Martedì 8 maggio 2018 ore 15.00, 17.10, 19.20, 21.30
Mercoledì 9 maggio 2018 ore 15.30, 18.00
titolo originale L’insulte / regìa Ziad Doueiri / sceneggiatura Ziad Doueiri, Jöelle Touma / fotografia Tommaso Fiorilli / musica Éric Neveux / montaggio Dominique Marcombe / scenografia Johan Knudsen / costumi Lara Khamiss / interpreti Adel Karam, Rita Hayek, Kamel El Basha, Christine Choueiri, Camille Salameh, Diamand Bou Abboud, Elie Njem, Tatal El Jurdi, Georges Daou / produzione Ezekiel Films, Rouge International, Tessalit Productions / origine Libano, Francia 2017 / distribuzione Lucky Red / durata 1 h e 53’
Un litigio nato da un banale incidente porta in tribunale il libanese cristiano Toni e il rifugiato palestinese Yasser. La semplice questione privata tra i due si trasforma in un conflitto di proporzioni incredibili, diventando a poco a poco un caso nazionale, un regolamento di conti tra culture e religioni diverse con colpi di scena inaspettati.
Grazie a un film come L’insulto del regista Ziad Doueiri, arrestato e poi rilasciato in Libano subito dopo aver ricevuto la Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile con Kamel El Basha all’ultimo Festival di Venezia, riusciamo a capire quanti veleni si possano depositare nella vita quotidiana a oltre quarant’anni di distanza da una guerra civile atroce e spietata. Nella vita quotidiana e ordinaria, non nell’arena dei grandi scontri politici, nei risvolti invisibili dell’esistenza di tutti i giorni, negli scambi che formano il tessuto quasi banale delle vicende umane: ci vuole il cinema, la letteratura a spiegarlo, non è sufficiente la saggistica storica, utile ma che non arriva al cuore dell’emotività collettiva. (…).
Ma è durante il processo che nel film si finisce per scavare tra macerie emotive pressoché sconosciute nell’Occidente pacificato. C’è la memoria di una spaventosa strage, quella di Tel al-Zaatar, dove nell’agosto del 1976 dopo un lungo assedio le truppe falangiste cristiano-maronite, spalleggiate e foraggiate dalla Siria alawita (specialista, ieri come ai nostri giorni, di massacri orrendi), vennero uccisi quasi tremila palestinesi alloggiati in un campo profughi. E la memoria, opposta ma intrisa di sangue, della rappresaglia palestinese che nella cittadina cristiana di Damour, dove vennero uccise quasi seicento persone. Una doppia carneficina, che noi in Occidente abbiamo dimenticato, che si è sedimentata nel ricordo a bassa intensità di una comunità ancora ferita da quegli orrori e che si riaccende improvvisa per un insulto, un battibecco, una grondaia da riparare. La tragedia di un passato che non vuole passare.
(Pierluigi Battista)
Parla il regista
La mia formazione e il mio metodo di lavoro sono americani, perché ho studiato e ho vissuto buona parte della mia vita lì e anche perché trovo che mi si addica il modo di lavorare americano. Ciò non significa che sia il migliore né l’unico metodo, ma è quello in cui mi riconosco.
(…) Sono stato profondamente influenzato da Vincitori e Vinti, il film di Stanley Kramer dedicato al processo di Norimberga. Dannatamente bello, e si svolge tutto in tribunale ma è incentrato sulla condizione umana. Un film di tre ore in cui non perdi mai l’attenzione. L’ho visto innumerevoli volte e spesso, mentre stavo scrivendo L’Insulto, mi fermavo per riguardarlo, chiedendomi come mai funzionasse così bene. Quindi, mi ripetevo: non aver paura di fare un legal drama. Vincitori e Vinti, Il Verdetto, La Parola ai Giurati, Philadelphia sono tutti film eccezionali, perché non sono focalizzati sul sistema giudiziario, ma sulla psicologia a esso legata, sull’essere umano e sulla sua condizione.
(Ziad Doueiri)