L’appuntamento è davanti al palazzo comunale di Ivrea, piove, ma niente ferma i lavoratori e le lavoratrici di Arca, la piazza si riempie presto, si forma un corteo per raggiungere Sala Santa Marta dove attendono sindaci, assessori, senatori, deputati, un vero parterre de rois.
La mobilitazione dei lavoratori di Arca è emozionante, ci sono tutti, compatti. Non ci sono solo quelli che l’azienda vorrebbe licenziare (non si sanno i nomi, ma le funzioni e i numeri sì, da lì facile dedurre), “ci sono anche gli interinali – dice Andrea Perfetti una delle Rsu Fiom di Arca – quelli che al venerdì non sanno se il lunedì dopo lavoreranno di nuovo”. E anche lavoratori di altre aziende in crisi dell’Eporediese, come Innovis e Comdata.
L’assemblea è stata sollecitata dai lavoratori e promossa dalle amministrazioni comunali di Ivrea e Bollengo, dove ha le sue sedi Arca, ma erano presenti anche diversi sindaci di altri Comuni, a significare che chiaramente il problema è del territorio e non di un unico Comune.
Al tavolo il sindaco di Ivrea Carlo Della Pepa, Fabrizio Bellino, responsabile Fiom per Arca, Giovanna Pentenero, assessora al lavoro della Regione Piemonte, Anna Rossomando, neo vice-presidente del Senato, in sala altri deputati ed esponenti politici. La vicinanza delle elezioni amministrative (e l’ancor incerta situazione politica nazionale) gioca a favore della vertenza, infatti si vedono anche volti mai incontrati prima in un’assemblea, presidio, sciopero.
La richiesta corale è una sola: i licenziamenti vanno ritirati, perché come ha detto Federico Bellono, segretario provinciale Fiom Torino nel suo intervento, “Dichiarare un esubero di personale non è come annunciare la chiusura di un’azienda. Ma può esserne la premessa, soprattutto se, come in questo caso, il taglio riguarda gli addetti a ricerca e sviluppo. Per questo la trattativa deve scongiurare i licenziamenti, come condizione per scommettere sul futuro di una realtà importante e qualificata come Arca.”
E anche questo è stato detto anche ai rappresentanti dell’azienda nell’incontro in Confindustria 29 marzo e i licenziamenti sono stati rimandati al mittente. Le parti sociali hanno chiesto infatti un piano industriale e, insieme, di valutare le diverse possibilità offerte dagli ammortizzatori sociali, a partire dai contratti di solidarietà, invece per nulla considerati dall’azienda che dimostra di non conoscere la realtà italiana del lavoro.
La loro strategia sarebbe infatti quella di licenziare, uscire da alcuni prodotti e mercati, riportare l’azienda alla marginalità desiderata e quindi riassumere. Questo ci fa capire che chi prende le decisioni in Arca non conosce né il settore in cui opera né il contesto locale. Arca opera in un settore di nicchia, quello dell’automazione dei pagamenti, che necessita di professionalità e competenze specifiche che si rischia di non ritrovare più se definitivamente estromesse dall’azienda, senza contare la responsabilità sociale che deve accompagnare ogni scelta imprenditoriale: le persone non sono macchine da spegnere e accendere a piacimento.
I consulenti (tagliatori di teste) che Arca ha mandato dagli Stati Uniti d’America, sono quindi stati invitati a tornare dagli azionisti con qualche dato in più sugli scenari possibili. Oltre a non considerare gli ammortizzatori sociali, infatti, non si sono nemmeno fatti un quadro delle posizioni previdenziali dei dipendenti per valutare eventuali percorsi di accompagnamento alla pensione. Tutto questo certo richiede lavoro e un po’ di impegno e francamente gli statunitensi non capiscono perché tanta fatica, non basta licenziare?
Eppure non vi è neppure una ragione meramente economica per desistere dai licenziamenti: “lasciare a casa 103 dipendenti costerebbe dai 5 ai 6 milioni senza contare il costo delle cause che sicuramente verrebbero intentate – sottolinea Fabrizio Bellino della Fiom.
Probabilmente con molto meno si potrebbero attuare investimenti tali da avere non solo un buon ritorno di marginalità, ma anche una crescita.
Ma siamo alle solite: siamo sicuri che gli azionisti di Arca vogliano confermare la loro presenza in Italia? Perché da tre anni non viene presentato un piano industriale? Perché Cts fu comprata da Arca per 70 milioni di euro, un valore molto al di sopra della stima, indebitandosi con un fondo finanziario?
Tutto questo se lo chiedono soprattutto i lavoratori e la Fiom, mentre la politica intervenuta non ha brillato per idee e proposte di ampio respiro.
Più efficace la risposta locale, con l’assessora regionale Pentenero, che si è impegnata a convocare il tavolo di crisi con le parti o il sindaco di Bollengo Sergio Ricca che ha lanciato una proposta che molti avranno considerato “audace”: l’intervento pubblico per l’acquisto di una quota dell’azienda, anche solo per un periodo transitorio, attraverso la Cassa Depositi e Prestiti. Perché no? Si pensa di farlo Alitalia e TIM, perché no per Arca? Una boutade o possibilità da esplorare? Non si è colta su questa proposta di Ricca un commento dalla più alta in carica fra gli esponenti politici, la vice-presidente del Senato Anna Rossomando, la quale ha fatto invece un intervento disarmante, su cosa non si è fatto, cosa si dovrebbe fare, … come se fino a ieri non avesse governato la sua parte politica (PD) e come se la crisi occupazionale dovuta alla finanziarizzazione delle imprese, alla piena libertà d’azione delle multinazionali, del capitale straniero in Italia, alla deregolamentazione del mercato del lavoro, all’assenza di un piano industriale nazionale, siano problemi nati negli ultimi anni e non ben seminati e allevati già nel secolo scorso. “Quello di Arca è un caso emblematico di come le sfide del terzo millennio siano come riesci a rispondere ai problemi della globalizzazione, altrimenti la politica è inutile. – esordisce Rossomando – C’è sicuramente Un ruolo del Parlamento e del Governo nazionale di provare ad incidere e dare rispospe a questo tipo di problemi per evitare che ci siano altri casi che ormai si susseguono con troppa frequenza di aziende che hanno dei saperi e anche dei successi industriali che poi per motivi che sfuggono che non possono essere controllati provocando i licenziamenti e la delocalizzazione. – continua la senatrice – Per quanto riguarda la dimensione nazionale si tratterà di sensibilizzare Governo e Parlamento per vedere di sostenere quella parte di industria 4.0 che ha già visto nella scorsa legislatura degli elementi di sviluppo e di sostegno da potenziare che siano un elemento di discussione e contrattazione con il managment. Tutti, trasversalmente, ci dovremmo confrontare e batterci su prossimi interventi di politica industriale e fiscale per la ricerca e lo sviluppo. Per interloquire con questo tipo di politiche industriali bisogna mettere sul tavolo delle vie di sviluppo, delle possibili strade, elementi di produzione della ricchezza rispondendo alle esigenze del terzo millennio. Altrimenti non abbiamo alcuna arma in mano per discutere e poter avere un terreno di confronto. Non c’è un destino ineluttabile, scopo della politica è quello di non rassegnarsi all’esistente.“.
Disarmante. Ma i lavoratori e le lavoratrici di Arca con la Fiom e accanto a loro chi non da oggi è dalla parte di chi lotta per i diritti e il lavoro, sono ben armati, di determinazione e resistenza.
Cadigia Perini