Per aiutarci a comprendere (anche) la vittoria di Javier Milej in Argentina l’ultimo saggio di Antonio Scurati, edito da Bompiani
“Aver smarrito il sentimento della Storia è causa di una delle grandi menomazioni spirituali della nostra
epoca” scrive Scurati in questo libro breve ma pieno di Storia e di necessità di recuperarne il senso per non
perderci completamente.
Se per duecento anni donne e uomini hanno potuto guardare al futuro con lo sguardo capace di dargli un senso e una direzione, convinti che la vita dei loro figli sarebbe stata migliore della loro e quella dei loro nipoti migliore di quella dei loro figli, di lottare per creare questa nuova realtà, hanno poi visto svanire questa realtà.Fino a oggi, quando la maggioranza degli italiani ha mandato al governo un partito di estrema destra ed esponenti di vertice con una storia che proviene dal neofascismo.
Alla nascita ufficiale del fascismo, il 23 marzo 1919, in piazza San Sepolcro a Milano, parteciparono soltanto 100 persone e alle prime elezioni politiche libere – ma Scurati sottolinea che non possono dirsi libere se a votare sono soltanto gli uomini-, “Blocco Thévenet”, la lista di Mussolini, che ha come simbolo una bomba a mano, non ottiene neanche un seggio, il futuro Duce non si arrende.
È qui che Mussolini mette in campo una politica di seduzione e violenza. Da direttore de “Il Popolo d’Italia” rivoluziona il linguaggio giornalistico: frasi brevi, comprensibili a tutti, facilmente memorizzabili e citabili, ogni frase uno slogan, quadruplicando le vendite del giornale.
Seminatore di paura, lavora sulle ansie, le delusioni, le sconfitte, il risentimento e il rancore nati nel primo dopoguerra, accanendosi sui socialisti (lui, in un altro tempo socialista e direttore de “L’Avanti) considerandoli stranieri in quanto rivolti al socialismo sovietico.
Usando frasi come “Io sono il popolo” e “Il popolo sono io” affascinando e manganellando, rese possibile che milioni di persone lo adorassero, molti lo odiassero fino a massacrarlo.
Oggi, in tempo di crisi sapendo che i nostri figli avranno una vita più difficile della nostra e i nipoti chissà, dobbiamo riprendere la lotta, ereditare l’antifascismo delle generazioni precedenti, recuperare il senso della democrazia.
gabriella bona