Dall’annuncio del 17 aprile dell’apertura di una procedura di licenziamento collettivo, il primo momento di mobilitazione sarà lunedì 13 maggio con un’intera giornata di sciopero.
Nell’assemblea di venerdì 26 aprile dove lavoratori e referenti sindacali territoriali di Cgil e Uil hanno fatto il punto sulla situazione e discusso sulle iniziative di mobilitazione a seguito dell’apertura di una procedura di licenziamento per 33 lavoratori sui 58 rimasti, la decisione è stata quella di proclamare una giornata di sciopero per lunedì 13 maggio. Passerà quindi quasi un mese dall’annuncio dei licenziamenti alla prima mobilitazione. Sappiamo che per lo sciopero esistono procedure e preavvisi da rispettare, ma non esiste solo lo sciopero per manifestare la propria protesta. La situazione è grave e straordinaria, occorrono quindi iniziative di mobilitazione straordinarie, come ad esempio un presidio permanente davanti al municipio di Ivrea. Sarebbe anche stato giusto prevedere la partecipazione dei lavoratori del CIC al corteo del primo maggio a Torino, magari insieme ai lavoratori e le lavoratrici delle altre aziende in crisi dell’Eporediese. Ma anche se è tardissimo, si deve tentare il tutto per tutto. E’ tardi perché la mobilitazione in CIC doveva iniziare anni fa, almeno dal 2013 quando era chiaro che l’equilibrio e la sostenibilità del Consorzio per l’informatizzazione del Canavese erano seriamente a rischio. Ma se non fin da allora, lo stato di agitazione doveva aprirsi sicuramente a ridosso del 2015 quando si arrivò alla liquidazione e ci fu la svendita ad una CSP che non dava alcuna, non diciamo sicurezza, ma nemmeno lontana possibilità (volontà) di tenuta. Infatti il crollo dopo la scadenza delle commesse avute in dote dal pubblico era facilmente prevedibile andando a guardare come si muoveva la proprietà che non ha portato nessuna nuova attività nella sede canavesana.
Interviene l’assessore al lavoro … ad avercelo … e il vecchio si fa nuovo
E tutto questo accade in una città, Ivrea, senza assessore al lavoro (la delega ce l’ha il sindaco) e il maggiore partito della precedente maggioranza, quello che governava la città quando il Comune di Ivrea era fra i maggiori soci del CIC, presenta una mozione in Consiglio comunale dove non si riconoscono responsabilità, ma si impegna il sindaco a monitorare la situazione … considerare l’opportunità e la necessità di convocare un tavolo di confronto in Regione, … Insomma impegni ordinari, quando invece la situazione è di straordinaria gravità. E mentre non si registrano dichiarazioni del sindaco, parla l’assessora al bilancio (che il sindaco insiste a indicare come assessora al lavoro e allora non si capisce perché non le assegni formalmente la delega) che pare si limiti a dire che incontri con la regione e con Confindustria ce ne sono già stati. E la domanda “E dunque?” sorge spontanea. E’ intervenuta sul CIC anche l’assessora alle manifestazioni (no, non quelle di protesta), nonché vicesindaco, sicuramente ben informata sui fatti avendo fatto parte nella precedentente amministrazione, sempre in maggioranza, e anche per essere stata la presidente della “commissione di indagine” per “analizzare le motivazioni della crisi economica e finanziaria del consorzio e verificare eventuali responsabilità oggettive e soggettive all’origine delle perdite del consorzio”. Commissione in realtà mai partita, chiusa senza risultati. La vicesindaco imputa la crisi a un aumento sproporzionato di personale e l’ampliamento del perimetro delle commesse, e poi certo ai crediti inesigibili, ma insistendo sul punto della crescita occupazionale. Se non interpreto male, si dà la colpa del fallimento del CIC come ente pubblico, alle troppe assunzioni e ai nuovi soci/clienti della sanità regionale. Si dà l’idea quindi che se il CIC fosse rimasto piccolino si sarebbe potuto salvare. Non un cenno alle responsabilità dei manager del Consorzio e al sospetto che la loro selezione talvolta sia stata dettata più da criteri di spartizione partitica di cariche che sulle effettive competenze e capacità.
Quando la realtà è radicale, occorre essere radicali
Senza dimenticare le responsabilità, occorre oggi concentrarsi sul dato di fatto: il CIC è stato svuotato, senza la volontà della proprietà di conservare il sito Canavesano non c’è futuro e dei soli 58 lavoratori rimasti 33 lavoratori rischiano subito il licenziamento e i restanti 25 certo non possono stare tranquilli. Cosa hanno da mettere in campo sindacati e lavoratori in termini di mobilitazione? E cosa le amministrazioni pubbliche in termini di proposte e richieste alla proprietà?
Non è semplice, non si hanno grandi leve per forzare una soluzione, ma bisogno provarci, adottando strumenti straordinari e radicali, questo è certo.
Cadigia Perini