C’era una volta in Italia. A Ivrea film sulla situazione della sanità pubblica in Italia.

Dopo aver girato le principali città italiane in dicembre, arriva a Ivrea il 7 febbraio il film inchiesta “C’era una volta in Italia” di Michele Greco e Mirko Melchiorre, già autori di PIIGS. Una denuncia sulle condizioni della sanità pubblica e sugli attacchi al diritto universale alla cura e alla salute. Con gli interventi di Ken Loach, Roger Waters, Vittorio Agnoletto, Gino Strada. Sarà presente in sala il regista Greco.

L’associazione Nuovi Equilibri Sociali con Nuova Direzione e Unione Popolare Ivrea, propongono solo ed esclusivamente per il giorno 7 febbraio 2023 alle 20.30 al cinema Politeama di Ivrea, la proiezione del film inchiesta

C’era una volta in Italia – Giacarta sta arrivando

Per la regia di Federico Greco e Mirko Melchiorre (già registi e produttori del film documentario PIIGS del 2017 di critica alle politiche di austerity dell’Europa realizzato con il crowdfunding con Noam Chomsky, Yanis Varoufakis ed Erri De Luca).

C’era una volta in Italia è di nuovo un film denuncia con gli interventi di Roger Waters, Ken Loach, Gino Strada, Jean Ziegler, Vittorio Agnoletto, Michele Caligiuri, Adriano Cattaneo, Ivan Cavicchi e con la voce narrante di Peppino Mazzotta.

A introdurre e seguire interverranno in sala con il regista Federico Greco, il segretario Nursind Torino Giuseppe Summa e il giornalista Andrea Scutellà de La Sentinella del Canavese, con il contributo dei delegati dei gruppi organizzatori.

Uscito nelle sale il 5 dicembre 2022 (durata 1h 42 min – Distribuito da Fil Rouge Media), il film sta girando l’Italia riempiendo le sale di piccoli centri e città. Il prezzo del biglietto è di 6,00 euro.

 

 

La trama

Cariati, uno sperduto paesino della Calabria affacciato sullo Jonio.

La sanità pubblica è ridotta al lumicino da decenni di tagli al bilancio e privatizzazioni. Con il Piano di rientro è stato chiuso anche l’ultimo ospedale della zona: uno dei 18 ospedali cancellati nel giro di una notte in tutta la Calabria.

Un gruppo di ribelli di ogni età decide di protestare come nessuno ha mai osato fare, occupando l’ospedale con l’obiettivo di ottenerne la riapertura. Nel frattempo alcuni dei più importanti intellettuali, medici, esperti e attivisti italiani e internazionali ci svelano le vere responsabilità locali e globali dell’attacco alla salute pubblica, e sostengono la lotta di Cariati.

Una recensione

Questa storia ci riguarda da molto vicino, eppure parte da molto lontano. Si svolge a Cariati, sulla costa calabrese, ma si apre a Santiago del Cile, con la voce impaurita e coraggiosa di Salvator Allende. Raccoglie nel titolo l’italianizzazione di un vecchio film americano fatto da un italiano; e vi affianca un infame anatema su una delle più sanguinarie dittature del Sud-est asiatico.[1]

Questa coesistenza di luoghi e di tempi diversi non ci sembra casuale. C’è infatti un filo rosso che annoda l’oggi con lo ieri, che intreccia Giacarta, Santiago e Cariati. Qualcosa che brucia da secoli, forse da millenni, e che nonostante la cortina trasparente dei media riemerge ovunque, ciclicamente. Anche senza fare diretto riferimento a Machiavelli e alla sua teoria del conflitto, è come se fin dai primi fotogrammi i due registi volessero dirci: è la lotta il vero focus di questo film. Più che la Commissione Europea e i suoi diktat, più che il mercato, l’inganno del debito o i profitti sulle privatizzazioni; è il conflitto a fare da protagonista, la lotta dei cittadini di Cariati per tenere aperto il loro unico ospedale.

Sotto questa lente, il film mostra subito il suo tratto più innovativo, soprattutto se confrontato col suo prequel ideale, il documentario a firma degli stessi registi PIIGS, del 2017. Se con quest’ultimo condivide la struttura di base (una storia di attivismo locale intercetta e registra i cambiamenti in atto nella politica e nell’economia globale, con il contrappunto esegetico di docenti, giornalisti ed esperti del settore), ne differisce radicalmente per lo sguardo che illumina le due dimensioni. Laddove in PIIGS infatti è il globale a spiegare il locale, con le voci di autorevoli intellettuali chiamate a sciogliere le matasse oscure del pensiero neoliberale, dando così (agli attivisti del film e al pubblico in sala) un volto concreto alla chimera della crisi; in C’era una volta in Italia è il locale che conferisce unità e senso al globale. Qui infatti i contributi teorici – che pure ci sono e si confermano di altissimo livello (fra tutti, Ken Loach, Jean Ziegler, Gino Strada o Roger Waters) – paiono aggiungere comunque poco alla ricerca dei protagonisti: quando il manipolo di attivisti occupa l’ospedale, l’urgenza che guida davvero le loro azioni (e che riempie le aspettative di chi guarda) non è smentire le teorie politico-economiche dominanti, ma capire come smuovere nei fatti l’opinione pubblica dal torpore dell’indifferenza.

L’ago della bilancia si sposta dalla teoria alla prassi, e siamo benevolmente provocatori se diciamo che, in questo film, sono le persone comuni a dare agli intellettuali una buona lezione di avanguardia politica. Si noti in questo senso la centralità narrativa affidata all’intervento di Gino Strada, uomo di pensiero ma soprattutto d’azione, o le parole di incoraggiamento quasi fisico riservate dall’ex-Pink Floyd Roger Waters all’impresa degli attivisti calabresi. Si tratta di un cambio di paradigma sottile ma fondamentale, perché tocca un nervo scoperto della nostra area politica, incancrenita da più di una decade di inazione e attivismo da tastiera. Più che continuare a denunciare dal nostro pulpito le storture del reale – sembra dirci questo film – non sarebbe meglio cominciare a difenderlo, a partire dalle forze di cui già disponiamo? Dopo aver smascherato la cattiveria delle classi dominanti, non è forse venuta l’ora di interrogarci e capire, sin da subito, come mobilitare efficacemente la nostra capacità di opporci, organizzarci e reagire?