In scena a Roma “Il Castello non c’è più“, monologo teatrale dell’eporediese Marco Bandiera
Chissà se l’anno prossimo Ivrea recupererà il suo Carnevale e, probabilmente la sua (o almeno una sua) identità.
Perché è innegabile. Sito Unesco, probabile capitale della Letteratura, tappa della via Francigena, sì, va beh, però, alla fine, senza Violetta che esce il sabato sera dal balcone del Comune di Ivrea e si consegna a una folla urlante, senza l’odore delle arance, senza la battaglia, il cappello frigio, gli occhi pesti, le ciucche e i fagioli grassi Ivrea non è Ivrea.
Del resto quello di Ivrea è un Carnevale spettacolare, e si potrebbe piazzare una telecamera fissa dal sei gennaio alla sera dello Scarlo, senza la sicurezza di aver tutto visto, sentito, annusato, toccato. Perché in quei giorni, è indubbio, succede quello che purtroppo non succede nel resto dell’anno. Di certo non a tutti, e negli ultimi anni molto meno, ma tant’è.
In quei giorni ci si sente “comunità”, si condivide. La ribellione contro un’ingiustizia, il “ya basta” di un popolo vessato da un tiranno. Violetta, che non ci pensa due volte a rifiutare lo ius primae noctis e per non dare adito a dubbi taglia la testa al prepotente di turno è il fischio di inizio dell’autodeterminazione di tutto un popolo. Che bello sarebbe se fosse davvero così, sempre, qualunque sia l’ingiustizia subita. E si che oggi avremmo l’imbarazzo della scelta.
Ci piace pensare che sia proprio questo sentimento ad aver ispirato a Marco Bandiera il monologo “Il Castello non c’è più“, da lui scritto e interpretato, con la regia di Francesca Cordioli. Il monologo è andato in scena domenica 29 a Roma, nell’ambito della ventisettesima edizione del Festival internazionale del Teatro Urbano. Pochi gli oggetti di scena, tra questi arance e una casacca verde, perché Marco il Carnevale ce l’ha dentro. Nato a Ivrea 26 anni fa, arancere nella squadra dei Tuchini per dieci anni, Marco mescola ricordi di bambino ai racconti ascoltati dalla nonna e ne fa il filo conduttore del monologo. Quando a sedici anni incontra il Teatro non oppone resistenza al richiamo del palcoscenico; dopo la maturità e un anno di università supera i provini e si iscrive all’Accademia Nazionale di Teatro di Roma, dove si laurea. Tante idee, progetti, una piccola compagnia che ha già un nome (Teatro Roget) e se hai un nome vuol dire che esisti.
Per tutto il resto bastano sogni e passione, che a Marco non mancano.
Certo è che sarebbe interessante sentire raccontare il Carnevale di Ivrea a Ivrea, dove, in fondo, si sa già tutto al riguardo. O no? Una sfida che lanciamo a Marco e aspettiamo con molta curiosità.
Simonetta Valenti