La notizia non è ormai più tanto fresca: il primo di marzo Arca Technologies annuncia la chiusura anticipata dei contratti di solidarietà. Ne parliamo oggi perché ci piace guardare dietro le notizie, anche di quelle belle, per tastarne la bontà.
A fine marzo 2018 Arca Technologies annuncia di voler aprire una procedura di licenziamento per 103 lavoratori (su un totale di 290) nelle sedi di Ivrea e Bollengo. La reazione dei lavoratori fu immediata e alta la partecipazione ai presidi, così la protesta guadagnò la ribalta dei media e un importante incontro in Santa Marta con istituzioni, sindacato, politica. Grazie alla mobilitazione si scongiurarono i licenziamenti che furono “convertiti” in contratti di solidarietà. Era l’8 maggio 2018 quando in sede sindacale venne raggiunta un’ipotesi di accordo: “cancellati i 103 licenziamenti, l’azienda ricorrerà ai contratti di solidarietà per 12 mesi per 200 lavoratori. La ricerca e sviluppo rimarrà in Italia e continueranno gli investimenti nel settore“, rese noto la Fiom. La settimana successiva nell’incontro presso l’assessorato regionale al lavoro tra azienda, sindacati e istituzioni fu confermata la riduzione degli esuberi da 103 a 74 e la gestione con il ricorso ai contratti di solidarietà per 220 lavoratori per 12 mesi, con percorsi di formazione e riqualificazione e con uscite volontarie e incentivate. I contratti di solidarietà dovevano terminare il 15 maggio prossimo, ma il primo marzo Arca Technologies annuncia la chiusura in anticipo, dall’8 marzo tutti i dipendenti sono rientrati al lavoro con il loro normale orario. Una buona notizia all’apparenza e così viene “celebrata” su tutti i giornali che la riportano corredata dalla “stucchevole” dichiarazione dell’amministratore delegato Mort O’Sullivan «Arca desidera ringraziare i propri Dipendenti per l’impegno e per lo spirito di squadra nel corso di questi nove mesi di solidarietà senza il fondamentale contributo dei suoi dipendenti».
Perché la solidarietà è terminata in anticipo?
Non uno che si sia chiesto: come mai han chiuso prima la solidarietà? Hanno avuto un boom di attività redditizie o c’è dell’altro? Noi ce lo siamo chiesto e l’abbiamo chiesto a qualche lavoratore. “In tutto da maggio dell’anno scorso abbiamo perso 70 persone, prevalentemente del progetto. Erano per la maggior parte persone che l’azienda aveva identificato come esuberi assegnando loro una percentuale di solidarietà alta dal 50 al 70%. Sono però uscite anche persone di cui l’azienda aveva bisogno ma che non ha cercato di trattenere in alcun modo.” – ci informa uno dei dipendenti – “All’inizio l’esodo è stato molto lento perchè l’azienda non offriva buonuscite allentanti. ma dall’inizio dell’anno tra “quota 100” e con offerte decisamente più allettanti, l’azienda è riuscita a raggiungere l’obiettivo di 70 persone in meno e ha chiuso la solidarietà in anticipo.” Ecco il retro della buona notizia: la solidarietà chiude perché l’azienda ha raggiunto l’obiettivo di liberarsi di 70 dipendenti. Ma un’emorragia di queste dimensioni non può che creare dei problemi operativi anche nei settori attivi. L’azienda non dimostra una ripresa della vitalità, non ha intenzione ad aprire nuovi mercati, sembra non abbia intenzione di mantenere quelli che ha in Europa, continuando a concentrarsi solo sul mercato americano, riducendo di conseguenza sempre più il business. E nonostante la parola d’ordine data ai responsabili di “sollevare il morale dei dipendenti e rilanciare l’immagine dell’azienda” le uscite continuano perché “la gente ha perso la fiducia in questo management – ci dice una lavoratrice – e chi ha un’alternativa, pur con tanti dubbi, paure e incertezze, tipiche del cambiamento, abbandona l’ARCA che naviga in un bosco“, conclude amaramente.
Cadigia Perini