Martedì 13 marzo 2018 ore 15.00, 17.10, 19.20, 21.30
Mercoledì 14 marzo 2018 ore 15.30, 18.00
Titolo originale Neruda / regìa Pablo Larraín / soggetto Pablo Larraín / sceneggiatura Guillermo Calderón / fotografia Sergio Armstrong / musica Federico Jusid / montaggio Hervé Schneid / scenografia Estefanía Larraín / costumi Muriel Parra / interpreti Luis Gnecco, Gael García Bernal, Mercedes Morán, Diego Muñoz, Pablo Derqui, Michael Silva, Jaime Vadell, Alfredo Castro, Marcelo Alonso, Francisco Reyes, Alejandro Goïc, Emilio Gutiérrez Caba / produzione Fabula, Az Films, Funny Balloons, Setembro Cine, in coproduzione con Telefé, Reborn Production / origine Cile, Argentina, Spagna, Francia 2016 / distribuzione Good Films / durata 1 h e 47’
E’ il 1948 e la Guerra Fredda è arrivata anche in Cile. Al congresso, il Senatore Pablo Neruda accusa il governo di tradire il Partito Comunista e rapidamente viene messo sotto accusa dal Presidente Gonzalez Videla. Il Prefetto della Polizia, Oscar Peluchonneau, viene incaricato di arrestare il poeta. Neruda tenta di scappare dal paese assieme alla moglie, la pittrice Delia del Carril.
Non pensate che il nuovo film del geniale regista cileno (…) sia una biografia del grande scrittore. Mai rilettura di un personaggio leggendario fu più libera e irriverente. Mai una figura monumentale come quella dell’autore di Canto general è stata insieme evocata e sbeffeggiata, celebrata e reinventata con più estro, divertimento, passione che in questo film inventivo e entusiasmante dalla prima all’ultima scena. Ma anche saldamente ancorato a una realtà storica precisa, malgrado il tono spesso surreale: il 1948, l’anno in cui Neruda, ormai leggenda vivente della sinistra mondiale, è costretto a fuggire dal voltafaccia del presidente cileno Videla. (…) Anche se non è tenero con il protagonista (un rotondo, obliquo, molteplice, meraviglioso Luis Gnecco), Neruda non dissacra e non smitizza. Al contrario. Esalta il ruolo creatore di quel poeta che modella il suo persecutore (un logico, affilato, disperato Gael García Bernal). Fino al lancinante dubbio finale, espresso in quel dialogo impossibile ma vero, una delle mille invenzioni della sceneggiatura di Guillermo Calderón, tra la moglie di Neruda e il poliziotto circa il loro peso narrativo in quella storia. Si pensa a un altro grande esule cileno, Raúl Ruiz, a De Oliveira, a Borges e al suo Tema del traditore e dell’eroe. Ma in fondo non servono troppi riferimenti. Come tutti i capolavori, Neruda basta a se stesso.
(Fabio Ferzetti)
L’impresa temeraria di un film che si fa poesia senza essere banalmente poetico. La provocazione di raccontare eventi notissimi della Storia recente immergendoli in un’atmosfera misteriosa e sospesa, come quella che accompagna la nascita delle grandi opere d’arte. Solo Pablo Larraín, il talentuoso regista cileno (…) poteva dedicare a uno dei massimi protagonisti della letteratura mondiale, un’opera affascinante come Neruda, lontana anni luce dalle semplificazioni di un biopic, eppure capace di restituire appieno l’anima controversa del protagonista (…).
(Fulvia Caprara)
Parla il regista
Conoscevo bene le sue poesie d’amore, ma l’idea è nata dalla scoperta del Canto Generale, un poema meno noto scritto durante la fuga e l’esilio: un lavoro pieno di rabbia e furia, che unisce poesia e politica, scritto per dare parole a chi parole non ne ha, per esprimere il suo sogno politico e sociale. (…) il film è diventato una fantasia che mescola tanti generi: western, noir, road-movie. E il film è un po’ come lui: impossibile inquadrarlo, è inafferrabile, la poesia è solo una parte della sua anima. Era un cuoco, un esperto di vini e di romanzi gialli, anche un collezionista di oggetti particolari.
(Pablo Larraín)