A quasi un anno del riconoscimento di Patrimonio Mondiale dell’UNESCO a “Ivrea Città industriale del XX secolo”, venerdì 7 giugno la città avrà finalmente la sua targa ufficiale collocata alla “Portineria del Pino” in via Jervis 11.
«Sarà una giornata nella quale tutta la città dovrà sentirsi coinvolta», esorta il sindaco di Ivrea, Stefano Sertoli. E sul bel sito Ivrea Città Industriale si legge sulla giornata: “Alla cerimonia saranno presenti i rappresentanti del Centro del Patrimonio Mondiale UNESCO e della Commissione Nazionale Italiana UNESCO, del Ministero dei Beni e Attività Culturali, di Regione Piemonte e Città Metropolitana, i Sindaci del territorio, la Fondazione Adriano Olivetti ed altre Autorità civili e religiose nonché i rappresentanti delle proprietà degli edifici riconosciuti nel sito Patrimonio Mondiale. L’evento sarà accompagnato da una serie di iniziative gratuite nell’area dichiarata Patrimonio Mondiale destinate alla cittadinanza e ai visitatori. Visite guidate e narrate. Nello spazio adiacente al Salone dei 2000 saranno allestite le mostre “Le Mani pensanti”, “Un tuo ricordo” e “Le scuole per Ivrea, città industriale del XX secolo”. Alle Officine H sarà visitabile la mostra Digital.Future.Now dell’Associazione Archivio Storico Olivetti e saranno visionabili lavori e progetti degli Istituti superiori di Ivrea. Il Museo civico Garda sarà aperto nel pomeriggio di venerdì (orario: 9,00 alle 13,00-14.30-18.30) – con la mostra “Piccoli tasti, grandi firme – l’epoca d’oro del giornalismo italiano (1950-1990)”.
Una giornata piena, un ricco programma. Insomma una giornata di festa!
Eppure … sento un disagio, e non sono la sola. Chi in via Jervis ci ha lavorato per anni, chi alla Portineria del Pino (maiuscolo anche se è nome comune, perché è un protagonista di quei luoghi, anche se è un cedro…) ci è entrato e uscito migliaia di volte, si è dato appuntamento, si è scambiato un arrivederci, un bacio, una stretta di mano, prima di iniziare o uscire dal lavoro, un po’ di tristezza la sente. Perché quando i luoghi del lavoro diventano storia … è una brutta storia.
Non fraintendete, siamo contenti del riconoscimento!
Anche se in realtà quegli edifici, quelle architetture, quegli spazi, non da oggi hanno ricevuto riconoscimenti e in tutto il mondo, nel campo dell’architettura, del paesaggio industriale. Poi, cancellato il lavoro, queste aree uniche sono state lasciate nelle mani del declino, del degrado, dell’abbandono. Fino a quando la Città di Ivrea decise di provare la carta UNESCO, hai visto mai che si riesca ad invertire la tendenza. Una carta costata quasi mezzo milione di euro nella sua prima fase (quella per arrivare al riconoscimento) e la scommessa Ivrea l’ha vinta! Così “Ivrea Città industriale del XX secolo” diventa il 54esimo sito riconosciuto dall’UNESCO in Italia. Siamo il paese con più siti materiali, orali e immateriali del mondo! Siamo ricchi! Sì, ma soprattutto di bellezze, perché mantenere la “certificazione” UNESCO ha i suoi costi. Ma siamo tranquilli, perché il ritorno in termini di crescita esponenziale di presenze sul territorio colmerà e supererà di sicuro i costi, nevvero? Certo occorrerà lavorar sodo, Ivrea non è più città con grande ospitalità alberghiera o strutture simili. E non è proprio al massimo della sua forma fisica…
Eh, sì! Ivrea deve cambiare passo e fare qualche corso di ospitalità… Naturalmente ci sono eccellenti eccezioni, ma tali rimangono.
E soprattutto Ivrea deve valorizzare, dare valore e sviluppare, quello che ha: il “patrimonio Olivetti“, tutto. Non solo le architetture, ma tutte quelle storie umane, tecnologiche, sociali, di cultura, tutte le bellezze che conserva nascoste qua e là. Non c’è persona che arrivando a Ivrea non chieda “Dov’è il museo Olivetti”? Li si porta a “Tecnologic@mente”, a passeggiare in via Jervis, nel percorso del MAAM (sperando che sia tutto in ordine), si parla loro dell’Archivio Storico Olivetti, custode prezioso del tesoro olivettiano, della bellissima mostra per i 100 anni di Olivetti sacrificata in uno spazio limitato (nemmeno tutta esposta) a Villa Casana, … (mentre si cerca di star lontani da La Serra, dall’area del Convento), … ma manca totalmente un progetto, un coordinamento, un filo conduttore, spazi, guizzi creativi, arte. Veramente per quanto riguarda l’arte possiamo nutrire qualche speranza… L’Eporediese è terra di artisti veramente unici, originali, generosi, pieni di inventiva. Mi sono imbattuta in questi giorni nelle elaborazioni grafiche di Alessandro Chiarotto e Invisibile Ivrea che hanno “dipinto” sui muri della città alcuni dei famosi manifesti Olivetti. Un effetto che colpisce l’occhio e il cuore. L’idea è stata presentata all’amministrazione comunale che sembra l’abbia accolta con favore. Dovrebbe partire a breve con un progetto pilota che coinvolgerà anche altri artisti del territorio per rendere concreta una realizzazione che trasformerebbe radicalmente il volto, spesso grigio (periodo di carnevale escluso…) della città.
Torniamo al lavoro
Ma torniamo alla targa alla Portineria del Pino, torniamo al lavoro. In quel tratto finale di via Jervis ancora negli anni 80 eravamo in 4-5mila a lavorarci. Ci lavoravano ancora gli ultimi operai all’Officina H. Attraversavo l’officina per arrivare prima alla portineria dell’Aurora (ora Vodafone), i pavimenti e l’aria erano intrisi d’olio, l’olio dei torni, un odore che ancora riesco a sentire con la memoria. Quanti eravamo, da tutt’Italia, da paesi diversi, Inghilterra, Malta, Australia, Francia, Stati Uniti, … Noi indigeni avevamo il privilegio di avere un mondo attorno a noi, senza spostarci. Sono nate amicizie con ragazzi d’oltre confine che ancora resistono. Amori che ancora resistono. Abbiamo mischiato culture, colori, saperi e sapori, una ricchezza. Io, prima della famiglia a lavorare in Olivetti, ho iniziato alla Olteco (Olivetti Telecomunicazioni) nella palazzina blu, il Centro Studi, nel gruppo della Documentazione e dopo un paio di anni mi sono spostata di qualche metro alla ICO, nella Direzione Documentazione Olivetti. Era come lavorare in una casa editrice: c’era chi scriveva i manuali, chi li impaginava, chi faceva le foto dei prodotti, chi disegnava, chi traduceva, … Si lavorava e ci si formava, avevamo il privilegio di avere corsi e seminari con professori universitari, tutto questo dentro la nostra ICO. E poi la mensa, il parco del Convento, la biblioteca, l’emeroteca. Erano solo gli anni 80, sembra un secolo fa, e infatti tutto quello oggi è “solo” storia.
Per questo addolora vedere quelle grandi vetrate per lo più vuote, la fabbrica dei mattoni rossi, vuota. E leggere nel programma della giornata di festa per l’inaugurazione della targa Unesco, tanti ospiti importanti, c’è anche Confindustria Canavase, a rappresentare gli imprenditori, ma non c’è nessuno che rappresenti il lavoro, i lavoratori. Eppure, Ivrea è città industriale del XX secolo, perché ci abbiamo lavorato, abbiamo creato, ingegnerizzato, sviluppato, progettato, in tante e tanti, uomini e donne, classe lavoratrice.
Cadigia Perini
Ringrazio Alessandro Chiarotto per aver concesso l’uso delle sue creazioni