Leggendo “Le Scienze” di febbraio, edizione italiana della rivista di cultura scientifica “Scientific American”, mi ha colpito la concomitanza di ben tre articoli che trattano di sesso.
Non è una rivista pornografica, la sessualità è trattata in termini biologici ed evolutivi
Due di questi lavori sono brevi comunicazioni alquanto tecniche.
Il primo riporta uno studio pubblicato su Proceeding of the Royal Society che indaga sull’utilità del sesso in quanto processo riproduttivo lento e dispendioso (anche se divertente) rispetto a processi più rapidi e semplici che non implicano la ricombinazione del patrimonio genetico; i ricercatori hanno analizzato la replicazione di un piccolo crostaceo planctonico, Daphnia magna, che si riproduce sia sessualmente sia asessualmente: 6000 esemplari sono stati divisi in due gruppi stimolati a riprodursi secondo le due diverse modalità. Sorpresa! Il sesso fa bene alla salute (non avevo dubbi) la discendenza generatasi tramite processo sessuale è risultata più resistente alle malattie.
Il secondo articolo riferisce un’indagine statistica dell’Università Duisburg-Essen secondo cui più del 40% dei maschi intervistati, non single, acquisterebbe un automa per fare sesso!
Il terzo, a firma Giorgio Manzi illustre paleoantropologo, mi ha molto incuriosito riportando alla memoria particolari che appresi nei miei studi universitari (il secolo scorso), ma che avevo dimenticato. In sostanza l’articolo recensisce una pubblicazione scientifica apparsa su Proceeding of the Royal Society che tratta l’evoluzione di un particolare osso presente in molti vertebrati terrestri, ma non nella specie umana: questo particolare anatomico è definito scientificamente baculum, ma in italiano si chiama osso penico (ci siete arrivati?). Orbene, molti mammiferi possiedono questa sorta di viagra anatomico naturale e tra i primati, famiglia a cui appartiene la nostra misera specie, solo gli ominidi ne sono privi mentre lo possiedono tutte le scimmie anche le grandi antropomorfe, come gorilla e scimpanzé; pare sia comparso in un mammifero ancestrale precedente la separazione tra carnivori e primati (145-95 milioni di anni fa).
Si registra una correlazione tra lunghezza del baculum e durata della penetrazione: specie a copula prolungata tendono ad averlo più lungo. Le specie poligame o ad accoppiamento stagionale lo possederebbero poiché un robusto baculum inibirebbe successivi accoppiamenti premiando il primo arrivato; sarebbe stato perso anche a causa del mutamento di abitudini coniugali con il passaggio dalla poligamia alla monogamia (sempre pensato che non fosse una sana abitudine).
Ebbene, l’articolo cita il ritrovamento a Laetoli (Tanzania) di un Australopithecus (specie ancestrale di ominide) di circa 3,6 milioni di anni fa in cui il modello dominante sarebbe stato la poligamia, quindi i maschi dei nostri parenti estinti dovevano essere provvisti di baculum che sarebbe scomparso in seguito per l’emergere della monogamia, evento coinciso col profondo cambiamento rappresentato dall’apparizione del genere Homo. Però non si è ancora rinvenuto un fossile di baculum umanoide, dunque siamo ancora nel campo delle ipotesi.
Che il sesso faccia bene alla salute, oltre ad essere essenziale per il rimescolamento genetico, è confermato anche nei piccoli crostacei, alla faccia di Lord Chesterfield che nel 1700 affermò: “la posizione è ridicola, la fatica tanta, il piacere effimero”. Il secondo articolo pare confermare il luogo comune secondo cui i maschi pensino mononeuronalmente ad una sola faccenda!
Per quanto concerne il baculum… lascio alla fantasia delle gentili lettrici ogni considerazione di ordine fisico, metafisico e filosofico, ricordando che nel sudest asiatico il baculum di tigre è soggetto a stravagante commercio in virtù delle sue proprietà afrodisiache.
Diego Marra