Essere genitori in carcere

“Teatro e affettività, il diritto di essere uomo e padre”, un incontro sui progetti in corso nella Casa Circondariale di Ivrea

Di diritto alla genitorialità in carcere si è parlato martedì 12 novembre in un incontro in Sala dorata del Comune di Ivrea con la presentazione di due attività convergenti sulla difficoltà di gestire una relazione padre-figlio/a anche stando rinchiuso in carcere.
Presente la Direttrice della Casa Circondariale di Ivrea Alessia Aguglia che ha ricordato l’importanza di mantenere le relazioni affettive per poter condurre una detenzione “dignitosa” e ha chiesto di aumentare i progetti volti ad avvicinare i figli ai genitori reclusi, il Garante delle Persone private della libertà personale del Piemonte Bruno Mellano ha ricordato che già mesi fa la Corte Costituzionale si è espressa sulla necessità di svolgimento dei colloqui tra detenuto e familiari anche senza vigilanza, come avviene già all’estero.
Quest’anno ricorre il decennale della firma della Carta dei diritti dei figli di genitori detenuti, protocollo del 2014 firmato dal Ministero di Giustizia e l’Associazione Bambinisenzasbarre, che “impegna il sistema penitenziario a trasformare gli aspetti di trattamento e cura del detenuto considerando il suo ruolo genitoriale e a cambiare la propria cultura dell’accoglienza, consapevole della presenza del minorenne innocente e libero”.
Nella casa Circondariale di Ivrea opera l’Associazione La Traccia con il progetto di supporto alla genitorialità in carcere, di cui ha parlato Irene Saporito. Il progetto punta a rimuovere gli ostacoli a un rapporto più diretto e continuativo con i figli, sia attrezzando apposite aree all’interno del carcere adatte ai bambini, sia contattando le famiglie all’esterno in modo da non spezzare un rapporto padre-figlio/a pensando soprattutto al fatto che prima o poi il detenuto tornerà a casa (se l’ha ancora) e c’è il rischio che il bambino non lo conosca più. Purtroppo per varie limitazioni carcerarie questo percorso ha potuto interessare solo una trentina di detenuti e questo indica chiaramente la necessità di estendere queste pratiche per non farne solo dei fiori all’occhiello.
Anche le videochiamate, uno dei pochi retaggi positivi dell’era Covid, sono d’aiuto per mantenere un contatto con i familiari non solo vocale.
Il progetto, iniziato un anno fa, giunge ora a scadenza e sarebbe senz’altro auspicabile venisse rifinanziato anzi venisse in qualche modo reso parte integrante delle attività della Casa (se non è solo un nome) di Ivrea.
Nella stessa direzione si è mossa l’azione del Teatro a canone che opera all’interno del carcere di Ivrea e, dopo la produzione di Fahrenheit 451 dell’anno passato, replicato anche in alcune carceri piemontesi, quest’anno ha condotto un laboratorio proprio sul rapporto tra padre e figli forzatamente separati, che verrà proposto prossimamente all’interno del carcere. Anna Fantozzi, del Teatro a canone ha sottolineato come sia stimolante per una compagnia professionistica avere l’opportunità di lavorare in situazioni difficili, anche grazie all’aiuto di volontari teatranti quali quelli della Comp. Come d’habitude di Settimo T.se.
Altra importante testimonianza quella di  Marco Vucaria, di Voci erranti, associazione onlus che dal 2000 opera nel Carcere di Saluzzo dove la Compagnia teatrale è ormai una istituzione in grado di portare i suoi spettacoli all’esterno, tanto che il suo spettacolo Amunì ha già raggiunto le 100 repliche.
Sua la riflessione finale: se al detenuto tolgo l’affettività, quando uscirà sarà un uomo migliore?
La risposta è scontata, come scontata è anche la constatazione che alle belle parole e anche ai protocolli segue spesso una gommosa resistenza ai cambiamenti e alle migliorie da parte delle istituzioni. Lo stesso interessante incontro di cui sopra invece che a pochi intimi in una saletta del Comune poteva essere occasione di un incontro allargato in una sede adeguata con la popolazione e, perchè no?, anche con parenti di detenuti.
Il Teatro a canone si propone di “mantenere uno spirito audace”. Per le varie iniziative di miglioramento della situazione carceraria forse basterebbe tenere sempre presente che l’obiettivo è la cura volta al reinserimento, non solo a spot ma con l’impegno di tutti.

Francesco Curzio