L’onda nazionalista e regressiva ha raggiunto tutta Italia, in misura superiore alle più pessimistiche previsioni
A: Peggio di così non poteva andare!
B: Beh, sì, poteva andar peggio, poteva piovere.
A: In effetti ha anche piovuto.
Anche in Canavese alle elezioni europee la “Lega per Salvini” diventa il primo partito praticamente ovunque, con l’eccezione di Ivrea e un pugno di piccoli Comuni della zona (Banchette, Cascinette, Chiaverano, Colleretto Giacosa e Cossano) dove al primo posto si conferma il PD. Partito che a Ivrea, arrivato al 36% (4.105 voti), migliora di quasi 10 punti percentuali il 26,3% delle politiche del 4 marzo 2018. Ma si tratta solo di un “effetto ottico” determinato dal minor numero dei votanti, perché in voti reali registra un incremento di quasi 700 voti, realizzando praticamente il rientro dei 677 voti ricevuti dai fuoriusciti di LeU alle politiche dell’anno scorso.
Di 10 punti percentuali cresce anche la Lega (che passa dal 18 al 28%) e arriva a 3.188 con un incremento di oltre 800 voti reali rispetto alle politiche del 2018, mentre quasi si dimezzano i voti di Forza Italia (da 1.410 a 770) e crollano i consensi per i 5 Stelle che passano da 3.064 a 1.324 (dal 23,7% all’11,6%). Qualche decina di voti in più li racimola a Ivrea anche Fratelli d’Italia, mentre + Europa ne perde più di 300 ed Europa Verde raggiunge il 3% con 334 voti superando La Sinistra ferma al 2,5% (con 284 voti) e il Partito Comunista all’1% (117 voti). Curiosità finale anche a Ivrea, come a livello nazionale, si ferma praticamente allo 0,5% la somma dei voti delle due liste fasciste (Casa Pound e Forza Nuova) che raccolgono complessivamente i consensi di 64 elettori eporediesi.
Migliorano nell’Eporediese, come in tutta la provincia di Torino, i risultati del PD nelle elezioni regionali con Chiamparino (a Ivrea raccoglie quasi il 50% dei consensi), che però è sonoramente sconfitto in Piemonte con uno scarto di 14 punti percentuali dalla coalizione delle destre guidata da Cirio.
Destre che vengono arginate solo nelle elezioni comunali di diverse città italiane.
Nei Comuni del Canavese al voto domenica scorsa, il successo della Lega alle elezioni europee e regionali non ha effetti sostanziali sugli equilibri degli enti locali del territorio. A Caluso, Rivarolo e Strambino e in molti altri Comuni sono confermati i sindaci uscenti e anche i nuovi sindaci eletti (come a Banchette e Montalto Dora, dove i sindaci uscenti non si sono ricandidati) sono per lo più fondamentalmente in continuità con le amministrazioni precedenti o non modificano significativamente la “geografia politica” del territorio.
E nessuna modifica all’assetto dell’amministrazione eporediese arriva dalle elezioni regionali perché né l’assessore Balzola (candidato della Lega), né il presidente del consiglio comunale Borla (candidato in Forza Italia) sono risultati eletti in Regione. L’unico eletto del consiglio comunale di Ivrea, peraltro segnando un record per numero di preferenze, è Salizzoni (indipendente nel PD), che però è all’opposizione a Ivrea come lo sarà in Regione.
Tutto come prima, allora, nella “cosa pubblica” locale? Nessuno scossone all’assetto politico del territorio, se non per dinamiche tutte interne? A Ivrea saranno solo i contrasti interni alla maggioranza (o la confusa riorganizzazione degli uffici in corso o vicende e nomine negli enti controllati, a cominciare dalla fondazione Guelpa dove si è dimessa Vallino) a determinare la vita e l’attività amministrativa locale?
Certamente no. Un primo effetto diretto sulle amministrazioni locali è prevedibile che ci sia in conseguenza del cambio della guardia alla guida della Regione. Ma il voto del 26 maggio “terremota” tutto l’assetto politico del Paese ed è impensabile che non abbia effetti sul nostro territorio.
Cos’è successo il 26 maggio?
Sono state e sono molte le analisi del voto e della situazione politica italiana in circolazione, ma un fatto incontestabile è che, oggi ancor più di prima, Salvini è il primo ministro ombra di questo governo e se si arriverà presto alle elezioni lo sarà anche formalmente, non più “ombra”. E cosa significhi per la convivenza civile, le libertà e le contraddizioni sociali del nostro Paese se sarà solo al potere, lo racconta tutti i giorni dappertutto, presentandosi talvolta (persino in parlamento) in divisa per rendere il suo messaggio ancor più chiaro.
E questo succede per effetto delle elezioni europee in Italia, non in Europa dove il blocco delle destre nazionaliste raccoglie un modesto incremento (passando da 12 a 13 milioni di voti) arrivando a un 23% (diviso in tre gruppi con rapporti difficili tra loro) nel parlamento, senza alcuna possibilità di far parte della prossima maggioranza e con scarso peso nel Consiglio Europeo.
Nella UE si confrontano infatti due blocchi: quello neoliberista nazionale, che alimenta la xenofobia per nascondere i crimini sociali e umani del “libero mercato”, e quello neoliberista cosmopolita che, per gli stessi fini, utilizza la retorica antistatale e contro qualsiasi cosa sia ancora pubblica.
Oggi solo in Italia, Polonia e Ungheria il blocco nazionalista (qui da noi Lega e Fd’I) svolge un ruolo egemonico nel sistema politico e nel senso comune. Ed è alimentato da quella combinazione di paura e povertà (Mario Pianta su sbilanciamoci.info la individuava già all’indomani del voto politico dell’anno scorso) che è alla base di tutti gli “uomini della Provvidenza” e dei sistemi autocratici e totalitari. Mettici poi l’astensione crescente (arrivata al 46% degli elettori, contando il milione di schede bianche e nulle) e la vocazione al plebiscito (antico vizio italico ripreso per primo da Craxi, portato a regola da Berlusconi, addirittura certificato in statuto dal PD di Veltroni e succedanei, riattizzato continuamente dal sistema mediatico), l’affidarsi a un “capo” per cercare di risolvere i propri problemi, ed ecco la “Lega per Salvini” al 34,3% di voti.
Potrà cambiare a breve?
Appare più che altro consolatoria l’idea che anche il PD di Renzi col 40,8% di cinque anni fa ha poi fatto la fine che ha fatto, ma, a differenza del PD (che scelse di dissolverli), la Lega ha insediamento sociale e struttura (almeno al Nord) in grado di capitalizzare e sedimentare questo consenso elettorale.
Ad insidiarlo non potranno essere certamente i 5 Stelle (finiti in un cul de sac, dimostrando plasticamente quanto la negazione dello scontro tra destra e sinistra sia l’anticamera dello spostamento a destra), né il PD. Immaginare che il PD di Zingaretti possa costituire, se non l’alternativa, almeno un argine all’attuale dominio leghista è impensabile. Perché il PD, oltre ad essere la causa dell’involuzione italiana oggi palese, salvo improbabili rivoluzioni interne, nasce e vive come parte integrante di quel blocco neoliberista cosmopolita europeo, è lontano anni luce da scelte di giustizia sociale e ambientale insieme, mentre ha da troppo tempo scelto di non essere un “partito dell’eguaglianza”.
Così, il Circolo PD di Ivrea può, a ragione, rimarcare il risultato cittadino che sfiora il 50% per Chiamparino e l’elezione in Consiglio Regionale di Salizzoni e Avetta, ma difficilmente potrà, pur “spalancando le porte”, essere il centro della costruzione di “un’alternativa a tutti i livelli alle destre sovraniste e populiste: a livello nazionale e regionale, così come anche a livello cittadino, dove l’amministrazione eletta meno di un anno fa brilla per immobilismo e mancanza di visione nella soluzione dei problemi dei cittadini”.
Vicino all’insignificanza, sul piano della rappresentazione elettorale, diventa poi, dopo il voto del 26 maggio, la sinistra politica e l’ambientalismo organizzato che non superano lo sbarramento e non eleggono alcun rappresentante italiano nel parlamento europeo (e non va meglio complessivamente nel resto d’Europa dove il gruppo scende da 52 a 38 rappresentanti). Impossibile perciò che, pur essendo l’alternativa ai due blocchi neoliberisti in competizione nel mondo, possano rappresentare oggi il centro della costruzione dell’alternativa in Italia alla Lega e insidiarne il consenso elettorale.
Probabilmente l’unica via percorribile è quella di nuove aggregazioni, a partire dalle pratiche sociali e dalla condizione di ciascuno, per una resistenza di lungo periodo su tutti i terreni (civile, sociale, ambientale, culturale, religioso, etico, giuridico, democratico) ai programmi e leggi che disegnano una società ancora più disuguale, ingiusta, autoritaria, repressiva, devastante del presente e del futuro. Avendo come riferimento unificante la Costituzione e cercando di capire come l’ansia e la rabbia (largamente presenti anche nell’astensione elettorale) che oggi alimentano una dinamica autoritaria involutiva, possano aprire invece una nuova fase di emancipazione. Decisiva in questo senso la costruzione di pratiche e azioni collettive radicali che perseguano insieme giustizia sociale e giustizia ambientale.
Non ci sono scorciatoie, i danni sono gravi e i tempi per ripararli lunghi. E l’assunzione di responsabilità non può che essere di ciascuno.
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