Così così: non erano preparati ad affrontare il fenomeno, nonostante gli intoppi principali siano dovuti al “campanilismo” territoriale e alla scarsa volontà politica di esporsi. Ecco perché ora si punta ai Consorzi
Il sistema di accoglienza istituzionale, il volontariato e la solidarietà proveniente da diversi soggetti canavesani ha dimostrato come il territorio sia dotato di validi “anticorpi sociali” in grado di affrontare la questione dei migranti senza alimentare paure o azzardare proposte poco lungimiranti.
In un momento storico nel quale le destre riprendono vigore servendosi proprio della paura per lo straniero il fatto che il Canavese disponga ancora di questi “anticorpi” può essere considerato un buon punto di partenza per affrontare i problemi futuri.
Ma la società civile, per quanto motivata, incontra i suoi limiti nel momento in cui non riesce a trovare un valido interlocutore nelle istituzioni.
E allora sorge la domanda: come si sono comportati i Comuni del territorio su questo tema?
Fino a questo punto hanno dominato politiche “campaniliste”. I Comuni non hanno cercato una cooperazione con le amministrazioni circostanti e ognuno ha pensato di poter risolvere il problema in maniera isolata. Affrontare un problema che non tiene conto dei “confini territoriali”, tuttavia, non si è rivelata una scelta lungimirante e recentemente in alcuni comuni del territorio si sono verificati atti di protesta.
Ad ottobre a Settimo Vittone era stata firmata una lettera nella quale 200 abitanti si dichiaravano contrari all’arrivo di nuovi immigrati; un’analoga situazione si era verificata a Burolo nel novembre 2016.
Certo non sarebbe corretto “fare di tutta un’erba un fascio”, visto il risultato positivo ottenuto nel comune di Cossano Canavese, ma è ormai evidente a tutti i soggetti che si occupano di migranti che il “campanilismo” ha fallito e che la gestione dei migranti va ripensata.
I Comuni sono stati sufficientemente collaborativi, ma non hanno voluto affrontare la questione in prima persona. Esporsi su un tema così delicato in un momento in cui i soldi faticano ad arrivare rischia di tradursi in un “costo politico” che nessuno vuole spendere. Non va anche dimenticato che, a settembre 2016, le cooperative avevano un credito di 3,5 milioni di euro e che la mancanza di questo denaro potrebbe comportare rallentamenti e intoppi.
Per superare tutto ciò i Comuni hanno deciso di passare attraverso l’istituto dei Consorzi.
All’interno del territorio canavesano sono presenti 3 diversi Consorzi socio-assistenziali, che racchiudono al loro interno comuni di tre aree diverse e che hanno come finalità la gestione collettiva di servizi altrimenti troppo dispendiosi. Il CISSAC è il Consorzio che racchiude i comuni dell’area intorno a Caluso; il Consorzio In.Re.Te è il più grande e racchiude al suo interno più di 50 comuni, tra cui Ivrea, mentre il Consorzio CISS 38 riguarda l’area di Rivarolo Canavese.
Il 21 dicembre 2016 è stato firmato il primo protocollo d’Intesa tra CISSAC e Prefettura di Torino. 20 dei 21 Comuni aderenti al Consorzio hanno concordato di confermare l’accoglienza di 188 migranti, redistribuendoli in maniera più equa e calcolando la redistribuzione sulla base del numero di abitanti. Ai comuni più grandi un numero maggiore di migranti, a quelli più piccoli un numero inferiore.
Il 22 dicembre, inoltre, anche il Consorzio In.Re.Te si è riunito per votare la realizzazione di un protocollo d’Intesa da presentare alla Prefettura entro la fine di gennaio.
Solo il CISS 38 al momento è fermo, anche se non è da escludere che l’operato degli altri due consorzi lo spinga a fare altrettanto.
Andrea Bertolino