Provi il candidato a spiegare il seguente paradosso: come possa accadere che – in tempi caratterizzati da narcisismo, omologazione, egoismo sociale e indifferenza – all’esame di Stato siano uscite prove di tale profondità.
Con un solo neo…
PRIMA PROVA – ITALIANO
Il bello è che, spinti da una comica forza inerziale, il giorno prima gli studenti (e, ahimè, molti tra i loro tristi genitori) smanettavano sul toto-temi, dimostrando di non aver appreso i fondamentali.
A mettere alla prova – e seriamente ‘sta volta – i maturandi 2019 erano invece tracce non semplici ma BELLE, di certo non indovinabili.
Congedati definitivamente i polverosi temi su Ermetismo Decadentismo Poetica del fanciullino Futurismo Neoavanguardia Ermetismo Verismo Neoverismo e Naturalismo; messo alla porta l’orrido e innaturale (nel senso proprio che non esiste in Natura e chi l’ha inventato era un inutile sadico) saggio breve; archiviato il titolo argomentativo e storico, che tanti vomitevoli luoghi comuni aveva prodotto, quest’anno le possibilità tra le quali scegliere erano sette (7): due analisi del testo, tre temi argomentativi a partire da scritti da esaminare, due testi espositivo-argomentativi ancora con l’ausilio di documenti.
Dunque poesia di Ungaretti*, Sciascia con “Il giorno della civetta”, Montanari su cultura arte e democrazia, Sloman e Fernbach su L’illusione della conoscenza, Stajano sull’eredità paralizzante del Novecento, il prefetto Viana su Dalla Chiesa e strategie di lotta alla Mafia, Gatti sui rapporti tra Sport e Storia.
Da perdere l’orientamento: non eravamo il Paese dei non-lettori? Non sono piene le strade, i ristoranti, le case e perfino le scuole, di adulti ragazzi bambini spalle curve e occhi allo smartphone? Non stiamo eternamente appiccicati ai social alla ricerca magari di un ministro in slip che esibisca pancia e goffaggine in segno di normalità?
Non siamo quelli dell’hate speech contro la facile preda di turno? Il nostro umore non dipende dall’ultimo selfie con l’opzione antirughe?
Nelle scuole non abbiamo rinunciato alla sperimentazione in favore di apprendimenti esclusivamente trasmissivi? Non ci siamo incatenati da vent’anni almeno alla
comunicazione verticale passiva? Non ci limitiamo a riempire teste come secchi?
E quindi, da dove sbucano queste prove d’esame?
SECONDA PROVA – SCIENZE UMANE**
Di bene in meglio: la seconda prova parte da un testo di Serge Latouche sulla “decrescita serena” e uno di Sergio Comito sulla “economia della condivisione”, per porre due domande a scelta tra quattro, tipo – per citare l’ultima – “Quali possono essere gli strumenti di politica economica per la riduzione delle disuguaglianze?”.
Inaspettatamente poi – a dimostrazione che il mezzo è il messaggio (Marshall McLuhan) – utilizzando documenti sui quali vecchi studenti di anni ben più propensi all’impegno si sarebbero rotti la testa, questi ragazzi riflettono, scavano scrivono e stupiscono con inusitata lucidità.
ESAMI CHE INSEGNANO. ANCHE SE…
Chi ha selezionato, proposto e sottoposto questi temi agli studenti italiani (chi?) vuole forse comunicare qualcosa? Spronarci a cambiare? Provocarci?
Se è così, cogliere la provocazione, ricominciare a porsi delle domande e formulare risposte e ipotesi sarebbe un’eroica quanto necessaria impresa.
Con un’avvertenza: più donne, nei programmi e negli esami. Tra la prima e la seconda prova era del tutto assente l’altra metà del cielo, che pure produce grandi idee e sublime poesia:
Sono nata il ventuno a primavera / ma non sapevo che nascere folle, / aprire le zolle / potesse scatenar tempesta (Alda Merini).
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[Prossima puntata: esami orali]
* Ungaretti sarebbe “rassicurante” secondo alcuni commentatori, poiché già sfruttato dagli esami di quinta. Eppure questo Ungaretti è misconosciuto e difficilmente interpretabile, tanto da domandarsi “perché”. Perché non un altro autore, anzi un’autrice? Perché non Merini, Romagnoli, Maraini?
** Sono sempre più numerosi gli istituti superiori in cui è prevista la specializzazione Scienze Umane – talvolta con l’opzione Economico Social.