E’ trascorsa la prima settimana di FIS (cassa integrazione) per 363 dipendenti Comdata della sede di Ivrea, nel silenzio.
Come previsto dall’accordo fra azienda e sindacati confederali di categoria firmato il 27 marzo scorso, martedì 3 aprile, trecentosessantatre dipendenti (forse scritto in lettere rende meglio l’idea delle dimensioni) della sede Comdata di Ivrea impegnati sulla commessa TIM, sono stati messi in FIS (Fondo di integrazione Salariale), una sorta di cassa integrazione per intenderci.
Il tutto è accaduto senza clamore, senza un’ora di sciopero, senza un presidio, … giusto un paio di assemblee interne. D’altronde povera Comdata che doveva fare se TIM dimezza il lavoro? E anche TIM, poarella, che poteva fare con 6.500 esuberi che si ritrova tra capo e collo?
Forse si potevano mobilitare i lavoratori diretti e indiretti di TIM in una manifestazione nazionale per manifestare la preoccupazione e accendere i fari su una situazione di alta criticità di un sistema, quello dei servizi nelle telecomunicazioni e della finanziarizzazione dell’azienda. Ecco “manifestare preoccupazione” sarebbe stato il minimo sindacale. D’accordo a non seminare panico, ma nemmeno indorare una pillola potenzialmente tossica è un bel modo di fare sindacato. Dire ad esempio di aver ottenuto la “rotazione” dei lavoratori in FIS, quando il verbale recita “L’azienda effettuerà un’equa rotazione del personale coinvolto in FIS compatibilmente con le esigenze tecnico organizzative” è indorare la pillola, perché quel “compatibilmente” dà di fatto carta bianca a Comdata. E sul verbale non si parla di FIS al 50% come invece in diversi dicono. Se così fosse stato sarebbe aumentato il numero dei lavoratori coinvolti per distribuire il disagio FIS equamente.
Vero è che per le prime due settimane non vi è stato un passaggio in FIS a zero ore per tutti i 363. Qualcuno era a casa la scorsa settimana e questa lavora, altri non sono ancora stati a casa, … Insomma una situazione a macchia di leopardo di precarietà e visione a breve. Pensiamo infatti che i lavoratori sappiano solo di settimana in settimana se lavoreranno quella successiva. Non proprio il massimo per l’organizzazione della vita, anche se purtroppo sta passando l’accettazione di una tale condizione di precarietà, come una normalità oppure un male minore, tanto da venir tacciati di essere “vetusti” se si parla di programmazione a medio termine, di conciliazione tempo privato e tempo di lavoro, di lavorare meno per lavorare tutti, a parità di salario, se ci accenna ai rischi per la salute della precarietà.
E’ l’intervento della Cassa Depositi e Prestiti in TIM che tiene calmi gli animi?
E’ notizia di questi giorni che la Cassa Depositi e Prestiti (CDP) “con una prospettiva di lungo periodo“, entrerà nel capitale di Telecom Italia fino a una partecipazione del 5%. Cosa c’è dietro a questa operazione di ingresso pubblico in una società già privatizzata e ostile al principale azionista Vivendi? Per CDP, la società finanziaria controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’operazione “rientra nella missione istituzionale di Cdp a supporto delle infrastrutture strategiche nazionali e vuole rappresentare un sostegno al percorso di sviluppo e di creazione di valore, avviato dalla società in un settore di primario interesse per il Paese“, ci si accorge oggi dopo averla privatizzata che l’infrastruttura di rete nazionale è un asset strategico per il paese? Chi è del mestiere ritiene però che l’ingresso di un’azienda governativa come CDP fra gli azionisti – concordato dal governo dimissionario “con le principali forze politiche” …, come si legge in una agenzia ANSA – voglia accelerare il processo dello scorporo della rete telefonica dalla società principale, anche considerato un altro ingresso nel capitale TIM, quello del fondo finanziario americano Elliot (lo stesso che ha prestato 303 milioni di euro all’imprenditore cinese Yonghong Li che ha acquistato il Milan). Questo lo abbiamo capito, vero? E’ la finanza, il potere finanziario, che muove tutti i fili e ai fondi finanziari nulla di nulla importa delle persone se sono solo lavoratori, se non sono azionisti.
Chi l’ha capito bene sono i Cobas che hanno emesso un comunicato di forte critica alla manovra di scorporo della rete da TIM, “TELECOM ITALIA UNICA E PUBBLICA è, e rimane, la nostra soluzione all’arretratezza tecnologica del Paese, al dumping salariale e al ricatto occupazionale.”
Ci auguriamo che altre voci si uniscano a contrastare operazioni speculative sulla maggiore azienda di telecomunicazioni del paese. Voci che sarebbe opportuno sentire forti anche nel nostro territorio, istituzioni e sindacati, dove TIM oltre a condizionare i suoi fornitori come Comdata, ha uffici ad Ivrea, ricordate Olivetti?
Cadigia Perini