“Il passaggio dalla scuola materna alla scuola primaria è davvero un salto, un passaggio importante nella crescita del bambino.” Abbiamo chiesto ad alcune maestre di raccontare questo “passaggio interrotto” per i loro scolari e scolare: Gabbianelle fermate in volo.
Come Gabbianelle fermate in volo
C’è un momento magico che si verifica sempre, nel corso del primo quadrimestre, quando si insegna in una classe Prima. Il momento in cui il bambino scopre, quasi stupito di se stesso, di aver imparato a leggere.
Ricordo un mio alunno di qualche anno fa: era forse ottobre o novembre, l’avevo chiamato vicino a me, alla cattedra, durante l’intervallo, e gli avevo chiesto di leggere alcune paroline, formate dalle sillabe che avevamo già imparato. Lui mi aveva guardata stupitissimo e mi aveva detto “Ma io non so leggere!” , io l’avevo invitato a tentare lo stesso e lui…ha letto: “Me-La…Mela; Lu-po…Lupo; Pe-ra…Pera”, e ogni parolina che leggeva era sempre più sorpreso e mi guardava con gli occhi sbarrati.
Ecco, per me questo bambino è l’emblema della classe Prima: lo stupore.
Lo stupore nello scoprire di aver imparato a fare, non una cosa qualsiasi, ma qualcosa che ti apre un mondo nuovo, qualcosa che diventa veramente una chiave per entrare nel Mondo, il mondo “dei grandi”, il mondo vero, il mondo di tutti, perché se sai leggere sei padrone, in qualche modo, di accessi che fino a quel momento ti erano negati. La Prima è tutta così: una serie di scoperte e di apprendimenti continui, nella lettura, nella scrittura, ma anche nelle abilità sociali; nella capacità di fare le cose da solo, a partire dal fare la fila a coppie, all’andare in gruppo in bagno, da soli, senza la guida della maestra, come invece accadeva alla scuola dell’infanzia, in cui ci si sedeva insieme sulle panchine ad aspettare che tutti avessero lavato le mani…
La Prima è una serie di acquisizioni continue di abilità e di autonomie.
Si impara ad aver cura delle proprie cose, a ritirare gli oggetti nell’astuccio e nello zaino, a stare con gli altri davvero, a fare ulteriormente a meno dell’intervento costante dell’adulto, un processo che era già iniziato alla materna, ma che sicuramente si amplifica e si accelera alle elementari. Si impara un po’ di più a cavarsela da soli, un percorso che, ovviamente, dura tutta la scuola primaria e forse tutta la vita, in cui la Prima, però, segna proprio il momento di passaggio. E non mi riferisco solo all’inizio della Prima, ma all’intero anno scolastico. Si impara a litigare e anche a fare pace, ad accettare un po’ di più l’assenza dell’intervento dell’adulto, a sentirsi grandi rispetto ai compagni che si sono lasciati alla materna, a sentirsi un po’ più grandi anche nei confronti dei genitori. E di conseguenza cambiano una serie di dinamiche e di relazioni anche fuori dalla scuola. E’ questo uno dei grandi danni, sicuramente non il solo, che si è verificato quest’anno: bloccare,di colpo e senza preavviso, l’entusiasmo, lo stupore , lo slancio della scoperta, dell’imparare, dell’uscire dal guscio, del diventare grandi.
I bambini di classe Prima sono come la Gabbianella.
La Gabbianella che scopre finalmente di essere in grado di volare, parte, decolla… ma viene fermata in volo, mentre sta appena assaporando l’ebbrezza di quel momento e le sue ali sono ancora un pochino stropicciate… Le viene imposto di scendere, di tornare, non solo a terra, ma nel nido. Ecco è questo il danno e il grande rammarico, l’aver interrotto il primo volo.
Giovanna Mazza – Scuola Primaria di Bollengo
Nutrire le menti dei futuri cittadini
In questa fase di grave emergenza, la didattica a distanza (dad) rappresenta l’unica opzione possibile per tentare di proseguire le attività didattiche e mantenere una comunicazione/relazione con allievi e responsabili dei minori.
Ciò ha comportato una forte attivazione, purtroppo non guidata in modo efficace dal Ministero Istruzione, dei docenti, impegnati a strutturare percorsi fruibili con gli strumenti tecnologici, e delle famiglie: senza la loro preziosa e costante collaborazione i risultati della dad sarebbero fallimentari, soprattutto per i bimbi/e della scuola dell’infanzia e delle classi della primaria, in particolare prima e seconda.
La didattica a distanza non può e non deve sostituire la Scuola.
La Scuola prima palestra di vita dove si impara dai pari, si dialoga, si partecipa, si conoscono anche fatica, a volte frustrazioni, si condividono le routine quotidiane dal pranzo ai giochi ricreativi. Nessuna classroom virtuale potrà sostituire le attività di lavoro cooperativo, le discussioni, gli apprendimenti autentici, senza accennare alle uscite a teatro, in biblioteca, ai corsi di acquaticità e in palestra…E non si dimentichino le fasce più deboli, per svariati motivi, che non sono facilitate dalla dad, anzi la “forbice” diventa sempre più ampia.
Apprezzabile lo sforzo del Governo di fornire i tablet a chi ne è sprovvisto, di avvalersi della consulenza in remoto di tecnici messi a disposizione delle istituzioni scolastiche, ma occorre ripartire con investimenti mirati, costanti, diffusi in tutte le istituzioni scolastiche del Paese, invece “le macchie di leopardo” sono ancora troppe con disuguaglianze laceranti.
È improponibile non riaprire le scuole a settembre.
Certo riaprire con modalità che garantiscano al massimo la salute: turni, test sierologici, dispositivi di protezione, sostituzione del personale che potrebbe assentarsi (impensabile, se infezione non scompare, pretendere di non sostituire fino a 9/10 giorni usufruendo di piani interni di sostituzione, come da molti anni avviene). E perché non ipotizzare ed organizzare una fase sperimentale di rientro graduale, compatibilmente con il calo dell’infezione, a giugno e parte di luglio? Il congedo di ferie dei docenti avrebbe potuto essere concentrato per tutti in uno stesso periodo. In tal modo, favoriti dalle condizioni climatiche, la ripresa sarebbe stata graduale, i bimbi avrebbero ricominciato e le famiglie avrebbero potuto riorganizzarsi…
Per aiutare a diventare Cittadini responsabili e pensanti, è prioritario “nutrire le menti”.
P.S. La maggior parte dei bimbi di prima che sto seguendo mi inviano disegni, pensierini, messaggi vocali in cui esprimono nostalgia per la scuola, i compagni, le attività svolte; alcuni (una minoranza) preferiscono che siano i genitori a mantenere i contatti. Il rischio è che si “possano chiudere” nel guscio protettivo della famiglia, faticando poi nella ripresa.
Alice Ferrari – Scuola Primaria Adriano Olivetti Ivrea
Il diritto di diventare grandi
Innanzitutto quello che mi viene in mente di dire è che il passaggio dalla scuola materna alla scuola primaria è davvero un salto, un passaggio importante nella crescita del bambino. Sia per l’entusiasmo che ci mettono i bambini perché percepiscono questo passaggio come un momento di crescita, “diventano grandi”, vanno a quella che è la scuola vera e propria, per loro, nel loro vissuto, e questa loro percezione è legata a quella dei loro genitori che sicuramente vivono la scuola materna un po’ come una sorta di aiuto, di collaborazione domestica, mentre invece vivono la primaria come il primo vero impatto con l’apprendimento e con la possibilità di nuove conoscenze, perché ci sono poi anche i voti, la valutazione, e quindi un momento fondamentale.
Fondamentale anche per la socializzazione.
Sì, perché comunque alla scuola dell’infanzia il bambino ha questo modo molto egocentrico di vivere i rapporti coi compagni, di stare coi compagni, di giocare con i compagni e quindi la scuola primaria è anche il momento in cui si inizia a sviluppare un rapporto più empatico, più di condivisione reale con gli altri. E poi si viene in quella che per me è la parte più importante, quella delle abilità cognitive perché oggi le neuroscienze ci dicono che il pensiero e le abilità cognitive in generale, quindi anche la memoria e l’attenzione, dipendono certo molto dai fattori genetici, dai fattori ereditari, ma non solo.
Più il bambino è piccolo più l’ambiente, gli stimoli, i giusti esercizi, il giusto modo di farli, possono andare ad impattare sulle sue abilità cognitive fino a modificare il quoziente intellettivo.
Quindi un bambino di 6 anni, un bambino che ha appena iniziato l’avventura della scuola, è più penalizzato di altri, perché è proprio questo il momento durante il quale un insegnante può andare a recuperare là dove ci siano nel bambino delle carenze, dei prerequisiti mancanti, e potenziare invece quelli che già ci sono. Io credo moltissimo nel valore di una Prima ben fatta, credo che sia in senso assoluto l’anno più ricco di soddisfazioni per un insegnante, perché è l’anno davvero in cui tu vai ad impattare, a modificare, a rafforzare determinati meccanismi. Tra questi sottolineo in modo particolare quelli dell’aspetto grafo-motorio, che così tanto viene oggi trascurato nelle scuole dell’infanzia in generale e anche nelle famiglie, nel vissuto quotidiano, in particolare: bambini che si muovono meno, che usano pochissimo le mani … ancora di più hanno bisogno, secondo me, di essere aiutati ad impostare correttamente il gesto grafico e questo è un lavoro già molto faticoso da fare in Prima, perché si tratta appunto di recuperare un qualcosa che non c’è, e in più può essere fatto veramente solo in Prima. Per cui questa interruzione dovuta al Coronavirus davvero per i bambini di classe Prima è un danno, secondo me, irreversibile, perché quello che è perso, quello che non può essere fatto in questo momento, lo farai sì in seconda, ma non avrà lo stesso valore, perché le tappe di sviluppo dei bambini sono quelle, se passano sono passate anche delle possibilità, delle potenzialità. Parlando di quelle grafo-motorie già siamo un po’ in ritardo nell’affrontarle come scuola primaria in generale quindi davvero penso che sia deleteria l’impossibilità di utilizzare un intero quadrimestre che tipicamente viene utilizzato per impostare il corsivo, per impostare la scrittura. Poi, cosa ovvia è che, se per un insegnante di Seconda o Terza è difficile mantenere il rapporto con i suoi alunni, sia dal punto di vista relazionale che da quello più strettamente metodologico e didattico, per un insegnante di Prima è quasi impossibile, perché appunto tutta questa parte, ad esempio, di impostazione grafo-motoria non ci può essere: non puoi farla con una videochiamata, non puoi pretendere che il genitore faccia fare al bambini determinati tipi di attività, quindi è impraticabile e impossibile da realizzarsi.
Più difficile anche curare la parte comunque di rapporto emotivo, perché più i bambini sono piccoli più è faticoso anche questo aspetto.
Sicuramente è più difficile anche per i genitori, magari sono un po’ facilitati quelli che hanno figli più grandi, perché non hanno pratica di quello che è la scuola, di quello che l’insegnante può richiedere, a che cosa dare maggiore importanza, quindi è più difficile anche per i genitori seguire un bambino di questa fascia d’età. Quindi davvero ci sarà da rimboccarsi le maniche, ma sottolineo questo concetto, che secondo me, purtroppo, il danno vero è che per un intero quadrimestre c’è stata questa interruzione in un percorso non ancora consolidato e soprattutto in un momento fondamentale per quella possibilità di andare ad impattare e a potenziare le abilità cognitive del bambino.
Tiziana Pollono – Scuola Primaria di Bollengo
Il distacco è solo un elastico
L’emergenza che ci ha invaso ha sconvolto le vite di chiunque, qualsiasi fosse il suo ruolo famigliare, lavorativo, sociale. In questo momento difficile, come insegnante è fondamentale il supporto psicologico per i nostri alunni, mantenendo una relazione costante con loro e i familiari, esprimendo appieno quella che per noi docenti è una vocazione, passione e vita.
Come insegnante ho vissuto immediatamente un momento di sconforto, mi ha ferito dover abbandonare repentinamente i miei alunni senza preavviso, senza un “arrivederci a…“. Ho percepito il timore di essere un’insegnante “a distanza”, particolarmente di fronte ai piccoli di classe prima. Come spiegare a loro che ora la scuola, intesa come edificio, lezione in classe, scandita dal suono della campanella, dall’abbraccio delle maestre, dai giochi con i compagni improvvisamente era scomparsa? Sono alunni troppo piccoli, ciò di cui hanno bisogno è un contatto visivo, vocale, un gancio emotivo che li tenga legati a noi, al nuovo mondo della scuola da loro appena iniziato , arricchito dai contenuti scolastici, ma ricco di emozioni, affetto, sorrisi e abbracci virtuali, di “ti voglio bene” e “mi manchi tanto“…
I miei bimbi devono continuare a sentirsi alunni di classe prima, la classe con gli addobbi di Carnevale ancora appesi, icona che ci resterà impressa nella mente come se si fosse fermato il tempo. E in effetti si è fermato. Ciò che non si è chiuso è il cuore di maestra, che ogni giorno diventa sempre più grande, in attesa di poter riabbracciare i suoi piccoli bimbi, linfa vitale di noi insegnanti. Il distacco da loro è solo un elastico che più viene teso e più ci riavvicinerà, in maniera inscindibile.
Monica Vinciguerra – Scuola Primaria di Bollengo
Cosa succede in quelle piccole vite
Scuola Primaria, classe prima… Che emozione per i bambini arrivare finalmente nella “scuola dei grandi”! Quante aspettative per questa nuova esperienza: imparare a leggere, scrivere e fare di conto, come dicevano le maestre di una volta! Già.. un anno importante per tutti: si fanno nuove amicizie, si imparano cose nuove, si utilizzano gli strumenti che fino allo scorso anno erano più che altro un gioco, quaderni, libri, diario… Ed è proprio nella prima parte dell’anno che si impara a stare insieme, a gestire il materiale, a scrivere nelle righe e nei quadretti.. e sì, anche le lettere, i numeri a leggere e a contare… Nel secondo quadrimestre si sarebbero affrontati gli argomenti più corposi, quelli più impegnativi, quelli che avrebbero dato un vero significato alla “scuola dei grandi”: difficoltà ortografiche, le prime frasi scritte in autonomia, il concetto di decina, addizioni, sottrazioni.. e queste sono solo alcune delle attività per italiano e matematica. Ci sono anche gli esperimenti di scienze da osservare e commentare tutti insieme, i percorsi di geografia per esplorare il mondo, le attività di storia per muoversi nel tempo… E non si possono certamente dimenticare le attività delle discipline: arte e immagine, musica, educazione motoria, dove tutto viene condiviso con i compagni.
Ma proprio sul più bello ecco che arriva un nemico invisibile, il corona virus…
E sono proprio i più piccoli a dover affrontare un nuovo cambiamento: la routine scolastica, che avevano con tanta fatica raggiunto, viene nuovamente stravolta. Non c’è più il momento dell’accoglienza in classe, il racconto condiviso con i compagni di ciò che succede nelle loro piccole vite… sono queste le cose che mancano maggiormente agli alunni. Certo, ci sono le lezioni a distanza… ma non è la stessa cosa. Nonostante le nuove tecnologie, siamo per alcuni versi tornati indietro, alle vecchie lezioni frontali, con l’insegnante che spiega e gli alunni che ascoltano. Le Indicazioni Nazionali e le nuove metodologie didattiche, vedono il bambino protagonista del proprio percorso di apprendimento; i vari argomenti vengono sviluppati attraverso l’esperienza diretta, la manipolazione, la cooperazione e la condivisione con gli altri… Ma in questo momento di isolamento sociale, come fare? Le insegnanti si sono reinventate, modificando le attività che si erano programmate all’inizio dell’anno, affrontando i nuovi argomenti con diverse modalità, utilizzando mezzi messi a disposizione dalle tecnologie e dalla rete per cercare di essere comunque coinvolgenti nei confronti dei loro alunni. Vista l’età dei nostri pargoli, solo grazie alla collaborazione dei genitori si riesce ad arrivare nelle case di ognuno. Ed ogni volta che ci arrivano i messaggi dei nostri piccoletti ci si allarga il cuore.. Vedere i loro visini sorridenti e sentirli dire che manca la scuola e che mancano le maestre, emoziona.. e non possiamo negare che qualche lacrimuccia scende…
Alessandra Soffiati, Irene Ravetto, Raffaella Amidei, Laura Lionetto – Scuola Primaria di Montalto
Nanetti a casa. Ma dove e con chi?
Un bimbo entra in prima solitamente, ed ovviamente, disorientato e passa il primo quadrimestre a cercare di capire come funzionano codici, regole e modalità sia di convivenza sia di lavoro scolastico. E’ il momento più delicato, dove si costruiscono i rapporti e le routine, non a caso è il momento considerato più difficile anche dalle insegnanti , quello che costituirà l’imprinting utile per affrontare i futuri 5 anni di scuola. Dopo le vacanze di Natale (viste un po’ come il “giro di boa”) qualcosa cambia, si incomincia ad intravvedere nei più un barlume di quel che potrebbe essere considerato un adeguamento alle regole comuni; c’e’ ancora da lavorarci ma già è un segnale positivo.
Nel secondo quadrimestre, momento in cui il lavoro delle maestre dovrebbe essere più significativo e incidente soprattutto dal punto di vista didattico, il nano sparisce, non c’è più, è a casa.
Fine delle esperienze dirette e collettive, dei giochi in cerchio, delle collane contando la pasta e dei calzini usati per animare le storie. A casa per forza, improvvisamente. Il nano è a casa. Ma dove? con chi? Se è fortunato ha una casa che gli permette di usufruire di spazi interni ed esterni adeguati e di poterli condividere con serenità con tutti i membri della famiglia. Se è fortunato ha i mezzi e i familiari competenti per potersi connettere ed utilizzare le risorse messe ( aggiungerei faticosamente!) a disposizione dalla scuola. Se è fortunato ha una famiglia accorta e funzionale, che supporta ed incentiva, con proposte coerenti e stimolanti, la didattica a distanza (che secondo me si potrebbe definire tranquillamente: “istruzioni per l’uso familiare della didattica“, forse sarebbe una visione più realistica di ciò che succede realmente nelle case, dove le famiglie si fanno faticosamente carico della mediazione con la scuola). Eccetera eccetera.
E chi non è fortunato? Chi vive in contesti disagiati, con spazi e figure di riferimento non rispondenti allo status richiesto? Chi fatica a pensare alla scuola come ad un’opportunità?
Chi ha solo un cellulare e giga insufficienti? Non basta il tablet a noleggio, se non si ha una scheda per farlo funzionare, o magari non si è proprio capaci. Ultimo: vogliamo parlare delle famiglie che hanno figli con disabilità gravi? Questo a mio parere è lo scoglio sul quale si infrange l’onda della mai abbastanza celebrata democrazia scolastica, che in questo caso viene negata proprio a chi ne ha più bisogno. E più sono piccoli e più rischiano di essere colpiti dalla negazione di questa democrazia.
Dunque che fare?
Per fortuna ci sono tante insegnanti pasionarie e fantasiose che riescono, spesso con mezzi propri, ad inventarsi modalità per interventi di comunicazione diversi ed originali e con quelli cercano di sopperire all’azione, ahimè, deficitaria dello stato o di chi per esso. Che sanno benissimo che il prossimo anno dovranno rimodulare tutto il loro lavoro, che sarà come dover affrontare con i bambini il lavoro di due anni in uno, che c’e’ la possibilità che non si possa ritornare subito ad una condizione di normalità e che quindi la scuola sara’ un delirio da organizzare e gestire … Auguro a queste insegnanti, e dunque anche a me medesima, di trovare nei colleghi e nelle colleghe, compagni di avventura, il modo di fare rete e di inventare modi nuovi di agire e di pensare, sapendo benissimo che è tutto nelle nostre mani, dobbiamo farcela da sole, come sempre.
Eliana Daghetti – Scuola Primaria Adriano Olivetti Ivrea
E l’ultimo giorno di scuola?
Riguardo i bimbi di prima di quest’anno… alcuni li sento felici. Si sono adattati alla situazione straordinaria. Mi dico: hanno sicuramente un valido aiuto in casa, adulti che fanno apparire il tutto come un gioco, e loro pur con i momenti tristi, li seguono, sicuri del fatto che questi adulti che li circondano vogliono il loro bene. Altri non li sento più, si sono pian piano nascosti nella possibilità di non rispondere alle sollecitazioni della scuola. Chissà come li ritroveremo. Ma io non ho paura per loro, non credo che abbiano perso pezzi che non recupereranno più. Credo che sarà compito nostro saperli aiutare a recuperare. Sono invece più dispiaciuta per i ragazzi di quinta, che davvero non vedrò più. Ogni volta che non riesco a raggiungerli mi chiedo come faremo a salutarli, a vederli lanciare le cartelle all’uscita dell’ultimo giorno, a sentirli cantare insieme “È finita la scuola” e poi scoppiare a piangere….
Verso di loro sono più preoccupata e triste.
Alessandra Cattaneo – Scuole Primarie Massimo D’Azeglio e Fiorana Ivrea
a cura di esse vi