Il Disegno di Legge sulla concorrenza approvato dal Consiglio dei Ministri del 4 novembre scorso toglie ai Comuni competenze e regala al mercato la gestione dei servizi pubblici locali.
La pandemia non ha insegnato niente, il progetto di privatizzazione dei servizi pubblici va avanti senza ostacoli, tradendo così fino in fondo il risultato del referendum del 2011. Ma c’è chi dice no a partire dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua (del quale riportiamo integralmente un intervento di seguito), ma anche altre realtà come Attac, Altraeconomia, la Rete delle Città in Comune e i movimenti che da anni si battono per i beni comuni, sono molto critiche sulle disposizioni.
Aspettando la posizione dell’ANCI (il presidente Decaro nel suo discorso di chiusura dell’assemblea nazionale appena conclusa non ne fa cenno), abbiamo chiesto al sindaco di Ivrea, Stefano Sertoli e ai candidati a sindaco nelle ultime amministrative del 2018, Francesco Comotto, Massimo Fresc e Maurizio Perinetti, un commento “a caldo” sulle disposizioni del ddl che riguardano i “Servizi pubblici locali e trasporti” (art. 6). Le loro dichiarazioni al fondo.
DdL Concorrenza: privatizzazioni su larga scala. Una dichiarazione di guerra all’acqua e ai beni comuni*
Ddl Concorrenza. La logica che muove l’intero disegno di legge, oltremodo evidenziata nell’art.6, è quella di chiudere il cerchio sul definitivo affidamento al mercato dei servizi pubblici essenziali
Era il 5 Agosto 2011 quando l’allora Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, insieme al Presidente della Banca Centrale Europea Jean-Claude Trichet, scrisse la famigerata lettera al Presidente del Consiglio Berlusconi in cui indicava come necessarie e ineludibili “privatizzazioni su larga scala” in particolare della “fornitura di servizi pubblici locali”.
Uno schiaffo ai 26 milioni di italianə che poco più di un mese prima avevano votato ai referendum indicando una strada diametralmente opposta, ossia lo stop alle privatizzazioni e alla mercificazione dell’acqua.
Oggi Draghi, da Premier con pieni poteri, ripropone in maniera esplicita e chiara quella stessa ricetta mediante il DDL Concorrenza approvato dal Consiglio dei Ministri giovedì scorso.
La logica che muove l’intero disegno di legge, oltremodo evidenziata nell’art.6, è quella di chiudere il cerchio sul definitivo affidamento al mercato dei servizi pubblici essenziali.
Un provvedimento ispirato da un’evidente ideologia neoliberista in cui la supremazia del mercato diviene dogma inconfutabile nonostante la realtà dei fatti dimostri il fallimento della gestione privatistica, soprattutto nel servizio idrico: aumento delle tariffe, investimenti insufficienti, aumento delle perdite delle reti, aumento dei consumi e dei prelievi, carenza di depurazione, diminuzione dell’occupazione, diminuzione della qualità del servizio, mancanza di democrazia. Questa norma, di fatto, punta a rendere residuale la forma di gestione del cosiddetto “in house providing”, ossia l’autoproduzione del servizio compresa la vera e propria gestione pubblica, per cui gli Enti Locali che opteranno per tale scelta dovranno “giustificare” (letteralmente) il mancato ricorso al mercato.
Nel DDL emerge chiaramente la scelta della privatizzazione. Gli Enti Locali che intendano discostarsi da quell’indirizzo dovranno dimostrare anticipatamente e successivamente periodicamente il perché di altra scelta, sottoponendola al giudizio dell’Antitrust, oltre a prevedere sistemi di monitoraggio dei costi”.
Mentre i privati avranno solo l’onere di produrre una relazione sulla qualità del servizio e sugli investimenti effettuati.
Inoltre, si prevedono incentivi per favorire le aggregazioni indicando così chiaramente che il modello prescelto è quello delle grandi società multiservizi quotate in Borsa che diventeranno i soggetti monopolisti (alla faccia della concorrenza!) praticamente a tempo indefinito. Tutto ciò in perfetta continuità con quanto previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Ed è proprio dal combinato disposto tra PNRR, DDL sulla concorrenza e decreto semplificazioni (poteri sostitutivi dello Stato) che il Governo intende mettere una pietra tombale sull’esito referendario provando così a chiudere una partita che Draghi ha iniziato a giocare ben 10 anni fa dimostrando, oggi come allora, di fare solo gli interessi delle grandi lobby finanziarie e svilendo strumenti di democrazia diretta garantiti dalla Costituzione.
L’art. 6 è un proditorio attacco alla sovranità comunale: i comuni da presidii di democrazia di prossimità ridotti a meri esecutori della spoliazione della ricchezza sociale.
E’ il punto di demarcazione tra due diverse culture, quella che considera un dovere il rispetto e la garanzia dei diritti fondamentali e quella che trasforma ogni cosa, anche le persone, in strumenti economici e merci.
Noi continueremo a batterci per la difesa dell’acqua, dei beni comuni e dei diritti ad essi associati e della volontà popolare.
A questo scopo, nelle prossime settimane, a partire dalla manifestazione nazionale in programma il 20 novembre a Napoli in cui chiederemo con forza anche lo stop alla privatizzazione delle partecipate della città partenopea (tra le quali l’azienda pubblica “Acqua Bene Comune”) paventate in questi giorni, metteremo in campo una rinnovata attivazione per ottenere il ritiro di questo provvedimento al pari del DDL Concorrenza e dei famigerati intendimenti in esso contenuti.
Facciamo appello alla mobilitazione generale, rivolgendoci alle tante realtà e organizzazioni sociali che in questi anni hanno saputo coltivare e arricchire un dibattito e una mobilitazione sui servizi pubblici locali e sui beni comuni per ribadire insieme che essi sono un valore fondante delle comunità e della società senza i quali ogni legame sociale diviene contratto privatistico e la solitudine competitiva l’unico orizzonte individuale.
* Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua (9/11/2021)
La posizione del sindaco di Ivrea e dei candidati sindaci
Abbiamo chiesto al sindaco di Ivrea e ai candidati sindaci* alle ultime amministrative del 2018 un commento “a caldo” sulla parte del disegno di legge che riguarda i servizi pubblici locali. La domanda finale era “In un momento dove viene chiesta maggiore presenza pubblica (nella sanità, nella scuola, nei trasporti locali, …) avendo la pandemia evidenziato i limiti delle privatizzazioni e del taglio dei servizi, ignorando la volontà dei cittadini che 10 anni fa si dichiararono a favore dell’abrogazione della gestione privatistica dei beni pubblici, non sembra questo dispositivo andare in direzione contraria alle esigenze e richieste del paese e delle comunità locali?”
Ecco le risposte che pubblichiamo così come le abbiamo ricevute. Ognuno potrà fare le proprie riflessioni.
Stefano Sertoli, sindaco di Ivrea (coalizione di centro-destra):
«Fermo restando che ci sono servizi essenziali che dovrebbero essere il più possibile gestiti in maniera sociale ed efficiente, nel mio ruolo di Sindaco non posso che adeguarmi a quello che Governo e Legislatore promulgano».
Francesco Comotto, Viviamo Ivrea: «Nonostante da decenni la deriva liberista del mercato abbia dimostrato la propria inadeguatezza a risolvere con equità ed equilibrio il problema di pubblici servizi sempre più carenti (quando ci sono) ci tocca assistere oggi, nell’assenza di confronto e dibattito pubblico, al tentativo di privatizzare ciò che era ancora rimasto in capo alla Pubblica Amministrazione, Comuni compresi. Il tentativo è ancora più fastidioso perché oltre a cadere dall’alto non è esplicito, ma tende a creare delle condizioni capestro per quei Comuni, magari virtuosi, che hanno sempre gestito con parsimonia ed efficienza i propri servizi. Regole e procedure che sono chiaramente indirizzate verso il privato mettendo, di fatto, la P.A. nelle condizioni di non poter più gestire in proprio praticamente nulla. Viene da chiedersi come si sia potuti arrivare ad una situazione politica e sociale dove non ci si lamenta nemmeno più e si prende per buono tutto quanto propinato dall’esecutivo essendo diventato il Parlamento solamente più un elemento di contorno.»
Massimo Fresc, M5S: «I servizi pubblici gestiti dagli Enti Locali sono la condizione ideale per amministrare, perché possono permettere un controllo democratico delle istituzioni locali, possono essere vicini alle esigenze dei cittadini, possono dare autonomia, forza e ricchezza alle comunità. Sebbene quindi sia prioritaria, resta il fatto che in taluni casi la gestione pubblica ha dato pessimi risultati per incompetenza, interessi illegittimi, collusioni e condizioni oggettive che non hanno permesso un offerta competitiva rispetto alla gestione privata. La gestione delle autostrade italiane, con il crollo del ponte Morandi, ha mostrato dove può portare la gestione privata quando mancano ferrei controlli pubblici e contratti che tutelino l’interesse pubblico. Localmente, nonostante l’esito del referendum sull’acqua pubblica, viviamo sulla nostra pelle i limiti e l’infinita distanza della società per azioni SMAT dai cittadini e dalle amministrazioni comunali spesso inascoltate. Abbiamo bisogno di una politica attenta ai diritti e bisogni di noi cittadini, di persone oneste che tutelino l’interesse pubblico, che possano valutare senza pregiudizi quale tipo di gestione dei servizi sia più vicina alle persone.»
Maurizio Perinetti, PD: «Le disposizioni previste dal “DDL Concorrenza” sono orientate a rendere più oneroso, in termini di procedura, il ricorso all’affidamento “in house” dei servizi pubblici da parte degli Enti Locali: una scelta sbagliata. Non va certamente negata la condizione di poter garantire la libera concorrenza, come previsto dalle normative europee, ma lo strumento dell’affidamento in house può costituire una importante e utile modalità di scelta per la gestione dei servizi pubblici. In questo ambito, come in tutti del resto, non bisogna avere visioni ideologiche: vanno fatte le scelte che meglio garantiscono il servizio ai cittadini. In alcuni casi questo è sicuramente garantito meglio da una gestione pubblica, in altri da una gestione privata. Le attuali norme per l’affidamento “in house” sono già abbastanza orientate all’obbligo di motivare una tale scelta da parte di chi la attua. Credo che su questo tema gli Enti Locali rappresentati dall’ANCI interverranno per rappresentare la necessità di una modifica del DDL approvato dal Consiglio dei Ministri.»
a cura di Cadigia Perini
* Nota fuori contesto: sono tutti uomini, l’auspicio è che alle prossime amministrative anche Ivrea, come tanti comuni più piccoli del nostro territorio, sappia candidare anche delle donne.