La redazione “la Fenice” del carcere di Ivrea per me è stata un opportunità di crescita e di responsabilizzazione e soprattutto di cambiamento.
Un cambiamento che nasce dal confronto, da un incontro importante, dalla scoperta di passioni diverse da quelle che mi hanno portato in carcere. Cambiare per chi è in carcere non è un percorso lineare, la persona che vuole cambiare è sempre in bilico perché tutti intorno la considerano la stessa persona di sempre. Riuscire a cambiare non è facile, specie per persone logorate da anni di galera, come per esempio me che sto scontando la stessa pena da ormai quasi 10 anni. Come si fa poi a cambiare se le persone detenute passano tutto il loro tempo a vivere con il codice penale in mano, tra istanze, reclami, ricorsi, se la loro vita è fatta di un’attesa spasmodica di una qualche decisione del Magistrato, della Direzione, di chi deve classificarti, di chi deve trasferirti?
A chi mi guarda con compatimento rispondo che sono contento di credere a ciò che scrivo e mi fa pena chi non crede nella possibilità di poter tirar fuori qualcosa di buono da ogni essere umano, detenuti compresi.
Nessuno cambia da solo se lasciato a oziare tutto il giorno in cella, è fondamentale per il detenuto confrontarsi con realtà diverse da quelle che lo hanno portato a determinate scelte di vita.
Il carcere chiuso porta a chiusura mentale e se le istituzioni o chi di dovere continuano a guardarlo e giudicarlo attraverso il suo fascicolo giudiziario, il passato gli si imporrà sempre sul presente.
Sono stato tra i tanti giovani a cui il carcere ha offerto o proposto poco o nulla come strumenti per poter cambiare, ma anzi, nelle esperienze precedenti non ha fatto altro che peggiorarmi e incattivirmi e rendermi una persona che che non faceva altro che sentirsi vittima di un sistema cieco e sordo.
Negli anni questo ha fatto nascere in me una grande voglia di rivalsa nei confronti delle istituzioni e della società, che ritenevo complici perché non facevano nulla per provare a occuparsi di cambiare le cose.
Oggi ho imparato grazie soprattutto a questa redazione a dare una direzione alla mia rabbia, ma soprattutto ho cercato di farla diventare un punto di forza a mio favore, usandola come strumento di lotta per cambiare le cose attraverso la scrittura e la comunicazione.
La redazione della Fenice per me è tutto questo. È sicurezza che se uno vuole le cose possono veramente cambiare.
Sconto una condanna definitiva, dal 2013 ad oggi ho girato alcune carceri ma mai nessun Istituto di Pena era stato all’altezza di offrirmi una tale opportunità, grazie soprattutto all’interesse e alle iniziative di Olivia che fondò questa redazione 5 anni fa e grazie anche a Francesco che provvede a far avere voce ai nostri articoli.
Sono qui al carcere di Ivrea dal maggio dell’anno scorso e ho cominciato a frequentare la redazione per passare il tempo cercando di stare il più lontano possibile dalla sezione e dalla cella, dalle dinamiche carcerarie fatte di discorsi inutili e partite altrettanto inutili di carte o intere giornate a guardare la TV o passeggiare su e giù per il corridoio della sezione, a subire la negatività di alcuni detenuti e ascoltare i soliti discorsi da carcere.
Col tempo la redazione per me è diventato un vero e proprio punto di riferimento con cui ho trascorso 7 mesi di carcerazione nella pace e nella serenità più totale, passo il mio tempo sfruttandolo al meglio in redazione con riunioni motivazionali, scambio di idee e opinioni, confronti sui più vari e disparati argomenti, aggiornamenti su temi attuali e importanti, e ogni volta che vengono Olivia e Francesco discutiamo del nostro lavoro e delle cose che ci sembrano più opportune scrivere e su come farlo. Si parla di ipotetiche iniziative per portare le nostre testimonianze di sbagli e di errori alle scuole medie e superiori, ipotetici permessi per poter partecipare alle varie iniziative con tema il carcere e i detenuti come ad esempio l’iniziativa allo “ZAC” alla quale avrei dovuto anche partecipare ma purtroppo mi è stata negata questa possibilità.
La mission della redazione non è attaccare qualcuno o qualcosa ma è in primo luogo il poter fare arrivare la nostra voce al di fuori del carcere, spiegando in alcuni casi anche come si sta realmente in carcere, nella convinzione che prima o poi qualcosa cambierà e che cambierà in meglio.
In questi 7 mesi posso tranquillamente affermare di aver imparato tante cose, come lo spirito di condivisione, l’ascolto di opinioni altrui senza per questo dover litigare con chi non la pensa come te come di solito succede tra detenuti che restando per troppo tempo in sezione senza nessuna attività seria da portare avanti si incattiviscono e riempiono di odio e tristezza e il litigio è quasi un avvenimento, qualcosa che ti porta fuori dalla solita routine del carcere.
Ho constatato che le critiche costruttive mi hanno insegnato ad accogliere il pensiero degli altri su di me e a prenderlo come stimolo per migliorarmi.
La redazione della Fenice è un vero e proprio faro in mezzo a un mare fatto di oscurità, di lentezza, pesantezza, aggressività e tristezza, un faro nella notte che mi sta guidando sempre più verso la luce, non per niente ero uno di quei ragazzi che doveva partecipare all’iniziativa dello “ZAC” a cui tra gli altri partecipanti vi era anche Ilaria Cucchi Senatrice della Repubblica Italiana.
Sono stato uno dei ragazzi che ha parlato personalmente con la Senatrice Cucchi quando è venuta in visita qui al carcere di Ivrea e vedendola interessata al nostro lavoro mi si è riempito il cuore di gioia e di speranza e oro sono più convinto di prima che tutto quello che facciamo in questa redazione non è assolutamente tempo perso, che si sta muovendo qualcosa, lentamente certo, ma qualcosa sta cambiando, tutto questo per me è la redazione La Fenice.
La redazione è stata chiusa per motivi burocratici per poco più di 2 settimane nelle quali mi sono sentito perso e abbandonato a me stesso.
È bello sapere che la mattina quando mi sveglio ho qualcosa da portare avanti con impegno costanza e dedizione e non mi interessa nulla personalmente se non è un attività retribuita, posso consigliare e spronare altre persone a non commettere gli stessi errori che ho commesso io, con la mia esperienza e con il prezzo che ho pagato penso di essere un testimone credibile sull’argomento.
Mi piace quando vengo in redazione, in particolar modo quei primi 10 minuti in cui mentre fumo una sigaretta ancora non ho deciso di cosa scrivere o se scrivere o meno e ascoltare solamente musica, cosa che non faccio quasi mai, scrivere è una cosa che mi piace molto e mi aiuta a sfogarmi, qui ci danno voce, quella voce che non abbiamo mai avuto, qui è possibile esistere agli occhi dei molti lettori che seguono il nostro lavoro.
A volte vengo qui anche a rilassarmi staccando per un po’ di tempo la mia mente dalle vicissitudini carcerarie, dalle situazioni delle quali non ho nessun tipo di interesse.
Oppure stare a sentire detenuti che si lamentano delle loro condizioni e/o della situazione carceraria in Italia, senza però che facciano nulla per cercare quantomeno di cambiare la propria condizione.
Come potete immaginare la Redazione non è solo un luogo dove scrivere articoli, ma un vero e proprio luogo dove ognuno di noi trova il suo piccolo spazio di intimità personale, dove sei te stesso e basta e puoi comunicare con gli altri senza sentirti giudicato o non apprezzato.
Dovrebbe esserci una o più redazioni tipo queste in ogni carcere d’Italia.
Senza dimenticare che la scrittura è un modo costruttivo per sfogarsi e tirare fuori le cose che si hanno dentro e che non riesci magari a tirare fuori a voce.
Penso che alla fine non tutto è perduto. Che c’è ancora una speranza per me. Penso che c’è del bello e del buono in tante persone volontarie che si danno da fare per noi detenuti che siamo dimenticati da tutti ma non da queste persone di grande umanità che ci aiutano a passare meglio la nostra carcerazione.
Grazie di vero cuore a tutti voi. E un grazie speciale volevo dedicarlo soprattutto a Olivia e Francesco i quali non si stancano mai di supportarci e motivarci.
Senza la redazione e senza poter scrivere, la mia vita qui all’interno di quest’Istituto sarebbe completamente diversa.
Un ringraziamento speciale anche alla Direzione e Amministrazione di questo Istituto se ci permetteranno nuovamente di poter accedere alla redazione e pubblicare gli articoli, per questo ho voluto scrivere cos’è la redazione per me.
Spero che possa servire a tanti altri detenuti che come me troveranno la forza di voler cambiare in meglio.
Questo luogo mi ha permesso di riconsiderare tutta la mia vita e mi ha convinto a darmi un altra possibilità per vivere meglio il mio futuro. Grazie a tutti.
un redattore
Ivrea, 17 Marzo 2023