L’incontro con il sindaco ambientalista di Lauriano racconta la storia di un esempio virtuoso da seguire e incoraggiare, ma la situazione del consumo di suolo necessita di sforzi maggiori, anche in Canavese
«Ho fatto una cosa che reputavo molto normale e che è diventata una cosa molto strana». Con queste parole Matilde Casa, sindaco di Lauriano (comune vicino a Chivasso), ha cominciato la serata dell’8 giugno allo Zac d’Ivrea durante l’incontro organizzato da Legambiente Dora Baltea.
La storia di Matilde Casa ha dell’incredibile. Dopo un primo mandato come sindaco di Lauriano nel 2012 viene eletta con un secondo mandato, nel quale decide, con la sua giunta, di mettere mano al piano regolatore eliminando alcune zone edificabili. Tendenzialmente le amministrazione comunali più “green” hanno l’abitudine a lasciare inalterato il rapporto tra zone edificabili e zone agricole: per ogni zona trasformata in edificabile occorre che un’altra sia resa agricola, in modo da “pareggiare” i conti. A Lauriano, invece, a seguito di una delibera del consiglio comunale, la scelta fu quella di sbilanciare questo rapporto: una zona edificabile venne resa agricola. «Non c’erano motivi per edificare», ma questo atto suscitò l’ira del privato possessore di quei terreni che accusando il sindaco del “reato d’abuso d’ufficio”, denunciò Casa.
Il paradosso di questa vicenda è che se non fosse subentrato un tam tam solidale nei confronti del sindaco ambientalista, Matilde Casa avrebbe potuto rischiare da uno a quattro anni di galera (la pena prevista per il reato d’abuso d’ufficio). Il carcere per avere difeso il suolo.
Per fortuna nel 2016 giunse la tanto sperata assoluzione.
La storia, diventata poi un libro scritto in collaborazione con un urbanista di Milano, rimane un monito: a parole si è tutti ambientalisti, ma quando c’è bisogno di dimostrare con gli atti questo principio occorre essere in grado di affrontare la realtà e, laddove necessario, combattere, con i mezzi del caso.
Anche in territorio canavesano le amministrazioni non hanno alcun timore a spendere parole a difesa dell’ambiente. Giovanna Codato, assessore all’urbanistica e alla sostenibilità ambientale si è premurata di sottolineare come per Ivrea «non sia più il tempo di costruire in maniera sostenibile. Occorre ridurre lo spreco di suolo e riutilizzare le aree libere». Il tema, per Ivrea, è significativo, visto che lo scorso mese Stefano Boeri, architetto di Milano, si è aggiudicato la gara per la variante del piano regolatore. Nevio Perna, tuttavia, durante l’incontro ha ricordato che «i numeri descrivono una realtà un po’ diversa». Il rapporto ISPRA, aggiornato al 2016, ha messo in evidenza come il consumo di suolo a livello nazionale stia continuando a crescere. «L’industria del cemento è l’unica che ha avuto dei “più” nei bilanci e nonostante il contesto globale sia cambiato, quest’industria continua a spingere».
La legislazione fatica a munirsi di strumenti adatti a contrastare questo fenomeno e la mancanza di una direttiva europea in materia di consumo di suolo non ha certamente agevolato, in questi anni, la causa ambientalista. Per questa ragione si è resa necessaria la raccolta firme People4soil.
A livello locale, inoltre, i numeri non sono promettenti: stando ai piani regolatori, ad oggi sarebbe possibile cementificare circa 500 ettari di suolo: 100 ad Ivrea, 56 ad Albiano e 40 a Pavone. Tutto questo tenendo ben presente che il territorio sta attraversando una fase di decrescita demografica ed è privo di un piano industriale.
Queste tematiche, tuttavia, non possono essere affrontate a livello comunale. I temi ambientali non possono essere lasciati in mano alle singole amministrazioni per due ragioni: il loro impatto risulta insufficiente e non si può sperare di preservare le risorse naturali in un comune sì e nell’altro no. In fondo, l’aria che respiriamo valica i confini comunali; lo stesso dicasi per il consumo di suolo.
In ambito ambientale le aggregazioni comunali sono da incoraggiare. Alcune forme sono già state avanzate per risolvere problemi di natura economica e tecnica (si pensi alle Zone Omogenee): perché non favorirne altre per l’ambiente?
Andrea Bertolino