“I must level with you, level with the British public. Many families, many more families, are going to lose loved ones before their time”.
(trad. “Devo essere sincero con voi, sincero con il pubblico britannico. Molte famiglie, molte altre famiglie, stanno per perdere i propri cari prima del tempo”).
Queste le parole di Boris Johnson, Primo Ministro britannico, in una conferenza stampa tenuta il 12 marzo davanti a giornalisti e telecamere di tutto il mondo.
Se pensiamo alla situazione in cui si trovava l’Italia in quel momento, bloccata sotto severe restrizioni ma ciononostante con un alto tasso di mortalità, è strano sentire queste affermazioni da parte di una figura di spicco dalla quale dipendono le decisioni di una nazione. Era comprensibile che queste dichiarazioni creassero stupore e allo stesso tempo sconcerto nella popolazione britannica.
Le sue parole mi hanno lasciato esterrefatto, in quanto seguivo le vicende inglesi guardando la BBC, il canale televisivo nazionale britannico e i fatti che avvenivano in Italia tramite continui aggiornamenti dei miei genitori. In Inghilterra si stava vivendo una situazione che in Italia si era già verificata tre settimane prima. L’Italia era per me il passato da seguire per quanto riguardava le precauzioni da adottare. Ho infatti vissuto l’emergenza coronavirus in differita, come se vivessi nel futuro. All’inizio però questa situazione mi sembrava troppo lontana e quindi non la prendevo seriamente, anche perché le notizie dei mass media italiani mi sembravano troppo allarmistiche e allo stesso tempo la vita in Inghilterra scorreva regolarmente (abbracci, assembramenti nei parchi, … ). Ciononostante, cercavo di mettere in pratica le cautele principali quali lavarmi le mani con accuratezza, mantenere il distanziamento sociale da coloro che mi circondavano ed evitare di scambiare saluti tramite strette di mano o abbracci, assecondando così i consigli dei miei genitori.
Facendo un salto indietro alla prima settimana di marzo, quando in Inghilterra il problema non era minimamente sentito ma in Italia il virus si stava diffondendo drasticamente e il nostro Paese stava diventando la “Cina europea”, mi infastidiva che i compagni inglesi vedessero noi italiani con diffidenza e come possibili “untori manzoniani”. “Hai il virus?” oppure “allontanati un po’ perché magari hai il virus”, erano frasi che ci sentivamo ripetere a scuola da parte di ragazzi inglesi o internazionali.
Discutendone tra compagni, una ragazza inglese ha affermato che era giusta la politica di Johnson che, in nome della salvaguardia dell’economia del Paese, non intendeva attuare il lockdown chiudendo scuole, pub, ristoranti e ogni altra attività ricreativa e aperta al pubblico: il virus avrebbe infatti colpito mortalmente soprattutto anziani e immunodepressi, i quali sono comunque mantenuti dallo Stato e sono dunque sacrificabili per il bene dell’economia. Subito dopo all’interno del gruppo si è sentito qualche bisbiglio di approvazione, ma fortunatamente anche di dissenso. Ero incredulo. Non riuscivo a immaginare come una persona potesse esprimere queste idee, così lontane da un pensiero etico e di rispetto del prossimo. Sono intervenuto ricordando che tutti godiamo del diritto alla vita e che ogni componente di una società è funzionale alla società stessa e perciò non esistono cittadini di serie A o serie B.
In seguito ai discorsi del Primo Ministro britannico Boris Johnson, si è manifestata una paura collettiva per la sopravvivenza individuale che ha generato episodi di “assalto ai supermercati”. Come avvenuto in Italia dopo la conferenza del presidente del consiglio Giuseppe Conte, quando affermava che tutta l’Italia sarebbe diventata zona rossa, molti punti vendita sono stati presi d’assalto. In Inghilterra, i più richiesti sono stati prodotti igienizzanti di vario tipo quali carta igienica, sapone e liquido per piatti, ma anche pasta, carne, pane, alimentari in lattina e in scatola come fagioli, tonno e chili. Inoltre non erano più reperibili nei negozi e nelle farmacie mascherine e gel igienizzante. La situazione era scioccante e tra i clienti aleggiava un clima di guerra, come se nell’immediato futuro si potesse verificare una carestia. Oltre ad anziani e immunodepressi, anche i key workers erano danneggiati da tale situazione. Questi, che svolgono un servizio essenziale per la collettività, sono lo staff NHS (National Health Service – sistema sanitario inglese), le forze dell’ordine, i vigili del fuoco, i farmacisti, le compagnie distributrici di medicine, i lavoratori della catena di produzione alimentare, … che terminato il loro orario di servizio andavano nei supermercati per acquistare prodotti di prima necessità e trovavano gli scaffali completamente vuoti.
Per arginare o almeno limitare questo problema, molti supermercati hanno imposto dei limiti sulle quantità di articoli che si sarebbero potuti acquistare per ogni tipo di prodotto. In aggiunta, il Governo ha imposto delle fasce orarie durante le quali le suddette categorie potevano effettuare gli acquisti.
Tuttavia la maggior parte di coloro che si recavano nei supermercati non indossava i guanti e nemmeno la mascherina e non c’era inoltre la tendenza a rispettare il distanziamento sociale. Nei giorni successivi la situazione ha iniziato a essere più critica, poiché il numero di persone contagiate iniziava ad aumentare.
Il 18 marzo il College è stato chiuso tra i festeggiamenti dei ragazzi inglesi e lo sconforto di noi studenti internazionali che sapevamo che ci avrebbero consigliato di tornare a casa. Inoltre, nella conferenza stampa avvenuta nella stessa giornata, il Governo aveva annunciato nuovi provvedimenti per la valutazione dell’anno scolastico. Era ormai certo che la mia permanenza in Inghilterra non sarebbe durata ancora molto.
Il 19 marzo ricevo una e-mail dal College nella quale si suggerisce agli studenti internazionali di tornare a casa. Si sono quindi avverati i miei timori.
Il 28 marzo rientro in Italia.
Oggi in Inghilterra i contagi stanno aumentando esponenzialmente e a questo proposito posso dire di essere stato fortunato a cogliere il momento esatto per tornare a casa. Infatti, se in Italia si comincia a intravedere una luce di speranza, purtroppo la Gran Bretagna è appena entrata nel tunnel causato da Covid-19.
Niccolò Ranfagni