Il collettivo “A Cerchio”: «le motivazioni ci appaiono tutt’ora opache». Gianmario Pilo: «mostra incoerente con il festival».
E’ vero che non c’è festival senza polemica, di solito motivata da questioni politiche o religiose o da eccessi di vanità dei protagonisti. Risulta però, in questo caso a Ivrea, particolarmente difficile comprendere le ragioni della cancellazione di una mostra il giorno prima dell’apertura.
E’ successo mercoledì 29 maggio alla mostra “Le città invisibili” allestita in Sala Santa Marta di Ivrea, la cui inaugurazione, insieme ad altre sei in altri luoghi della città, era prevista nel giorno successivo dal Festival della lettura “La grande invasione” che si sta svolgendo in questi giorni a Ivrea e Aosta.
La notizia della cancellazione della mostra è arrivata nelle redazioni dei giornali locali con un comunicato del collettivo A Cerchio, che ha realizzato la mostra in questione e ritiene «opportuno chiarificare alla cittadinanza le circostanze di tale cancellazione in quanto le motivazioni ci appaiono tutt’ora opache».
Secca e stringata la risposta di Gianmario Pilo (organizzatore con Marco Cassini de La grande invasione) che, interpellato in merito, si è limitato a dichiarare che: «il festival ha ritenuto incoerente la mostra e questa mattina ha provveduto a bonificare quanto pattuito: 1.250 euro (1.000 per il collettivo 250 di ritenuta d’acconto)».
Come ogni produzione artistica, le mostre possono ovviamente piacere o non piacere, essere gradevoli o sgradevoli, esprimere qualcosa o non esprimere nulla o peggio. Questo accade sempre e dovunque e, nonostante l’affetto e l’indubbia qualità della Grande invasione, può accadere anche in questo festival.
E non c’è dubbio che gli organizzatori del festival eporediese (da quest’anno anche aostano) siano fieri sostenitori della libertà di espressione artistica che, come ricorda un recente Manifesto (del 2020) del Consiglio Europeo “fa parte della libertà di espressione, tutelata dall’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”. Articolo 10 che rammenta che tale libertà “non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che, stabilite dalla legge, costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla pubblica sicurezza, alla protezione dell’ordine, della salute o della morale pubblica, o alla protezione dei diritti e della libertà altrui”.
Allora i casi sono due: o gli organizzatori del festival hanno ritenuto che la mostra realizzata dal collettivo A Cerchio ricadesse nelle “restrizioni stabilite dalla legge” o, più semplicemente, hanno ritenuto che potesse risultare sgradevole al pubblico. Definirla “incoerente” in un festival poliedrico qual è La grande invasione, appare francamente fuori luogo, tanto più trattandosi di una mostra. Mentre preoccupa il giudizio di merito esercitato su una produzione artistica, che il pubblico avrebbe potuto, come tutte le altre mostre e gli altri eventi, apprezzare o non apprezzare.
Come in tutti i casi che sollevano polemiche, non è difficile immaginare ora che, se la mostra sarà allestita in altro contesto, riceverà un’attenzione superiore di quanto avrebbe avuto. Meritata o meno, ognuno potrà poi deciderlo.
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