Annalisa, ventiseienne eporediese, lavora all’Asl To5, distretto di Chieri e Carmagnola, come ostetrica e nel consultorio. Le abbiamo chiesto di parlarci un po’ del suo lavoro in questo momento delicato dal punto di vista sociale e sanitario, di come è cambiato per lei, ma soprattutto per le mamme in attesa del parto e per i nascituri
In che modo sono cambiate le tue condizioni di lavoro a causa della pandemia e delle relative restrizioni?
Annalisa: La pandemia ha parzialmente cambiato le condizioni di lavoro avendo sia a livello territoriale che a livello ospedaliero attività differibili e non differibili, oltre all’esigenza di ruotare su turni insieme agli operatori di altri repartii sanitari di nuove attività dovute al covid, ad esempio il pretriage che viene effettuato all’ingresso di ogni presidio ospedaliero e territoriale, dove si controlla che i pazienti in entrata siano privi di sintomi o non abbiano avuto contatti a rischio e ci si assicura che entrino solo i pazienti con necessità di prestazioni garantite nonostante l’emergenza.
Tutto il percorso nascita (gravidanza, parto e puerperio) è garantito in ogni sua attività (esami, ecografie, visite ostetriche) e così anche il percorso per IVG, adottando le precauzioni necessarie a proteggere operatori e utenti.
Vi è stata fornita una strumentazione adeguata ad evitare il contagio?
Annalisa: Ci hanno fornito i DPI necessari, ma non in numero necessario da poterli usare correttamente (è quasi tutto monouso) per tutto il tempo dell’emergenza.
Il coronavirus ha, per quanto ne sappiamo, effetti sulla madre e/o sul neonato? Come si agisce in caso di madri positive?
Annalisa: Per quanto ne sappiamo adesso le donne in gravidanza non sembrano manifestare una maggiore suscettibilità al virus rispetto alla popolazione generale e pertanto la gravidanza non presenta da sola un’indicazione all’esecuzione del tampone per la ricerca del virus. Viene quindi eseguito il tampone e vengono attuati gli stessi percorsi che negli utenti non gravidi in presenza di sintomi lievi o acuti e di patologie preesistenti. Ovviamente le strategie assistenziali e i piani terapeutici variano a seconda dei diversi casi.
Allo stato attuale delle conoscenze si ritiene che il virus non si trasmetta per via verticale da madre a feto, pertanto ogni punto nascita continua a far riferimento al proprio percorso interno per l’assistenza ostetrica al parto vaginale (o taglio cesareo) e per il puerperio. Non è al momento raccomandato il taglio cesareo elettivo per donne con sospetta o conclamata infezione, salvo specifiche indicazioni cliniche materne e fetali. Da indicazioni regionali si ritiene comunque opportuno prevedere l’afferenza delle donne in gravidanza con tampone positivo e sintomatologia grave o ingravescente in uno degli specifici punti nascita individuati.
Per quanto riguarda l’allattamento è indicato allontanare il neonato dalla madre solo nel caso in cui questa sia sintomatica e comunque non è mai indicato interrompere l’allattamento al seno.
I padri, o comunque i partner o gli accompagnatori, sono ammessi in sala parto?
Annalisa: Sia per quanto riguarda le visite o gli esami ambulatoriali che il parto e le altre prestazioni in regime di ricovero è importante favorire ogni azione per contenere al minimo l’accesso e la permanenza in questi luoghi di assistenza e di cura e ridurre così le probabilità di contagio per gli utenti e i professionisti. Per questo motivo l’eventuale accompagnatore non deve avere accesso all’area visita, salvo in determinate situazioni valutate dal professionista (a livello consultoriale ad esempio, se c’è una barriera linguistica importante con la paziente).
Per quanto riguarda l’assistenza al parto da parte dei papà in alcuni ospedali è garantita per la durata del travaglio, parto e le due ore post parto, a patto che siano utilizzati tutti i DPI e che sia asintomatico e privo di rischio di contagio noto, in altri invece non viene fatto entrare. L’indicazione della regione è comunque quella di non far assistere i padri o un’altra persona di supporto fatte salve situazioni specifiche individuate dagli operatori.
C’è chi sostiene che le madri, per timore di contrarre il virus, finiranno col preferire partorire in casa che recarsi in un ospedale: è un’esagerazione o c’è del vero?
Annalisa: Alcune donne hanno manifestato la paura ad accedere ai servizi per visite ed esami: si ribadisce che il percorso nascita va garantito secondo le prescrizioni da Agenda di Gravidanza, con l’obbligo di adottare tutte le disposizioni di sicurezza; è comunque facoltà della donna decidere di prorogare prestazioni dopo essere stata informata dall’operatore dei tempi gestazionali appropriati per la loro esecuzione.
Il parto in casa prevede sempre l’allerta del 118 che deve essere pronto nel caso si verifichi un’emergenza a trasferire la donna in ospedale; in questo momento d’emergenza è pertanto sconsigliato visto l’enorme carico di lavoro del 118.
Non ho assistito direttamente ad un incremento di richiesta di parto in casa causa emergenza.
Il recente sovraccarico delle strutture sanitarie può risultare un problema per i bambini nati prematuri?
Annalisa: No, non credo che il sovraccarico delle strutture sanitarie influirà in modo particolare sui pretermine, in ogni caso i reparti di ostetricia e ginecologia hanno in questo momento più posti letto dato che sono sospesi tutti gli interventi ginecologici, quindi personale e spazi in questo ambito sono gli stessi di prima se non di più.
Per quanto riguarda invece le IVG (Interruzioni Volontarie della Gravidanza) si riscontrano difficoltà?
Annalisa: Premesso che parlo a livello territoriale e ospedaliero (lavorando in provincia di Torino e facendo quindi riferimento a ospedali e servizi nelle zone qui intorno) tutte le prestazioni legate a interruzione di gravidanza sono garantite. A livello consultoriale è quindi garantito l’accesso diretto e la presa in carico ostetrica e la successiva prenotazione per eventuale ecografia e rilascio di certificazione da parte del ginecologo. A livello ospedaliero continua a essere garantita l’assunzione di RU486 negli ospedali che già garantivano la prestazione e l’intervento chirurgico.
A livello di esperienza diretta ho riscontrato queste variazioni: gli interventi per IVG chirurgica (sempre effettuati in regime di day hospital) sono sospesi in alcuni ospedali piccoli, perché per riuscire a garantire una sala operatoria libera per emergenze del reparto ostetrico (tagli cesarei d’emergenza) e di altri reparti dove non sono molte le sale a disposizione, hanno sospeso tutti gli interventi programmati (interventi ginecologici, tagli cesarei programmati non in regime di urgenza); all’interno della stessa azienda però c’è sempre uno o più ospedali “grandi” che assorbono questi interventi programmati, IVG compresi.
Dal momento che i turni degli specialisti vengono spesso modificati per coprire le nuove attività connesse al covid o altre urgenze di reparto, mi è capitato di non riuscire a prenotare somministrazioni di ru486, poichè servono in turno ginecologi non obiettori, nei giorni già prestabiliti dai diversi ospedali per questa prestazione, e i tempi sono ristretti. A questo proposito però il S. Anna di Torino garantisce praticamente gli stessi spazi di prima dell’emergenza e quindi si fa eventualmente riferimento a loro quando i tempi sono particolarmente ristretti e non si riesce a trovare un posto, come già prima accadeva avendo loro un reparto dedicato. Quello che cambia quindi è che magari le pazienti devono spostarsi in qualche occasione più di prima (nella to5 ad esempio per IVG chirurgica su Moncalieri piuttosto che su Chieri, o per ru486 sul S. Anna rispetto a Moncalieri) ma in ogni caso tutte le prestazioni sono garantite. Il vero problema si riscontra probabilmente nelle realtà dove era difficoltoso già in precedenza.
Lorenzo Zaccagnini