Molto dure le critiche all’amministrazione eporediese arrivate da più fronti per la vicenda dei bibliotecari non tutelati dall’ente pubblico.
La vicenda dei due addetti al servizio di catalogazione bibliografica presso la Biblioteca di Ivrea rimasti senza lavoro perché il Comune ha deciso di non inserire la clausola sociale a salvaguardia dell’occupazione nel rinnovo di appalto, ha suscitato indignazione non solo nei diretti interessati che hanno scritto una lettera aperta al Sindaco e agli assessori competenti, ma anche nelle forze sociali con l’intervento di Federico Bellono, segretario provinciale della Fiom-Cgil, della Camera del Lavoro di Ivrea, della segretaria del Circolo di Rifondazione Comunista Ivrea, Cadigia Perini, e anche di cittadini e cittadine, fra quest’ultimi riportiamo un commento di Ottavia Mermoz, già docente dell’Università di Torino nel corso di laurea in Servizio Sociale, “Al di là della farisaica giustificazione che la clausola sociale non è obbligatoria (chissà perchè si chiama sociale), è la sottovalutazione, la sottostima nei confronti di un servizio culturale come la biblioteca. Non molte cose funzionano a Ivrea, e la biblioteca è tra queste. La catalogazione è un elemento imprescindibile per una biblioteca a scaffali aperti. Ci si incanta sulla Grande Invasione, sul Festival della lettura -per carità evento bellissimo-, ma la biblioteca che per la lettura è come l’ossigeno, o come la pompa della benzina per le auto, la dimentichiamo? Vedere le classi delle elementari che con le maestre arrivano in biblioteca a rifornirsi di libri, muoversi tra gli scaffali alla scoperta degli infiniti mondi che grazie alla lettura diventano tuoi, è uno spettacolo che scalda il cuore. E oggi, non ce ne sono molti.“.
A questi articolati interventi si aggiunge oggi la lettera al Sindaco di Ivrea, Carlo Della Pepa, della madre di uno dei due lavoratori, uno scritto lucido, profondo e di dura critica ai singoli comportamenti e al sistema che li accoglie. La riportiamo integralmente di seguito.
Egregio Signor Sindaco,
premetto che sono la mamma di uno dei due ragazzi oggi disoccupati, dopo avere lavorato circa una decina d’anni presso la Biblioteca Civica di Ivrea per il servizio di catalogazione bibliografica.
Anche io voglio scrivere una lettera aperta per alimentare un confronto serio e trasparente, perché non mi convincono le blande risposte istituzionali date (al momento attraverso un giornale locale) ai due giovani.
Non agisco per motivi personali: è cosa intima e lacerante il dolore che si prova a vedere i propri figli espulsi/esclusi dal mondo del lavoro, senza possibilità di acquisire competenze durature, fare carriera, formarsi una famiglia, vivere in modo autonomo con dignità e serenità. Sono convinta che questi sentimenti sono comunque condivisi da molti genitori che sperimentano la mia stessa situazione, specchio di una precarietà dilagante che condanna in un limbo senza fine i giovani e i meno giovani disoccupati/inoccupati.
Scrivo invece come cittadina per dire al Sindaco di Ivrea e ai suoi Assessori che chiudono nel peggiore dei modi il loro mandato di governo della nostra città. La vicenda in questione poteva essere veramente un’occasione per una presa di posizione in un’ottica “di sinistra”, per dire basta a una flessibilità che in Italia è mera precarietà, che crea lavoratori atipici, poveri, senza diritti. Si poteva dare un segno concreto di cambiamento, infondere un po’ di fiducia nella politica. Sì, perché sono i politici che indicano gli obiettivi ultimi, fanno le scelte strategiche, rappresentano la testa della burocrazia; i tecnici eseguono.
Siamo tutti convinti che l’Amministrazione ha agito in termini legali, ci mancherebbe! Ma il punto è che se l’impiego della clausola di salvaguardia del personale non è obbligatoria, neppure è proibito utilizzarla, anzi! Forse è uno dei pochi modi per dare un minimo di dignità e rendere giustizia ai “salariati della precarietà”, come diceva Gallino.
Invece si è agito seguendo l’approccio neoliberista imperante. Procedere con la massima efficienza, cioè raggiungere l’obiettivo con il minor impiego di risorse: questo è stato l’imperativo della dirigente (“numerista” e non “umanista”, tanto per usare una più recente terminologia) che ha firmato la determina, senza preoccuparsi del destino di chi perdeva il lavoro.
Trovo poi veramente scandaloso e meschino che un Assessore dica che i lavoratori delle cooperative in fondo non sono dipendenti comunali, per esserlo dovrebbero partecipare e vincere un concorso! Ma il Comune di Ivrea non ha mai fatto un concorso per il servizio di catalogazione bibliografica (e forse neppure per altre posizioni lavorative), ha preferito ricorrere alla pratica dell’esternalizzazione, con le note conseguenze.
Sono veramente tanti i nodi critici. Non mi pare coerente utilizzare, da parte dei soggetti istituzionali, nelle manifestazioni pubbliche parole importanti come giustizia, libertà, equità, e poi in una vicenda come questa comportarsi in modo così superficiale e ipocrita.
Con tanta amarezza e delusione, chiudo le mie riflessioni e saluto
Daniela Teagno
Ivrea, 28 giugno 2017