Vodafone licenzia più di 1000 persone, 118 solo nella sede di Ivrea. Le condizioni di lavoro nel territorio eporediese continuano a peggiorare. Di chi sono le responsabilità?
Che la scure dei tagli al personale si sarebbe abbattuta anche sulla sede eporediese di Vodafone era scontato. I segnali c’erano tutti, dai primi tagli nel 2013 fino al 2019 quando l’azienda e i sindacati sottoscrissero un “contratto di solidarietà”, seguito poi da accordi per la gestione del prepensionamento e la risoluzione incentivata del rapporto di lavoro sottoscritti nel 2021 e 2022, risoltisi senza riscuotere grande adesione. L’ultimo cattivo presagio, di appena un mese fa, la riunione d’emergenza tra azienda e sindacati, dove da subito Uilcom-Uil e Fistel-Cisl si erano dichiarate aperte a eventuali soluzioni di mediazione, con solo il Slc-Cgil nettamente contrario ai licenziamenti.
Come al solito, dei padroni c’è poco da fidarsi. Altro che mediazione, il 25% degli attuali lavoratori rimarrà senza lavoro, 118 su un totale di 484, ben più del preventivato. I più colpiti saranno i lavoratori del “customer fullfilment”, i call center e chi opera direttamente con la clientela, con 77 posizioni tagliate su 185.
Le motivazioni addotte dall’azienda per giustificare gli esuberi sono da tempo note: la contrazione dei ricavi, l’ingresso di nuovi attori nel mercato, un livello di prezzi non sostenibile economicamente, la crisi energetica causata dal conflitto russo-ucraino e gli effetti della pandemia da Covid-19. Cause di carattere globale, grazie alle quali vengono sapientemente omesse le responsabilità di Vodafone: l’esternalizzazione selvaggia, portata avanti da anni dall’azienda, e la scelta deliberata di far pagare il prezzo più alto ai lavoratori.
La notizia va ad aggravare una situazione già non rosea per Ivrea, in perenne declino economico dalla scomparsa dell’Olivetti a oggi: i dati, raccolti da Unione Popolare e resi noti a fine gennaio, indicano che il reddito annuo del 30% circa della popolazione eporediese non raggiunga nemmeno i 15.000 euro.
Si paga in questo senso l’atteggiamento messianico, forse derivante proprio dall’eredità olivettiana, delle passate amministrazioni nei confronti delle grandi aziende, erroneamente considerate come unici possibili salvatori dal declino economico. Esempio eclatante la vicenda del possibile insediamento di Italvolt, risoltosi poi con un nulla di fatto nonostante le dichiarazioni fin troppo entusiastiche della politica locale.
Un atteggiamento che, nonostante la già dimostrata fallibilità, difficilmente verrà abbandonato dalla prossima amministrazione cittadina, di qualunque colore sarà.
Interventi e reazioni
Tra i primi a commentare la vicenda, il consigliere regionale PD Alberto Avetta: «Nel corso degli anni – dice – l’azienda ha spostato le risorse umane di più alto profilo nelle sedi lombarde del gruppo avviando di fatto un lento percorso deflattivo della qualità occupazionale in Piemonte. E’ assolutamente necessario percorrere ogni strada che possa scongiurare questi licenziamenti e al momento non pare esserci stato il necessario tentativo di mediazione istituzionale. Sarebbe opportuno avviare senza indugio un tavolo di crisi al quale far sedere i vertici aziendali, le organizzazioni sindacali ed anche i sindaci e gli amministratori dei territori coinvolti».
Sul territorio eporediese, il candidato della coalizione di centro-sinistra Matteo Chiantore, rivolgendosi alla giunta, sprona per aprire un tavolo: «Mettendo da parte qualsiasi divisione dettata dalla campagna elettorale in corso. C’è la necessità di un tavolo di crisi che metta nsieme le organizzazioni sindacali , l’azienda e le istituzioni superiori».
Interviene in maniera più incisiva Unione Popolare, che della difesa del lavoro ha sempre fatto bandiera, con un comunicato firmato dalla locale portavoce e candidata sindaco Cadigia Perini, che invita alla mobilitazione e offre solidarietà ai lavoratori: «Bisogna bloccare questi ultimi tagli annunciati dall’azienda, serve una immediata reazione sindacale e la mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori. Devono essere coinvolte le Regioni, e i ministeri del lavoro e delle imprese e del made in Italy: i lavoratori che si vogliono lasciare a casa fan tutto lavoro “in Italy”. Il governo deve fare un ragionamento su tutto il comparto delle telecomunicazioni, ragionamento mai avviato nemmeno dai precedenti governi.
Si è visto negli anni cosa ha portato la mancata mobilitazione – conclude Perini – Vodafone continua da 10 anni senza alcun ostacolo ad usare la forbice per conservare i profitti miliardari. Si è concesso di tutto: contratti di solidarietà, incentivazioni all’uscita, cessione di rami. E’ chiaro che va invertita la tendenza partendo dal rifiuto di ulteriori tagli. Unione Popolare esprime la propria solidarietà alle lavoratrici e ai lavoratori Vodafone della sede Ivrea e di tutta Italia e si mette a disposizione e sostegno delle mobilitazioni che auspica verranno organizzate quanto prima».
Lorenzo Zaccagnini