Call center: vite spezzate dai flussi telefonici

Condizioni di lavoro da preistoria dei diritti, questa è la realtà del mondo dei contact center anche nelle stanze che furono dell’illuminata azienda eporediese celebrata in tutto il mondo

Delle condizioni di arretramento dei diritti del lavoro nei call center ce ne siamo occupati più volte, “nel mondo del lavoro avanza la tecnologia, ma indietreggiano le condizioni di lavoro”, scrivevamo qualche mese fa. E di giorno in giorno la situazione anziché migliorare diventa sempre più insostenibile. Infatti, mentre a Roma si firma con grandi annunci un Protocollo d’Intesa sui Call Center che fa credere che tutti i problemi del settore vengano risolti con una firma in calce a buoni proponimenti, le aziende committenti (le più grandi sono fra le firmatarie del protocollo) e quelle che vendono servizi di call center inaspriscono le rischieste da un lato e le condizioni lavorative dall’altra.

Comdata, ad esempio

Comdata è fra le maggiori aziende italiane di servizi di Contact Center, Help Desk, Back Office, ma anche Credit Management e Gestione Documentale, con un fatturato di 331 milioni di euro e 16.500 dipendenti nel mondo. Più del 50% del fatturato lo fa vendendo servizi di Contact Center e un 25% con i servizi di back office (amministrazione), i principali clienti di Comdata operano nel mercato delle telecomunicazioni (54% del fatturato) e dell’energia (28%). L’azienda ha in italia 7.000 dipendenti, più circa 2.000 tra interinali e a progetto, divisi in su 15 sedi su tutto il territorio, di cui 3 in Piemonte (Ivrea, Torino e Asti). Comdata ha sedi anche in Romania e Repubblica Ceca (quattro ognuno), in Turchia (3) e a Buonos Aires in Argentina*. E’ stata inoltre acquistata di recente una società con 400 dipendenti in Spagna. Stiamo dunque parlando di una grande azienda. Con queste dimensioni, nonostante un contesto complesso, ci si potrebbe permettere un modello di relazioni industriali avanzato, si potrebbe ambire a una conduzione aziendale attenta allo stesso tempo ai clienti e ai dipendenti. Ci si potrebbe ispirare a chi già occupò gli uffici dove risiede la principale sede italiana: Palazzo Uffici di Ivrea. E invece, in particolar modo dopo l’acquisizione del pacchetto di maggioranza da parte di un fondo finanziario, non sappiamo i clienti, ma i dipendenti si sentono più delle macchine da produzione che “risorse umane”.

Comdata Ivrea

Nella sede Comdata di Ivrea lavorano circa 1100 dipendenti, fra questi un centinaio di Innovis in contratto di solidarietà, e centinaia di interinali. La commessa principale a Ivrea è il 187 di Telecom per la quale lavorano circa 300 dipendenti Comdata e 50 tempi pieni equivalenti di Innovis. A questi si aggiungono dai 400 ai 600 (con punte anche di 700) lavoratori con contratto di somministrazione (interinali). Se le condizioni di lavoro dei dipendenti sono critiche (pressioni sui ritmi, scarsa formazione, turni variabili, …), quelle degli interinali sono veramente indegne, altro che “il lavoro nobilita l’uomo”. Stanno sull’ultimo gradino della scala dei diritti, subiscono orari selvaggi: qualche ora al mattino, poi la prospettiva di farne qualcun’altra al pomeriggio dello stesso giorno e se abitano lontano devono rimanere in zona, ad attendere in macchina o nel vicino centro commerciale. Fanno loro compagnia sull’ultimo scalino i lavoratori con “contratti a progetto”, sono quelli riservati a chi chiama gli utenti per vendere qualcosa, paga oraria di 4,90 euro … Cosa vendono? Non solo offerte per nuovi contratti telefonici, ma ogni genere di prodotto. Infatti l’operatore del call center che riceve una chiamata per un’assistenza, alla fine deve chiedere al cliente se è interessato alla tal offerta, non necessariamente di prodotti telefonici, si vendono anche lavatrici e frigoriferi… E se il cliente risponde affermativamente ecco che verrà chiamato dai “venditori a progetto”. Comunque anche per i dipendenti l’orario di lavoro è qualcosa di aleatorio: viene chiesto loro di uscire prima se vi è un calo di chiamate, si chiede loro la sera per il giorno dopo di stare a casa, può anche accadere che al venerdì non viene dato il turno per la settimana successiva e il lunedì arrivati in ufficio scoprire che quello era il loro giorno di riposo.

La vita dei lavoratori non può dipendere dalle curve del traffico telefonico!

Orario di lavoro nel frullatore WFM

A peggiorare la situazione, il 24 aprile è stato adottato in Comdata Ivrea un programma software per il Workforce Management (gestione della forza lavoro), il famigerato WFM. In pratica un software che analizza il flusso di traffico delle chiamate e dice di quante persone c’è bisogno per soddisfare le richieste del commitente, di conseguenza è il WFM che determina di giorno in giorno i turni delle persone. Con questo sistema ogni operatore può avere un orario di ingresso diverso ogni giorno, del tipo oggi alle 9.30, domani alle 10.15, dopodomani alle 10, … e attenzione a non confondersi, perché l’ammonizione è in agguato. Le Rsu chiedono di avere almeno lo stesso orario di ingresso nella settimana e di avere la visibilità sui turni per 4-5 settimane. Sono proprio richieste minime, ma non scontate. Il WFM ha inciso anche sulle pause, naturalmente, è lui che decide quando l’operatore può fare la prima pausa e le seguenti ogni due ore e mezza (prima del WFM era ogni due ore).  Solo in Innovis con l’introduzione di questo sistema di calcolo dei turni che fa saltare ogni organizzazione della vita, le Rsu hanno dichiarato lo stato di agitazione con scioperi unitari (Fiom-Fim-Uilm) a scacchiera. In Comdata, nonostante la richiesta di molti lavoratori di operare la stessa mobilitazione, i sindacati delle TLC si sono limitati per ora a volantinaggi, decidendo di aspettare gli esiti del coordinamento nazionale Comdata tenutosi a Milano il 15 maggio (dove le Rsu Innovis non erano invitate). Attendismo inutile. Nell’incontro l’azienda dopo aver magnificato l’andamento della società (che però ha già annunciato che non erogherà il premio di produzione perché non sono stati raggiunti gli obiettivi dati, evidentemente opportunamente alti) ha demandato la discussione sul WFM alle singole sedi. In Innovis è stato perciò confermato lo stato di agitazione fino a quando non verrà accettata la richiesta di orario omogeneo nella settimana. C’è da augurarsi che anche in Comdata parta a questo punto una mobilitazione sul tema turni e in generale sulle condizioni di lavoro. E’ quanto mai necessario e doveroso per contrastare l’imbarbarimento totale.

Cadigia Perini

 

* fonte: sito ufficiale Comdata Spa

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