L’importante manifestazione di maggio a Torino per la sanità pubblica ha smosso le acque e la Regione ha firmato un piano straordinario di 2000 assunzioni. I sindacati “sorvegliano” il tavolo regionale, ma sul territorio eporediese sembra che solo il Nursind, il sindacato delle professioni infermieristiche, sia rimasto a presidiare, informare e denunciare la malasanità. Perché nessun altro segue il suo esempio?
È di pochi giorni fa la notizia che il “Comitato Sanità Pubblica e per la riapertura del Pronto Soccorso di Cuorgnè” ha confermato per sabato 28 ottobre un’Assemblea di presidio davanti all’ospedale, con l’obiettivo di consolidare il gruppo e sorvegliare affinché la promessa del governatore Cirio di riaprire il pronto soccorso l’8 gennaio 2024 venga mantenuta, visto e considerato che esiste il rischio che l’annuncio “a sorpresa” sia servito solo per prendere tempo, “sgonfiare” la protesta dei cittadini (che erano riusciti a raccogliere 3.200 firme) e “smorzare” la discussione in Consiglio Regionale (l’annuncio è stato fatto l’8 ottobre; il consiglio era previsto per il 9) e soprattutto perché nel 2024 ci saranno le regionali. La strada per la riapertura del Pronto Soccorso di Cuorgnè appare ancora lunga, ma la capacità di questi cittadini, infermieri e amministratori locali di lottare e riuscire a darsi una continuità negli obiettivi prefissati può essere d’ispirazione per tutti.
Potrebbe esserlo per Ivrea, ma così non è e sarebbe utile cominciare a interrogarci sulle cause di questa mancanza. Per quale motivo un territorio sede di ospedale, con presidi sanitari di quartiere e una scuola d’infermieristica non ha più “prodotto” soggetti in grado di seguire e comunicare ai cittadini quello che succede all’interno del comparto sanitario? E dire che ci fu un tempo in cui anche i lavoratori si facevano carico della necessità d’informare il resto della società civile su quello che accadeva, come ricorderà bene qualche lettore di Varieventuali quando questo giornale ospitava l’inserto dei lavoratori della sanità “Mal’aria”.
Oggi, invece, la discussione a Ivrea è ferma al nuovo ospedale e l’unica voce che arriva ai cittadini da dentro la sanità e con una discreta regolarità è rappresentata dal sindacato Nursind risultato, probabilmente non a caso, il sindacato più votato alle elezioni RSU dell’anno scorso per l’ospedale d’Ivrea.
Ad agosto Giuseppe Summa, infermiere e sindacalista del Nursind, lanciava l’allarme sulla difficoltà di formare nuovi infermieri: «Ivrea è sede del corso di laurea in Infermieristica. Anche se, a pochi giorni dalla chiusura delle iscrizioni, i numeri sono in proporzione migliori rispetto a Torino, non si è arrivati a saturare i posti disponibili e gli stessi sono assolutamente insufficienti per le strutture della nostra Azienda».
A settembre, sempre il sindacato degli infermieri denunciava i mancati lavori di ristrutturazione della Dialisi di Ivrea e la carenza di personale, obbligando così l’ASLTO4 ad ammettere i ritardi dovuti alla mancanza del progetto esecutivo. L’ASL rendeva altresì noto che «il presidio di Ivrea rimane oggetto di importanti interventi di adeguamento normativo e potenziamento delle attività, tra i quali la realizzazione della nuova centrale termica (attualmente in corso), la nuova terapia intensiva (inaugurata da pochi mesi), la prossima installazione della risonanza magnetica e l’adeguamento delle linee elettriche principali».
A inizio ottobre il Nursind aveva poi denunciato le condizioni di lavoro di medici, infermieri e barellieri della Croce Blu impegnati nei servizi del 118, in particolare focalizzando l’attenzione sulle fredde temperature all’interno degli immobili (attualmente in via Torino 603, presso uno stabile privato affittato). «La collocazione di un impianto di condizionamento – si può leggere nel comunicato del sindacato – ha attenuato di poco i disagi, dal momento che l’attivazione in remoto non è continua. L’estate peraltro non è andata meglio per le condizioni climatiche opposte; nonostante la richiesta di interventi da parte del sindacato, ad oggi la situazione è rimasta pressoché immutata». A queste affermazioni aveva poi prontamente risposto la Croce Blu rispedendo al mittente le accuse e affermando: «smentiamo, come risulta anche dal verbale dello Spresal, l’affermazione del Nursind sul fatto che la sede sia “distante dagli standard minimi di sicurezza”».
La domanda sorge spontanea: possibile che solo il Nursind sia in grado di denunciare queste condizioni di lavoro e aiutare a fare un po’ di luce su quello che accade dentro la sanità territoriale?
Qualcuno potrebbe facilmente obiettare che la sanità sia di competenza regionale e, pertanto, sia preferibile concentrare il “fuoco” e l’attenzione ai tavoli della Regione Piemonte.
È certamente in questa direzione che ha lavorato il Comitato piemontese per il diritto alla tutela della salute e alle cure nell’organizzare la partecipata manifestazione regionale di maggio in difesa della sanità pubblica unendo ordini, sindacati, associazioni, comitati e tanti cittadini.
Da quell’esperienza è stato raggiunto un duplice risultato: non solo è stato firmato un piano straordinario dalla Regione per assumere 2.000 persone entro il 31 dicembre 2024, ma è stato altresì istituito un “Osservatorio regionale per le risorse umane nella sanità” composto dalla Regione Piemonte e dalle varie associazioni sindacali infermieristiche e mediche.
A inizio ottobre è stato confermato lo stanziamento di 175 milioni per le assunzioni straordinarie e a novembre verrà definito il fabbisogno potenziale di ogni azienda sanitaria per la ripartizione delle risorse. Il comunicato della Regione inoltre informa che “si è concluso il concorso pubblico per infermieri dell’Asl Città di Torino, per conto delle Asl dell’area metropolitana: la graduatoria dei promossi su 549 candidati sarà deliberata nei prossimi giorni. A novembre sarà poi bandito un nuovo concorso per infermieri al quale potranno partecipare 440 potenziali neo laureati”.
I prossimi mesi saranno cruciali per tirare le somme sui risultati legati a questo piano straordinario di assunzioni della Regione Piemonte, ma, come scriveva Federico Bellono (segreteria CGIL Torino) su questo giornale all’indomani della manifestazione di maggio: «occorre capitalizzare il risultato – e l’entusiasmo – di sabato in piazza sia verso la Regione Piemonte, titolare della politica sanitaria, sia moltiplicando sul territorio le azioni a difesa della sanità pubblica (strutture inadeguate, assenza di personale, a partire dai medici di famiglia e i pediatri)».
A livello locale ciò non è (ancora) accaduto, ma continuerà probabilmente a non succedere fino a quando gli attori principali che ruotano all’interno della sanità eporediese non decideranno di intraprendere la strada che porta verso l’opinione pubblica, aprendosi maggiormente al territorio divulgando e denunciando con frequenza e regolarità le inefficienze e contraddizioni che meritano di essere cambiate.
L’alternativa è manterere le cose come stanno, lasciare che di tanto in tanto qualche giornale locale riporti episodi di malasanità e “sperare” che a livello regionale le cose seguano un corso diverso, anche se di questi tempi delle cose “calate dall’alto” c’è poco da fidarsi.
Andrea Bertolino