Martedì 21 novembre 2017 ore 15.00, 17.10, 19.20, 21.30
Mercoledì 22 novembre 2017 ore 15.30, 18.00
Titolo originale Istanbul kirmizisi / regìa Ferzan Özpetek / soggetto Gianni Romoli, Valia Santella, Ferzan Özpetek liberamente tratto dal romanzo omonimo di Ferzan Özpetek / sceneggiatura Gianni Romoli, Valia Santella, Ferzan Özpetek / fotografia Gian Filippo Corticelli / musica Giuliano Taviani, Carmelo Travia / montaggio Patrizio Marone / scenografia Deniz Göktürk Kobanbay / costumi Funda Buyuktunalioglu / interpreti Halit Ergenç, Tuba Büyüküstün, Nejat Isler, Mehmet Günsür, Serra Yilmaz, Cigdem Onat, Zerrin Tekindor / produzione Tilde Corsi e Gianni Romoli per R&C Produzioni, Faros Film, BKM, Imaj, con Rai Cinema / origine Italia, Turchia 2017 / distribuzione 01 Distribution / durata 1 h e 55’
Lo scrittore Orhan Sahin, che vive all’estero da vent’anni, torna a Istanbul su invito del famoso regista Deniz Soysal, che vive con la sua famiglia, ormai al crepuscolo della ricchezza, in uno yali sul Bosforo. Orhan si ritrova sempre più coinvolto nei legami con i famigliari e gli amici di Deniz che sono anche i protagonisti del libro che il regista deve finire. Ma soprattutto rimane intrappolato in una città carica di ricordi rimossi.
Questo di Ferzan Özpetek è un ritorno speciale in Turchia: torna per realizzare un film e la messa in scena di vari livelli di sdoppiamento: di chi va via dal suo paese per poi tornare, della scrittura e della regìa, dell’autore e dell’attore. (…) È corale la presenza delle donne (…). Sfuggente la comparsa degli uomini. Il protagonista è come sdoppiato nella presenza-assenza di Deniz che rappresenta quello che Orhan sarebbe potuto diventare restando a Istanbul, con i suoi rapporti stropicciati dal tempo. Gli sceneggiatori svelano acutamente questo sottotesto attraverso elementi letterari, evocando le parole di sir Douglas nei confronti di Wilde, i suoi crudeli ripensamenti. Douglas/Wilde: un’altra delle dicotomie del film che affiorano precisamente nei dialoghi. E a creare un senso di maggiore comunità compare la figura di Yusuf chiara contaminazione dal primo Fassbinder. Colpiranno nel film le numerose riprese fatte riprendendo di spalla gli attori, soprattutto il protagonista (…), espediente che ci accompagna a scoprire, penetrare nel profondo di un’emozione nascosta e dimenticata, ma anche a presentare la magnificenza del paesaggio, l’eleganza avita di una veranda, la più nascosta forma mentis di un autore che nell’intimo della sua creatività accumula indizi, ritagli, nomi e ricordi per trasformarli in «opera». Del film infatti dopo aver colto l’elemento quasi poliziesco di una scomparsa sospetta, appare evidente l’elemento del processo creativo dove si espongono i vari spunti che dolorosamente arrivano a comporre l’opera. (…) Di terribile tensione drammatica sono i film turchi che abbiamo visto negli ultimi anni, periferie in fiamme, occultamenti e sparizioni, combattimenti, situazioni esplosive. Özpetek che ha sfiorato da quarantun anni la mollezza italica, ora che quella dolcezza è diventata avvelenata, può solo suggerire allo spettatore straniero (…) brandelli di durezza poliziesca, la realtà degli uomini scomparsi nel nulla e reclamati ogni sabato da vent’anni dalle madri in piazza Galatasaray, la distruzione dei villaggi. E soprattutto in una scena chiave e fulminea il fondamentalismo inchiodato come incubo inaspettato. Alla malinconia del racconto è legato il manto d’acqua, il Bosforo che separa Asia ed Europa. Per attraversare quel tratto di mare a nuoto ci vuole un certo coraggio, come anche per entrare nelle acque profonde di questo film.
(Silvana Silvestri)
(…) La sensazione è che mai come in questo caso Özpetek, coadiuvato in sceneggiatura dal sodale di sempre Gianni Romoli in compagnia di Valia Santella, abbia voluto erigere delle barriere tra noi e il cuore sacro del film. Chissà cosa si nasconde dentro Rosso Istanbul.
(Francesco Alò)