La questione della chiamata diretta fa discutere i docenti in queste ultime settimane di scuola
La vicenda è ben nota nel mondo della scuola ma un breve “riassunto” per i non addetti ai lavori può essere utile.
La legge 107/15 sulla cosiddetta Buona Scuola prevede che l’assegnazione dei docenti alle scuole venga effettuata con modalità diverse rispetto al passato: gli insegnanti entrano in ruolo vengono assegnati dall’Ufficio scolastico regionale ad un ambito territoriale (per capirci: sul nostro territorio è stato creato un ambito che comprende poco meno di 30 scuole e che coincide con i confini del Canavese); per passare dall’ambito alla scuola i docenti si possono proporre ai dirigenti scolastici che hanno la possibilità di sceglierli anche senza tenere conto del punteggio acquisito.
Lo scorso anno la novità era stata molto contestata dalle organizzazioni sindacali che nei mesi scorsi sono riusciti a stipulare un contratto nazionale integrativo che prevede un passaggio importante: i dirigenti potranno fare le chiamate ma solo dopo aver definiti i requisiti che i docenti devono possedere; il contratto prevede anzi che siano i collegi dei docenti a individuare 6 criteri scegliendoli da un maxi-elenco di 18 definiti dal contratto stesso.
All’indomani della firma del contratto, sul quale peraltro si attende il via libera del Dipartimento della Funzione Pubblica, i sindacati firmatari (Cgil, Cisl, Uil e Snals) hanno subito parlato di vittoria ma gli ultimi sviluppi fanno pensare che possa trattarsi di una vera e propria vittoria di Pirro.
Il meccanismo previsto dalla ipotesi di contratto sta infatti incontrando molte difficoltà.
A mettere sabbia nell’ingranaggio che Cgil, Cisl, Uil e Snals avevano costruito con il Miur sono stati soprattutto Cobas, Unicobas e Gilda che, fin dai primi giorni del mese, sono impegnati a diffondere una proposta di delibera con la quale i collegi dei docenti dichiarano di non avere intenzione di definire alcun criterio per la chiamata.
Piero Bernocchi, portavoce nazionale Cobas, non usa mezzi termini: “Il collaborazionismo che i quattro sindacati vorrebbero imporre ai collegi dei docenti non cambia di una virgola la sostanza della ‘chiamata diretta’, perché ciò che la rende inaccettabile è che sia il preside a scegliersi i docenti, nonché la triennalizzazione e precarizzazione del rapporto di lavoro”.
“Si tratta dei quattro sindacati – aggiunge Bernocchi – di un grave, oltre che ridicolo, tentativo di coinvolgere i docenti, facendo legittimare dal collegio una norma così distruttiva e contestata”.
Nei giorni scorsi i sindacati del comparto hanno pubblicato un “kit” con le linee guida per aiutare i collegi dei docenti a deliberare, ma l’idea non piace molto neppure all’interno degli stessi sindacati.
L’area “Il sindacato è un’altra cosa – Opposizione Cgil” presente anche all’interno della Flc ha infatti predisposto un modello di delibera diverso da quello contenuto nel kit predisposto da Cgil, Cisl, Uil e Snals.
Con differenze di non poco conto che di fatto snaturano la stesso contratto integrativo nazionale.
Nei giorni scorsi i sindacati del comparto hanno anche pubblicato un “kit” con le linee guida per aiutare i collegi dei docenti a deliberare, ma l’idea non piace molto neppure all’interno degli stessi sindacati.
Intanto i Cobas mostrano l’elenco di almeno 120 scuole di tutta Italia (moltissime a Pisa, a Roma e in Sardegna) nelle quali i collegi si sono pronunciati contro la definizione dei criteri.
L’Unicobas parla di altre decine di scuole, soprattutto in Sicilia, Lazio e Toscana, in cui i docenti si sono espressi in modo analogo.
E forse siamo solo all’inizio, perché per il momento le delibere riguardano soprattutto i circolo didattici e gli istituti comprensivi. Nel mese di giugno, infatti, dovranno pronunciarsi anche le scuole superiori.
Alla resa dei conti potrebbe insomma accadere che il contratto integrativo sottoscritto esattamente un mese e mezzo fa venga contrastato più dagli insegnanti che dai dirigenti scolastici.
Reginaldo Palermo