i lavoratori e gli altri titolari di crediti nei confronti di Manital. Fra le diverse operazioni dei commissari il maxi sequestro di beni agli ultimi due amministratori delegati della società, lo storico fondatore Graziano Cimadom, e l’avventuriero acquirente dell’azienda in rosso cupo Giuseppe Incarnato per un totale di 29 milioni di euro.
E dal fallimento Manital sono nate altre realtà critiche. E’ il caso dell’appalto dei servizi pulizia delle sedi Inps in Piemonte. Nel rinnovo del bando l’Inps regionale assegna la gara con un ribasso del 48% di ore e quindi costi, per lo stesso livello di servizio. Con questo taglio i già magri stipendi dei lavoratori vengono decurtati di circa 150 euro al mese. I 45 dipendenti delle due cooperative che hanno vinto la gara, Formula Servizi e Multiservizi, arrivano a percepire meno di 300 euro al mese con un contratto settimanale di 14 ore (ma ci sono contratti anche di 7 e 12 ore). Dall’estate scorsa le lavoratrici e i lavoratori di questo appalto protestano periodicamente davanti alla sede regionale dell’Inps a Torino, ma né l’Istituto pubblico né le cooperative hanno modificato di un millimetro la loro indegna posizione.
«Un massacro ingiustificato verso noi lavoratori dell’appalto pulizie e facchinaggio Inps Piemonte.Forse i nostri datori di lavoro, le committenze che assegnano gli appalti al ribasso e il governo che non ha mai messo mano per migliorare il sistema degli appalti, anzi è sempre peggiorato, non si sono ancora resi conto che noi non siamo merce sulla quale contrattare come si fa al mercato. Siamo persone, lavoratrici e lavoratori con una dignità e con delle famiglie e delle spese da sostenere. Abbiamo bisogno di un intervento forte a livello politico, per porre rimedio alla nostra situazione e sopratutto per far sì che queste speculazioni sulla pelle di noi lavoratori abbiano fine una volta per tutte!» denuncia Stefania Calcagnolo, delegata Filcams-Cgil, sulla pagina fb creata dagli operai della MGC “OPERAI MGC – MANITAL IN PRESIDIO PERMANENTE”, che a tutt’oggi funge da bacheca per tutte le notizie che riguardano l’universo Manital.
Il 2020 ha visto anche la condanna per il crack Eutelia dalla V sezione penale della Corte di Cassazione che ha rigettato i ricorsi degli imputati e confermate le condanne della corte di appello di Firenze a carico di Samuele Landi (anni 8), Isacco Landi (anni 4), Sauro Landi (anni 2 e mesi 8) e Walter Giacomini. L’accusa è di aver distratto capitali aziendali dirottandoli verso la Svizzera su conti privati, provocando così la bancarotta dell’azienda. “Killer di aziende”, sono stati definiti nell’inchiesta parallela al Tribunale di Roma per la bancarotta fraudolenta di Agile, che ha coinvolto quasi 2000 lavoratori, più di 200 a Ivrea. Nel processo romano, dove fra le parti civili ci sono anche le lavoratrici e i lavoratori, nel dicembre 2019 Samuele Landi è stato condannato a 6 anni e mezzo. Ad ottobre ci sarebbe dovuta essere la sentenza della Corte di Cassazione, ma con lo slittamento di tanti processi a causa della pandemia, anche questo è slittato all’anno prossimo. Sarà l’ultimo atto della vicenda giudiziaria Agile: la sentenza della Cassazione per l’unico imputato non ancora condannato definitivamente, quello principale, il “capitano” Samuele Landi che ai primi sentori di indagine lasciò la nazione, anzi pure il continente per rifugiarsi negli Emirati Arabi Uniti.
Fili d’erba nel deserto
Accanto alle aziende fallite però altre realtà tengono il punto, e non sono poche. Pur nelle mille difficoltà e anche in condizioni di lavoro che non piacerebbero certo a Giuseppe di Vittorio che fu il primo a sottolineare la necessità di uno Statuto dei diritti dei lavoratori già nel congresso del 1952 della Cgil, né al giovane giurista Gino Giugni al quale fu affidato la direzione della commissione che ne curò la stesura definendo lo statuto ‘‘il frutto di una felice congiunzione tra la cultura giuridica e il movimento di massa”.
E altre ancora sono nate e crescono, pensiamo ad un’azienda metalmeccanica come la Dayco, agli insediamenti nel Bioindustry Park di Colleretto Giacosa o alla nuove aziende tecnologiche diffuse nel territorio e nella rinnovata ICO in via Jervis.
Fili d’erba verde, fresca, robusta e speriamo tenace, capace di far tornare fertile una terra inaridita da troppi falsi imprenditori.
Cadigia Perini