Successo della rassegna cinematografica a tema naturalistico svoltasi in Valchiusella dal 1 all’11 agosto. Tra gli ospiti di questa rassegna anche il climatologo Luca Mercalli
Forse qualcuno pensa che il problema sia Salvini, altri addirittura che lui sia la soluzione oppure qualcuno pensa che il problema siano gli immigrati, ma qui, da bravi struzzi, non teniamo conto che due sono i pericoli cruciali che incombono. Uno è quello nucleare, l’altro è quello ambientale con la deforestazione del Brasile, lo smottamento dei ghiacciai, l’innalzamento dei mari, la desertificazione che avanza, il rischio estinzione di alcune specie animali tipo giraffe o api, solo per citarne alcune. Occorrerebbe intervenire subito con un piano straordinario di contrasto all’inquinamento con politiche che però non decollano perché nulla sembra ridurre la voracità e la sete di profitto che stanno distruggendo il pianeta. Moltiplicare denaro conta di più della vita umana e se il pianeta è in crisi cerchiamo di guadagnare altro tempo per tenere la testa sotto la sabbia. A Vico Canavese, oggi parte del più generico e infelicemente nominato “Comune di Valchiusa”, prima della proiezione del film “The human element” di Matthew Testa, nell’ambito del festival cinema ambiente, che si è svolto dall’1 all’11 agosto, a lanciare l’ennesimo allarme ci ha provato, senza peli sulla lingua, il noto climatologo Luca Mercalli, ospite di spicco della manifestazione.
Mercalli, oltre i problemi già menzionati, ha accennato anche allo spreco di cibo e alla cattiva filiera agroalimentare che contribuisce alle emissioni che modificano il clima. Mai come quest’anno il caldo ha raggiunto, anche nel nord Europa, livelli da record innalzando le temperature oltre i 40 gradi tanto a Parigi come in Germania e in Belgio. A Montpellier si è toccata una massima di 46 gradi con essiccazione istantanea dei vigneti, un forno ambientale in cui l’Europa è sprofondata registrando il mese più caldo della sua storia. “Sono 30 anni che dico che il pianeta è malato” ricorda Mercalli ma, al posto della cura, si rigirano tra le mani dati già acclarati riformulando diagnosi che non sono più necessarie. Inoltre si tenta di distruggere, con reazioni insensate, proprio quelli che, come la piccola svedese Greta Thunberg, hanno preso coscienza della fossa che noi stessi ci stiamo scavando.
A dimostrazione di quanto sia a tutt’oggi sottovalutato il problema, una signora emerge dal vasto pubblico, che affolla la piazza, e candidamente domanda se il cambiamento climatico non ubbidisce solo a cause di origine fisiologica, prevedibili mutamenti dovuti al semplice trascorre del tempo. Un altro signore chiede se, intervenendo nella direzione dei rimedi possibili, non si rischi di compromettere il funzionamento dell’economia. E qui Mercalli perde le staffe ribadendo un concetto tanto ovvio quanto globalmente ignorato e cioè che non dovremmo essere noi ad adattarci all’economia, ma quest’ultima a modellarsi sulle reali esigenze del progresso.
Poi Mercalli chiede ai ragazzi, che hanno meno di trent’anni, di segnalare la loro presenza alzando le mani, ma il numero è risibile, a conferma di quanto sia esercitato il diritto all’indifferenza proprio da quella generazione che, più di ogni altra, dovrebbe temere per gli sconvolgimenti in atto.
Il film in proiezione analizza le conseguenze prodotte dagli elementi naturali come acqua, aria, terra e fuoco, in reazione ai comportamenti perniciosi del quinto elemento che è l’uomo, vera causa responsabile dell’inquinamento. È infatti del tutto inutile andare in bicicletta o non mangiare carne se poi siamo disposti a prendere l’aereo per fare shopping a New York.
I tre film che ho visto, durante questo spicchio di festival in Valle, sono stati tutti e tre interessantissimi così come i dibattiti che li hanno accompagnati.
Ad Alice Superiore, il film “Chemerical-Ridefinire il senso di pulito”, del canadese Andrew Nisker, poneva l’attenzione sui prodotti chimici, derivati dal petrolio, di cui abusiamo nell’igiene personale e della casa. Il film segue un’intera famiglia che accetta, per tre mesi, di rinunciare alla varietà dei prodotti a cui è ormai assuefatta, in favore di altri del tutto naturali. Una specie di disintossicazione volontaria, a titolo sperimentale, orientata a un cambiamento di stile di vita. Inutile dire che le difficoltà di eliminare i condizionamenti indotti da una pubblicità incalzante e dalle cattive abitudini sono tanti al punto che si spruzzano deodoranti in bagno invece di aprire semplicemente le finestre.
A Rueglio, il film “Fràgil Equilibrio” di Guillermo Garcia Lopez analizza le contraddizioni tra i paesi poveri e quelli a tecnologia altamente avanzata come il Giappone. Da una parte africani denutriti e disoccupati in carenza di risorse alimentari, dall’altro alienati giovanotti giapponesi, incarcerati nella routine di un lavoro condotto a ritmi folli che non concede tempo per riflettere e vivere. Vite di stenti contrapposte a vite da consumisti benestanti, ma schizofrenici e infelici.
Tra questi due estremi l’ex presidente uruguayano Josè Mujica suggerisce, in punta di piedi, l’unica via di emancipazione possibile, richiamandosi al Socratico “Conosci te stesso”. In altre parole cambiare se stessi per cambiare una piccola parte del mondo a cui si appartiene. Peccato che questo scopo richieda tempo, tempo libero sia dai morsi della fame sia dalle tenaglie del lavoro frenetico e insensato pur se ricompensato dal benessere materiale.
In questa situazione l’ottimismo cerca a fatica una via di sopravvivenza e, anche se, per fortuna, gli esempi virtuosi si moltiplicano, è pur vero che la corsa all’autodistruzione del pianeta sembra irrefrenabile.
Correttivi e interventi si limitano alla cura degli effetti invece che delle cause, così si innalzano barriere o edificano palafitte là dove l’acqua è ormai prossima a cancellare interi isole o territori.
Continuando di questo passo non saranno gli africani ad invadere l’Europa, ma l’Africa stessa con il clima torrido dei suoi deserti e allora, ammonisce ancora Mercalli, “voglio vedervi difendere la vostra economia di fronte ai danni della termodinamica”.
Pierangelo Scala