Una spinta particolarmente utile in questo momento a Ivrea e una due giorni efficace per ripensare la pena e riprendere le attività. Dentro, fuori e oltre il carcere
E’ pieno zeppo l’atrio dello Zac! (il “luogo” a cui si vorrebbero tarpare le ali), ma nessuno si meraviglia la sera di giovedì 9 marzo per l’apertura della iniziativa Ti riguarda, organizzata da Officine Terzo Settore con Antigone con il sostegno di ZAC!, Fraternità di Lessolo, Libreria Mondadori e Associazione Volontari Penitenziari “Tino Beiletti” di Ivrea.
Perché è un bellissimo quartetto quello che prende posto sul palco, di quelli che ti fanno riprendere la speranza che l’unica battaglia persa è quella che non si combatte.
Ilaria Cucchi, eletta senatrice indipendente della lista Alleanza Verdi e Sinistra è la sorella di Stefano, ucciso il 22 ottobre 2009 mentre era sottoposto a custodia cautelare. Per l’omicidio la Corte di Cassazione condannerà in via definitiva due carabinieri, Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro a dodici anni di reclusione per omicidio preterintenzionale.
Fabio Anselmo è avvocato, l’avvocato “dei morti nelle mani dello Stato”. Chi lo ha visto in foto, abbracciato a Ilaria Cucchi dopo la sentenza su Stefano, al fianco della mamma di Federico Aldrovandi, della sorella di Giuseppe Uva o del fratello di Riccardo Magherini, lo riconosce subito. A lui si affida, l’avvocato della famiglia di “Aldro”, Ilaria Cucchi per riuscire a partire dalle foto strazianti del corpo di Stefano per intraprendere una battaglia che durerà anni e durante la quale dovrà proteggere, come possibile, le vite dei suoi genitori. Quelle foto che da sole avrebbero dovuto essere prova sufficiente e che hanno soltanto avviato una battaglia durissima durata anni.
Nello Trocchia è un giornalista del Fatto Quotidiano, che si definisce cronista precario dell’informazione e ama raccontare il suo lavoro con una frase del film Fortapasc (la storia di Giancarlo Siani, giornalista ucciso dalla camorra nel 1985): “Giancà, ‘e notizie so’ rotture e cazz’“. Le parole di Trocchia, autore del libro “Pestaggi di stato”, cadono come pietre sul pubblico dell’atrio quando racconta i fatti accaduti nel carcere Francesco Uccella di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile del 2020 e nel reparto “Nilo” (perché tutti i reparti del carcere hanno nomi di fiumi, ma non c’è “acqua potabile”). 283 agenti di polizia penitenziaria con caschi e manganelli pestano per ore i detenuti.
Kento, Francesco Carlo, è un rapper di Reggio Calabria che tiene da anni laboratori di scrittura rap e poesia presso carceri minorili, comunità di recupero e scuole.
Le persone al centro del progetto: ripensare la pena
Centrato il momento ed efficaci le modalità di “Ti riguarda”. “Le persone al centro del progetto: ripensare la pena. Dentro, fuori e oltre il carcere” lo scopo dichiarato dell’iniziativa accolta calorosamente allo ZAC!
“Una serata di parole e musica” – annunciava la locandina, su “condizioni di vita in carcere e violazione diritti umani”. E su queste linee, dopo la presentazione di Francesco Giglio (Officine Terzo Settore) e Francesca (Casetta Rossa di Roma), si sono sviluppati gli interventi di Ilaria Cucchi che, richiamando la sua storica battaglia per la verità sulla morte del fratello Stefano, ha sottolineato quanto sia stato determinante il fatto di non essere stata sola e la sua scelta ora di diventare “la voce del carcere”.
Parole dure quelle dell’avvocato Anselmo che si sofferma sulla parola “giustizia” e su come questa sia, come un altro servizio essenziale quale la sanità, sempre meno “uguale per tutti” e sempre più si legga sotto traccia “la legge del più forte”. E il carcere, ricorda l’avvocato, è il prodotto di una giustizia inefficiente, mentre si limita sempre più la libertà di stampa usando la copertura della “privacy”.
Questione ripresa da Nello Trocchia che per primo (e da solo, finché non sono uscite le registrazioni video che le documentavano) ha raccontato delle torture nel carcere di Santa Maria Capua Vetere e dei continui tentativi di rappresaglia giudiziaria che riceve chi svolge attività di inchiesta non gradite ai potenti. E di quanto l’omertà sia generalizzata e non prerogativa di alcune regioni italiane.
Strepitoso l’intervento di Kento che racconta le sue esperienze negli istituti di pena minorili e, a proposito degli “scafisti” di cui si parla tanto in questi giorni, cita il ragazzo di 16 anni che ha incontrato, figlio di pescatori e abituato ad andare in barca, anche lui migrante, orgoglioso di essere stato lasciato alla guida del barcone nelle ultime miglia dalla costa italiana (e per questo accusato di essere “trafficante di esseri umani”).
Tanti gli interventi dal pubblico
Gli interventi del pubblico hanno richiamato il rapporto della città di Ivrea con il carcere, ricordato la bocciatura avvenuta in questi giorni da parte della maggioranza in Parlamento della proposta di legge “Stop a bambini in carcere con madri detenute” (che avrebbe escluso il carcere per le madri con figli conviventi di età inferiore ai 6 anni, utilizzando altre strutture), chiesto l’opinione dell’avvocato Anselmo sul regime carcerario del 41 bis.
Premesso che il 41 bis è senza dubbio tortura e che, nato per fronteggiare l’emergenza delle stragi mafiose degli anni Novanta, è entrato nella normale applicazione giudiziaria (perché “anche la giustizia, come prima la politica, è diventata populista”) – è stata la risposta di Anselmo – pur riconoscendo che non sia applicabile all’anarchico Alfredo Cospito e probabilmente a molti altri dei circa 700 detenuti oggi soggetti a quel regime, “non so ancora dire, però, se il 41 bis sia una misura da abolire”.
A chiudere la serata gli scoppiettanti testi rap di Kento.
Il secondo giorno di Ti riguarda tra incontri e tavoli di lavoro
Venerdì 10 Kento ha incontrato (e incantato con la sua irruente narrazione) gli studenti del CIACC di Ivrea, mentre la senatrice Cucchi si è recata a far visita al carcere di Ivrea, dove ha incontrato, insieme alla nuova direttrice e agli operatori, anche alcuni redattori de La Fenice (redazione attualmente sospesa dalla direzione carceraria con pretesti burocratici).
Lo stesso giorno al Polo universitario di Ivrea – Officina H, si sono riuniti e confrontati in gruppi di lavoro operatori e volontari del carcere insieme a persone impegnate in attività “Dentro, fuori e oltre il carcere”, che erano poi i titoli dei tre gruppi.
Il tema comune è il confronto su idee, proposte e buone prassi che guardano all’attraversamento del carcere da parte della società e al potenziamento delle alternative alla detenzione. Perché, mentre l’articolo 27 della Costituzione prescrive che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”, l’allarmante numero di decessi per suicidio, la recidiva altissima, il mancato rispetto dei diritti fondamentali della persona, la scarsa attenzione e i bassi investimenti sugli obiettivi di reinserimento e riabilitazione, mostrano quanto la norma costituzionale sia applicata.
“Anime diverse si sono incontrate e confrontate per una battaglia di civiltà”, dirà Francesca (Casetta Rossa) nell’aprire nel pomeriggio la sessione plenaria nella quale i tre gruppi hanno relazionato presentando proposte emerse sia per chi è “dentro il carcere” (formazione del personale, compreso quello giudiziario, detenuti non oggetti di trattamento ma portatori di diritti, apertura e attività verso l’esterno, riconoscimento del diritto all’affettività), sia per chi è o potrebbe essere “fuori dal carcere” (misure alternative e patrocinio legale anche per detenuti stranieri, possibilità di servizio civile volontario per gli ex detenuti, utilizzo dei fondi istituiti per inserimento detenuti e praticamente non utilizzati), sia per andare “oltre il carcere” (incompatibilità tra carcere e minore età e progressivo superamento degli Istituti di Pena Minorili).
A conclusione diversi interventi da remoto di Luca Sofri, Ornella Favero e di Luigi Manconi che, partendo “dal caso Cospito e dalla sua eccezionalità che permette di approfondire” quanto il 41bis sia in contraddizione con la norma costituzionale (che punta alla “redimibilità, alla possibilità di cambiamento, mentre il regime ostativo e il 41 bis condannano il detenuto alla fissità”) e sia “esemplare di come una categoria di pena degenera in vendetta”.
Un’esperienza molto proficua, questa di Ivrea, dirà in conclusione una delle organizzatrici, che sarà replicata in altre città ed è partita da Ivrea, una realtà di provincia invece che da una metropoli (la prossima sarà probabilmente a Roma), proprio per evidenziare la necessità di rapporto territoriale col carcere e per le recenti vicende giudiziarie che vedono coinvolta la Casa Circondariale eporediese.
Centrato il momento ed efficaci le modalità, scrivevamo in apertura a proposito di questa due giorni.
Il momento è proprio quello giusto perché, come ha ricordato in un intervento in chiusura Armando Michelizza (storico conoscitore del carcere eporediese ed ex garante comunale dei diritti delle persone private della libertà), era proprio necessaria una spinta per riprendere quel cammino che in questa città è stato fatto nella direzione del “superamento della necessità del carcere” o, quanto meno, della sua relazione con la realtà sociale.
Lo conferma la sempre grande partecipazione a incontri su questo tema: da quello con Gherardo Colombo l’estate scorsa a quello dello scorso novembre sulla “giustizia riparativa” con Agnese Moro e Adriana Faranda (al quale solo l’ottusità dell’attuale amministrazione comunale eporediese ha potuto negare il patrocinio della Città), da questa due giorni di “Ti riguarda” al probabile pieno del teatro Giacosa per “Fahrenheit 451”, spettacolo rappresentato da persone detenute a Ivrea, venerdì prossimo, 17 marzo.
E lo confermano le attività che, nonostante le modeste dimensioni del territorio e nonostante gli ostacoli spesso posti ad arte, si svolgono in relazione con la Casa Circondariale eporediese.
Ma una spinta per “riprendere il cammino” è oggi necessaria perché, se da un lato finalmente la Procura torinese (dopo una serie di richieste di archiviazione del precedente capo della Procura di Ivrea) ha avocato l’indagine sui pestaggi nel carcere eporediese del 2015-2016 (e inquisito 27 agenti e un medico) e la Procura eporediese ha aperto un’altra indagine per violenze perpetrate nel 2021, dall’altro il clima di chiusura di relazioni con l’esterno (avviato dalla nuova direttrice con la sospensione e richieste burocraticamente prive di senso alle redazioni dei giornali dei giornali L’Alba e La Fenice) preoccupa. Che sia dettato da psicosi burocratica da funzionario o da istintivo allineamento ai vertici politici dell’Amministrazione Penitenziaria, questo clima rischia di vanificare anni di lavoro per tenere in relazione la città col suo carcere.
Efficaci le modalità perché questa due giorni di “Ti riguarda” è sembrata più produttiva di un convegno consueto, con interventi anche interessanti e chiarificatori, ma con scarso interscambio di esperienze, idee e proposte. E poi, i convegni tradizionali inevitabilmente, si rivolgono agli “addetti ai lavori”, mentre “Ti riguarda” ha effettivamente riguardato anche un po’ la città.
Simonetta Valenti e ƒz