Ventitre gli agenti sospesi nel carcere di Biella
Quasi in parallelo con quanto avvenuto nel carcere di Ivrea prosegue una vicenda analoga, accaduta invece a Biella.
Violenza ai danni dei detenuti, 28 persone indagate per tortura, un’indagine avviata il 3 agosto 2022 dalla Procura della Repubblica.
Le indagini lo scorso febbraio avevano portato all’arresto, ai domiciliari, del vice commissario, mentre ora sono stati sospesi dal servizio 23 agenti che avrebbero partecipato alle torture nei confronti di almeno tre detenuti. “Un metodo punitivo ed un clima di generale sopraffazione – è la tesi della Procura – creato dal vice commissario, con la complicità di altri agenti della polizia penitenziaria”.
Le indagini erano partite dopo la comunicazione di notizia di reato del 3 agosto 2022 redatta dal vice comandante pro-tempore nei confronti di un detenuto nella casa circondariale di Biella, che veniva denunciato con l’accusa di violenza e minaccia nei confronti dell’ufficiale. Dettaglio in più, la necessità di impiegare del nastro adesivo per contenere per un tempo minimo, pari a qualche minuto, il detenuto, nonostante lo stesso fosse già ammanettato, e ciò in esplicito contrasto con il divieto previsto dall’art. 41 della Legge sull’Ordinamento Penitenziario.
Ma secondo la Procura della Repubblica non si trattava di un episodio da ridurre ad un “mero illecito contenimento del detenuto” ma di atti di violenza fisica ai suoi danni.
“Il Governo intende fare delle carceri luoghi dove diritti e dignità dei detenuti siano rispettati?” Con questa domanda si apre il comunicato di Marco Grimaldi, vice capogruppo alla Camera di Alleanza Verdi Sinistra). Sospesi dal servizio 23 degli agenti indagati della polizia penitenziaria di Biella, in esecuzione di un’ordinanza del gip, per il reato di tortura di stato, commesso all’interno del carcere nei confronti di tre detenuti. Ne avevamo parlato già mesi fa: si parla di pestaggi, umiliazioni, vessazioni in tre episodi gravissimi avvenuti fra giugno e agosto dello scorso anno. L’ennesima vicenda di tortura nelle carceri piemontesi, dopo le inchieste su Torino e Ivrea. Più volte abbiamo sollecitato il Governo ad agire affinché le carceri italiane diventino luoghi in cui nessuno viene violato, maltrattato e privato della propria dignità. Come? Approvando il d.lgs. 150/2022 e promuovendo pene sostitutive al regime carcerario per combattere il sovraffollamento; riformando il Regolamento penitenziario nel senso di una maggiore tutela dei diritti dei detenuti e delle detenute. Il nostro grado di civiltà si misura da come trattiamo chi è privato della libertà personale. In Italia ci sono ancora 24 bambini che vivono in carcere insieme alle loro 21 madri. Nemmeno a loro la destra ha saputo rispondere con un gesto di umanità.
Intanto la destra vuole abolire il reato di tortura
Alcuni deputati di Fratelli d’Italia a novembre 2022 presentarono una proposta di legge per cancellare due articoli, il 613 bis (tortura) e il 613 ter (istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura).
Il testo (prima firmataria Imma Vietti, arrivato in commissione Giustizia della Camera per essere discusso) offre maggiori garanzie ai componenti delle forze dell’ordine, “in particolare del personale delle Forze di polizia che per l’esercizio delle proprie funzioni è autorizzato a ricorrere legittimamente anche a mezzi di coazione fisica”. “Sostenere che la tortura in Italia non esista è una bugia. Far finta di niente e voltarsi dall’altra parte è già questa una violazione dei diritti umani e lo so perché l’ho provata sulla mia pelle”, ha commentato la senatrice di Sinistra-Verdi Ilaria Cucchi.
Gli appartenenti alla polizia penitenziaria, secondo la relazione, “rischierebbero quotidianamente denunce per tale reato a causa delle condizioni di invivibilità delle carceri e della mancanza di spazi detentivi, con conseguenze penali molto gravi e totalmente sproporzionate”.
E’ di questi giorni lo scontro tra Lega e Pd sulla proposta di legge in materia di madri detenute
Il Pd aveva presentato una nuova proposta di legge (il testo presentato nella scorsa legislatura e passato al Senato non ha avuto seguito a causa della crisi di governo), ma la commissione giustizia della Camera presentata dal Pd è stata di fatto stravolta da due emendamenti a firma FdI, che stravolgono il testo. Le madri dovrebbero scontare la pena in carcere e non negli Icam (Istituti a custodia attenuata) e, in caso di recidiva, verrebbe abolito lo slittamento della pena per le donne in gravidanza o con figli di età inferiore all’anno.
“Il Pd sceglie ancora di stare dalla parte sbagliata e conferma di volere l’impunità per ladre e borseggiatrici incinte. Nessun problema: la Lega presenterà un nuovo testo”. Sono queste le vergognose parole del sottosegretario alla giustizia Andrea Ostellari, che fanno il paio con quelle di Matteo Salvini “Il Pd libera le borseggiatrici Rom. Vergognatevi”.
La Lega aveva fatto passare la norma in commissione Giustizia e ripresenterà subito il testo: chi verrà sorpresa a rubare sconterà la pena”. Il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli, FdI, ha dichiarato che: “Le donne che vanno in carcere per reati gravi con sentenza passata in giudicato devono perdere automaticamente la patria potestà sui figli. Ho sempre pensato fosse ingiusto tenere i bambini in carcere ma considero ancora più ingiusto lasciare la patria potestà a madri degeneri”
Rimane la “custodia attenuata con case famiglia di fronte o all’interno del carcere per consentire alla mamma di uscire da un momento di ristrettezza. Questo nell’ipotesi di custodia cautelare”.
Lo scorso 28 febbraio erano 21 le madri detenute con 24 figli (il numero più altro nell’Icam di Lauro, in provincia di Avellino. 9 mamme con 11 figli, di cui 6 straniere con 9 figli.
Antigone riferisce che l’andamento della presenza dei bambini in carcere ha continuato a oscillare negli ultimi trent’anni in alto (fino a superare le 80 unità) e in basso fino a raggiungere i 17 dello scorso gennaio. È possibile constatare una sovrarappresentazione delle straniere, le quali probabilmente incorrono in maggiori difficoltà nell’accesso a misure alternative». Sono tre i luoghi in cui i bambini vengono reclusi con le madri: gli Icam; aree apposite interne a istituti penitenziari ordinari; «luoghi interni al carcere non pensati per bambini, ma attrezzati alla bene e meglio».
La legge 62/2011 prevede le case famiglia protette per detenute prive di un domicilio ritenuto adeguato dalla magistratura ma a oggi sono solo due, una a Milano e una a Roma.
Simonetta Valenti