Rubrica Contronatura di Diego Marra
Sono certo che tutte/i conosciate la suddivisione in ere geologiche tramite la quale gli studiosi del settore caratterizzano la storia del nostro pianeta. Non pretendo che recitiate a memoria nomi e tempi delle epoche (io le so senza consultare wikipedia!) succedutesi nei circa tre miliardi e mezzo di esistenza della crosta terrestre, ma che abbiate almeno una vaga idea della loro esistenza per le scienze geologiche.
I motivi dell’invenzione delle ere geologiche risiede nella intrinseca necessità umana di catalogare e sistematizzare tutto ciò che ci circonda; io sono un ottimo esempio della masturbazione (si può dire?) mentale che sottende la mania classificativa.
Ma lo studio della storia geologica terrestre richiede di potere in qualche modo datare gli eventi avvenuti, verosimilmente, nel passato. Chi decide, però, quando inizia e finisce un’era geologica? Ovviamente si tratta di approssimazioni (anche di milioni di anni!) correlate ad eventi antichi facilmente (+ o -) databili tramite la documentazione fossile ed altri metodi più sofisticati di cui, per pietà, vi risparmio la descrizione.
Per esempio: la fine del Mesozoico è datata 65/67 milioni di anni fa, momento fatale per la vita dei dinosauri e di gran parte delle altre specie animali che scomparvero probabilmente a causa della caduta di un meteorite nel Golfo del Messico, evento utilizzato dagli studiosi per definire il passaggio tra Era mesozoica ed Era cenozoica.
Noi viviamo nell’Era quaternaria, o Neozoico, e più precisamente nell’epoca denominata Olocene (dimenticavo: le ere sono suddivise in epoche, le quali solo suddivise in età), la precedente epoca, il Pleistocene, fu caratterizzata dalle grandi glaciazioni che portarono, poche centinaia di migliaia di anni fa, alla formazione dell’Anfiteatro Morenico d’Ivrea.
Da un po’ di tempo c’è fermento nella comunità scientifica geologica, si discute se creare una nuova epoca successiva all’Olocene nel quale viviamo, come mai?
Perché siamo ingombranti: non solo stiamo distruggendo la biodiversità estinguendo specie, mercificando la natura, cementificando i suoli, prosciugando e regimando acque libere, inquinando, ecc., ma stiamo lasciando un’impronta visibile nelle stratificazioni geologiche che i nostri discendenti dovranno decifrare. Sempre che ci siano discendenti visto il ritmo di esponenziale alterazione ambientale imposto dalla disgustosa economia di mercato!
Si proponeva di nominare la nuova epoca “Antropocene” a suggerire che si trattasse dell’epoca dell’uomo (dal Greco antico antropos=uomo) e, siccome la datazione geologica dipende anche dalla differente composizione e discontinuità rilevata negli strati di sedimenti, si erano proposti alcuni criteri per valutarne l’inizio.
C’era chi propendeva per l’apparizione di depositi carboniosi dovuti alle massive combustioni fossili che segnano l’inizio dell’era industriale o chi preferiva porre l’inizio dell’Antropocene alla manifestazione di livelli di sedimenti plastici; nel 2023 si era pensato di porne l’inizio al 1950 quando appaiono gli isotopi generati da esplosioni atomiche; il paleoclimatologo W.Ruddiman riteneva che il limite andasse spostato a 5000 anni fa, momento in cui si notano i primi cambiamenti climatici di origine antropica.
Ma la scelta del criterio non ha più importanza, poiché, dopo 15 anni di dibattito, il 20 marzo 2024 l’Unione internazionale delle scienze geologiche ha deciso di non introdurre l’Antropocene nella scala dei tempi e il regolamento prevede che la questione non possa essere riesaminata prima di un decennio.
Mi accingo ad estendere la mia modesta proposta ai colleghi geologi. Aboliamo il termine Antropocene e creiamone un altro più descrittivo delle nefandezze compiute dalla specie Homo sapiens sull’ambiente terrestre.
Io propongo Calamitàcene (con l’accento sulla a!) oppure Ruinacene (dal Latino ruina-ae=distruzione), ma se qualcuno avesse un vocabolo più consono da consigliare, ben venga.
Diego Marra