Fulvio Seren Rosso, figlio di Partigiano, uomo conosciuto e stimato per il suo grande impegno civico, ci ha lasciato lo scorso 6 settembre.
Solitamente veniamo chiamati a salutare i Partigiani che ci hanno lasciato. Questa è la prima volta che ricordiamo qualcuno che è nato dopo la guerra, ma la questione quasi non si pone, perché Fulvio è stato e sarà sempre, lui stesso, un Combattente per la libertà.
Partigiano perché lo fu suo padre, che gli consegnò un’eredità di opere, azioni, pensiero alla quale lui non venne mai meno. Antifascista fu anche sua madre, molto attiva in Ivrea. Quella in cui Fulvio visse è una famiglia nella quale l’impegno sociale non è mai venuto meno.
Perciò noi qui, oggi, lo salutiamo come un vero Partigiano. Soltanto l’anagrafe lo ha fatto nascere dopo, ma lui fu sempre, totalmente, dedito alla lotta civile. Sempre impegnato in Bellavista, ad Ivrea, ad Alpette dove operò il padre, fu per molti anni nel Direttivo dell’Anpi, e nel Comitato provinciale. Ricordo quando andavamo a Torino, oppure incontravamo gli alunni delle Scuole.
Era prodigo di racconti che venivano dalle esperienze famigliari. Episodi che attraverso di lui, testimone indiretto dei vecchi Testimoni, andavano a formare la coscienza delle nuove generazioni.
Lo voglio ricordare così, Partigiano fra i Partigiani, con il suo impegno, e il carisma che gli derivava da tutta la sua famiglia. Uomo saggio e riflessivo, guida insostituibile. Un grande abbraccio a Daniela, ai suoi fratelli, ai suoi figli, a tutta la sua famiglia.
Ciao Fulvio, raggiungi in pace tuo padre “Tarzan” e tutti i combattenti che ci diedero libertà e democrazia. Tu, ora, sei uno di loro.
Mario Beiletti
Proprio quando, sulle sponde della Dora ad Ivrea, il Presidente ANPI Mario Beiletti saluta Fulvio affermando che anche lui entra a pieno titolo fra il novero dei Partigiani, per una strana associazione di idee il pensiero corre ad un fatto che ci raccontò un Partigiano Biellese:” Molti Distaccamenti della 2.a Brigata “Pensiero” scesero dai monti alla pianura per trovare condizioni meno rigide. Attraverso la Serra scendemmo a Cossano, e da lì, per andare a Cuceglio dovemmo guadare il fiume.
L’acqua era abbastanza alta e molto fredda. Io ero piccolo di statura, i compagni mi sorreggevano perché non mi entrasse l’acqua in bocca, ma caddi lo stesso in una buca e venni sommerso. Giunto dall’altra parte, portato dai compagni, cominciarono a prendermi in giro, ma mi avevano salvato la vita e ci mettemmo a ridere tutti insieme”.
Il nome di battaglia del Partigiano era Tarzan, proprio come si faceva chiamare Guglielmo, il papà di Fulvio. Il fiume era la Dora, qualche chilometro più a valle di oggi.
C’è un posto dove le memorie, le piccole storie che raccogliamo, formano geografie sentimentali e di lotte, quasi sempre perse, tutte pervase dalla ricerca di un’idea condivisa di come si sta insieme, e dell’Umanità. Fulvio era un esempio in questa ricerca, e si poteva contare su di lui quando bisognava attraversare i momenti in cui le speranze di un mondo più giusto si affievolivano.
La corrente delicata a cui lo abbiamo consegnato oggi forse ci potrà portare a quella nuova Resistenza di cui c’è tanto bisogno.
Luciano Guala