Qualche riflessione sulle varie manifestazioni “No mask” e sul loro pensiero
Studiare l’inglese, in modo tradizionale, non è più necessario. Grazie agli “anglicismi” o “anglismi”, che stanno inesorabilmente colonizzando la lingua italiana, tutti impareremo l’inglese. Si tratta di un vero esproprio, una conversione subliminale della terminologia nostrana a favore di quella inglese. Anche giornalisti e personaggi della cultura sfoggiano l’inglese persino dove le nostre parole abbondano e, anzi, definirebbero meglio i concetti in questione.
Farà figo, ma questa pratica comporta progressivamente, a mio parere, la dimenticanza della nostra meravigliosa, ma non da tutti amata, lingua italiana. L’ultimo anglismo, che ho sentito spifferare, è “Clipfire”, breve illustrazione filmata di un rogo accidentalmente o volontariamente appiccato in quel di Sardegna o dove altro si preferisce. Il penultimo è “Hotspot” inteso come punto di raccolta e di smistamento degli emigranti.
Il covid 19, nell’attualità del momento, ha introdotto anche il termine “cluster”, vocabolo di disarmante chiarezza che fa le veci dell’italico e snobbato “focolaio”. Nella frenesia di un vivere sempre più velocizzato, tutto avviene “Asap” e il processo di decelerazione imposto dal Covid 19 non risulta accettabile.
Sono quindi nati movimenti di cittadini che hanno scrutato, nella pandemia in corso, l’ennesimo raggiro planetario ai danni dell’ingenuità popolare. Il Covid 19 sarebbe, per costoro, più insidioso, come strumento per instaurare una dittatura sanitaria limitativa delle libertà fondamentali, che non come minaccia per la salute.
Come da copione, questo movimento di protesta, già palesatosi in manifestazioni di piazza sia a Londra che a Berlino, si è acceso anche in Italia all’insegna dell’anglismo “No mask”.
In piazza, a Roma, c’erano quelli che avversano l’uso delle mascherine in quanto ritenute inutili di fronte a un virus non letale e principalmente strumentalizzato per terrorizzare la plebe.
La plebe che, invece, stava in piazza, smascherata ed esuberante anche negli sputacchiamenti provocatori a favor di telecamera, si dichiarava, questa volta in italiano, “non negazionista” ma “risveglista”. Infatti, una volta assaporata la verità, non c’è nulla di più frustrante, per un risveglista, che constatare l’indifferenza del prossimo nei suoi confronti. Di qui la necessità, appunto, di svegliare i dormienti ingrati che ancora dubitano e negano.
A conti fatti, dunque, per i risveglisti, i veri negazionisti sono tutti quelli che, sfrontatamente, nonostante la verità a disposizione, si ostinano a riconoscere la perniciosità del virus, tirando in ballo decessi per Covid 19, che, invece, sarebbero imputabili ad altre patologie solo casualmente coabitanti con il virus stesso. Chi dunque ha ragione?
Spulciando sui social, i “risveglisti” mettono in guardia dal “Deep state” ovvero dai poteri occulti che tirerebbero le fila della baracca mondiale, una squadra di potenti disposti a tutto pur di stabilire un nuovo ordine completamente asservito ai loro intenti. La globalizzazione che, annullando le differenze culturali, riduce tutto ad un unicum più omogeneo e quindi più facilmente controllabile, sarebbe solo il primo passo per realizzare questo obbiettivo. Il covid 19 lo strumento, loscamente programmato, per spaventare le persone e renderle più sottomesse. Gli alleati dei “No mask” sarebbero mister Trump e Putin, gli unici due che non farebbero parte dell’oligarchia sovrana dei poteri occulti.
Non disconoscendosi del tutto la mancanza di scrupoli insita nei meccanismi del potere e la distruttività progressiva della legge del profitto, i “risveglisti” o “complottisti”, in genere, potrebbero anche conquistarsi una patente di credibilità, invece non fanno altro che sguazzare nella melassa confusionaria.
Il loro tallone d’Achille risiede soprattutto nella presunzione di verità, nella debolezza argomentativa e nella carenza di pensiero critico di chi li segue sui social. E’ stupefacente constatare come molti risveglisti, sposata la causa complottista, non nutrano più dubbi di sorta.
Forse tutto ciò è tipico dell’entusiasmo del neofita che, probabilmente privo di motivazioni personali, non vede l’ora di adottare quelle preconfezionate da altri.
Sentire una “madre coraggio risveglista” dichiarare ancora oggi, come se fosse un nobel della medicina, che il virus non ha mai ucciso nessuno, è sconcertante così come sentir dire che è proprio con i tamponi che si inocula il covid nelle persone. Con sicumera esagerata i “complottisti non negazionisti – no mask” sentenziano verità incontestabili vaticinando anche, in qualche caso, la prossimità dell’Apocalisse.
Per contro è vero che il “mainstream” è piuttosto incline a stigmatizzare il pensiero negazionista piuttosto che a confrontarsi con esso.
Di recente, ho sentito dire che il Covid 19 ci ha colti del tutto impreparati trovandoci privi di modelli alternativi di vita. Modelli alternativi di vita!
A mio parere, è proprio la cosa di cui meno abbiamo bisogno. Quello di cui necessitiamo è la vita piuttosto che il suo qualsivoglia modello, la vita come fonte di analisi, come pratica del pensiero razionale e dell’arte, se mi permettete, di dubitare. Dubitare è il verbo italiano che vince su ogni anglismo, la sonda che cerca di scandagliare, più in profondità, il mare in sommossa delle certezze fasulle.
Pierangelo Scala