Covid 19, sì, no, boh, mah!

Vorrei tentare di rispondere a Matilde Lo Valvo e alla sua lettera sul tema Covid 19,fatta arrivare a questo giornale.

In un periodo pandemico in cui sembrano smarrirsi i lumi della ragione, – “Il vaccino non è obbligatorio, ma se non ti vaccini sei contro la libertà” – (questa l’ho sentita in Tv da parte di un qualificato commentatore), è chiaro che esprimersi, per quelli come me, che non si vergognano di appartenere alla categoria degli emotivi e dei rincitrulliti dalla pandemia, è molto, ma molto difficile. Tuttavia, proprio il fatto che del Covid si sia parlato troppo, scaricando sulla collettività un diluvio di informazioni spesso contraddittorie, mi spinge a considerare innanzitutto la via della semplificazione.
Sul tema delle certezze acquisite, questa pandemia sembra almeno averne definita una, e cioè che il virus esiste, è pericoloso, e ti può avviare all’altro mondo. Il virus dunque fa paura e, naturalmente, con la paura non si scherza; la paura è una componente emotiva dell’animo umano e, in quanto tale, ti conduce a non distinguere più il vero dal falso. Sotto il tallone della paura si vive male, perciò si cerca una soluzione, possibilmente tempestiva, in grado di liberarci dall’ansia, in modo da ritornare in fretta alla cosiddetta vita normale. Di soluzioni oggi ce ne sono due: la prima te la offre la celebrata scienza con il vaccino, la seconda te la offri tu stesso attraverso il principio di rimozione della paura, che si alimenta sia negando l’esistenza stessa del Covid, come è stato fatto da molti all’inizio della pandemia, sia ridimensionandone la pericolosità, sia diffidando del vaccino.
Ad oggi in Italia i dati, vado a memoria, dicono che l’85% circa della popolazione ha scelto, (più o meno liberamente, ma questo è un altro discorso) la prima modalità antistress, mentre il restante 15% la seconda. Si sono così creati due schieramenti contrapposti che, una volta presa la loro decisione, non hanno fatto altro che tirare acqua al loro mulino, confortando le proprie idee, giuste o sbagliate che fossero. La contrapposizione non ha mai cercato i toni del confronto dialettico utile al bene comune, trasformandosi subito in uno scontro fazioso ed anche apertamente violento. Sempre stando ai dati ufficiali, gli stessi ci dicono che i contagi e i morti nel nostro paese, rispetto all’anno scorso, sono calati di netto avvalorando maggiormente l’opinione e la scelta della maggioranza che si è vaccinata.
Ciononostante, l’odio fra le due parti si è vieppiù inasprito come se i vaccinati, non paghi del successo ottenuto, volessero stravincere sui non vaccinati, azzerandoli nel numero e anche nelle idee, perlopiù delegittimate a livello di pura farneticazione. I vaccinati adesso sanno che il vaccino offre solo una copertura parziale in termini di durata e di efficacia ma, siccome la loro paura inconscia esige il 100% di sicurezza, auspicano la vaccinazione di tutta la popolazione nazionale, poppanti compresi, e poi di quella mondiale, rincorrendo il virus attraverso ripetute somministrazioni di siero. Per contro, i non vaccinati, sempre per esorcizzare la fifa, escludono dalla loro scelta anche le normali regole di prudenza e di buon senso, come l’uso della mascherina, rifluendo quindi nell’atteggiamento negazionista.
Riassumendo, la maggioranza degli italiani ha più paura del Covid, mentre la minoranza ha più paura del vaccino. Entrambe però continuano ad avere paura. Al momento, sembrerebbe che il nemico principale non sia il covid, ma le persone che non si vaccinano. Quando l’intero mondo sarà vaccinato, secondo la maggioranza e anche secondo qualche scienziato che in tv si è espresso nettamente dicendo: “Bisogna vaccinare tutti con le buone o con le cattive” allora l’attenzione potrà concentrarsi di nuovo su quel che resta del virus, individuandone oggettivamente il grado reale di temibilità. Francamente, io la vedo dura sull’ipotesi che si possa vaccinare e rivaccinare il mondo ogni sei mesi. E questo mi sembra un argomento di discussione. In questa condizione ancora transitoria, il solco divisivo precipita sempre di più le due parti antagoniste nel baratro dell’odio civile.
Come succede nei momenti di crisi, quando si è dominati dall’insicurezza, le persone diventano trasparenti, rivelando la loro vera natura e quindi anche il grado della loro vulnerabilità, il grado della loro credulità, il grado della loro manipolabilità e anche il livello della loro capacità critica. Questa pandemia attesta più chiaramente il livello della nostra condizione umana. Nell’insieme, si stanno verificando spaccature sociali, amicizie troncate, liti e lacerazioni in famiglia, minacce sui social, scontri ed esasperazioni che, insieme alla crisi economica, aumentano il disagio della popolazione tutta. In questo contesto, il diritto alla libertà di vaccinarsi o meno, peraltro al momento ancora garantito dal governo, viene messo curiosamente in discussione, soprattutto a sinistra, teorica paladina delle minoranze mentre trova, almeno episodicamente, sostegno a destra e questo sarebbe già un altro buon tema, a mio avviso, di riflessione anche se sento già la vocina che dice: “La destra titilla i non vaccinati per garantirsi voti in prospettiva elettorale”. L’obbligo vaccinale, posto che sia giuridicamente applicabile secondo la costituzione europea, si dovrebbe giustificare in nome del principio superiore di tutela della salute pubblica, un principio che subordina e relativizza tutti gli altri. Il sindacato, invece, e parlo del sindacato come istituzione che dovrebbe essere tra le più sensibili ai diritti delle minoranze, lo auspica per evitare le grane dovute al green-pass, che diversifica la condizione dei lavoratori. Se ne può dedurre che, per i sindacati, la gestione dei lavoratori sia più facile se questi si comportano tutti allo stesso modo. Parimenti, si potrebbe pensare, banalmente, che anche la gestione dell’intera popolazione italiana e mondiale sia più facile se tutti fossero vaccino dipendenti, costantemente spaventati e quindi più predisposti all’ubbidienza.
Questo pensiero potrebbe però veicolare il sospetto che si assecondino tesi complottiste, finalizzate all’imposizione di un nuovo ordine mondiale con relativo controllo delle masse, cosa che non è nelle mie intenzioni anche se, per quel niente che capisco, un processo di rimodulazione e omologazione sociale è già in corso da tempo attraverso la globalizzazione. Riprendendo il filo della semplificazione, la maggioranza vaccinata esibisce dunque dati ufficiali che confortano la sua scelta e si accaparra anche la superiorità morale della stessa, mentre la minoranza senza vaccino contesta maldestramente questi dati, non riuscendo però a fornire prove evidenti della loro falsità.
Secondo questo schema, dunque, perché continuare a discutere sul tema covid? Perchè continuare ad alimentare polemiche e divisioni? Perché non assumere semplicemente il fatto che numeri, scienza e caduta dei contagi danno ragione alla maggioranza? Se il criterio di valutazione è quello della semplificazione binaria, di qua o di là, e la questione vaccino è già stata risolta a favore del sì, la semplificazione si chiede: “Che altro c’è da dire?”. Eppure i dubbi permangono, insieme alle polemiche e alla paura, anch’essa molto o anche esageratamente strumentalizzata dai media. Molti, non dimentichiamolo, si sono rivolti allo psicologo. Perché, dunque questo clima? Se tralasciamo la diatriba sui vaccini e le teorie sui complotti, il dibattito potrebbe allora dirigersi sul diritto alla libera scelta di vaccinarsi o meno, su quello di manifestare in piazza e sul diritto alla tenuta democratica.
Tutti questi diritti, direi sacrosanti, sono però sempre più invisi proprio alla maggioranza che, sempre in nome della presunta tutela della salute, considera la minoranza in toto, senza ulteriori distinzioni, come appestatrice o prevalentemente farneticante. In risposta a Matilde, è stato detto che la pandemia è un mezzo di distrazione di massa, atto a distogliere l’attenzione dai veri problemi che ci affliggono, come il lavoro che va rotoli, le pensioni da difendere, i rincari delle bollette e dei prezzi, la disoccupazione, la povertà crescente, l’inflazione che incombe ecc.. . In questa affermazione, colgo l’implicita ammissione che della pandemia si possa fare un uso strumentale per far passare, più facilmente, riforme e provvedimenti impopolari.
Sarebbe bello, veramente, che i veri problemi venissero finalmente risolti, in modo da neutralizzare la strumentalizzazione della pandemia, magari vedendola regredire attraverso una semplice cura che la riduca a più miti pretese. Riconoscere, comunque, che la pandemia si presti a possibili strumentalizzazioni, apre almeno la porta alla liceità del dubbio, quello ragionevole che, per nessuna ragione appunto, deve essere trattato come un fuorilegge. Il dubbio sposta l’ago della bilancia dall’egemonia della semplificazione all’opportunità dell’approfondimento.
Anche la scienza si rafforza nel dubbio e nella sperimentazione, attraverso il metodo della prova e dell’errore e se sbaglia lo fa esclusivamente attraverso gli scienziati di cui non sempre c’è da fidarsi, in quanto uomini capaci di spedire sonde su Marte, salvarci dal vaiolo o dalla polio, come di costruire bombe atomiche. E’ chiaro che se, a metro di giudizio universale, assumiamo lo scientismo e magari, per esempio, ci accontentiamo di una politica ambientalista di facciata, (greenwashing, per chi non amasse l’italiano), allora il dubbio andrebbe a farsi benedire, lasciando spazio alla soluzione a senso unico del vaccino. Tempo fa, avevo sentito che era allo studio una pillola miracolosa capace di evitarti di soffrire quando il fidanzato o la fidanzata ti lasciano, poi non se ne è più parlato. Peccato, perché questo vaccino, somministrato agli uomini, potrebbe preservare molte donne dal subire violenza. Anche la natura, che si ribella all’inquinamento, reagendo attraverso i fenomeni catastrofici che conosciamo, potrebbe essere domata per mezzo di un super vaccino tecnologico, capace di catturare l’anidride carbonica. Di ristabilire un rapporto di amicizia e rispetto tra gli umani e l’ambiente, neanche a parlarne, (ci vuole troppo tempo e non è immediatamente remunerativo) tanto meno da parte della politica, come indica il sostanziale balletto del Cop26.
A me la lettera di Matilde è piaciuta molto, perché punta sul dubbio come metodo di analisi. Non me ne importa più di tanto se si confonde sui numeri. Chi non lo fa in questo periodo, dal momento che anche i numeri sono fluidi e variano rapidamente come le statistiche? E non mi importa niente nemmeno che sembri ingenua nell’appellarsi al buon senso del padre di famiglia, anzi. A me la sua voce piace perché, stando in mezzo al solco tra le fazioni belligeranti, auspica un dibattito garbato. E proprio in questo garbo sta tutta la forza del suo intervento. L’inaudito, l’evento eccezionale oggi, non è il covid, ma l’umiltà e il tono di chi si pone, con sincero interesse, a interrogare la verità. Matilde è una persona che, ce l’abbia in tasca o meno, non ha bisogno del green-pass per sentirsi viva e pensare con onestà di intelletto. E quindi, spero di poter poi entrare di più con lei nel merito delle questioni che pone, insieme a quelli che dubitano in buona fede. Per il resto, in questa nostra epoca sempre più di fiction, dove la vera dittatura non è quella sanitaria, ma quella dell’ipocrisia, io confido che il covid, come un leone che non può mangiarsi tutte le gazzelle, pena il morire di fame, stanco di mutazioni e di bucare i vaccini o di depotenziarne l’efficacia, allenti prima o poi la presa, seguendo, almeno lui, la traccia di quelle vie naturali che noi, in quanto umani, abbiamo smarrito da tempo.

Pierangelo Scala